Capitolo 9 - Cenere

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Il timido sole d'Ottobre oggi non si è presentato, le nuvole devono averlo circondato e fatto soffocare.

Quindi io oggi posso guardare il mondo senza nascondermi dietro a degli occhiali scuri e sotto a un cappuccio pesante: posso essere solamente io, o almeno quello che sono ora.

L'eye-liner nero segna le palpebre stanche e il fondotinta copre le occhiaie che indicano una marea di notti insonni.

Canottiera bianca, maglione grigio chiaro, blue-jeans scuri, converse rosso acceso e sono pronta per scattare di sotto e consolare mamma per tutto quello successo ieri.

-Buon giorno!-, urlo.

-Ciao- cerca di sorridere inclinando leggermente gli angoli della bocca.

Mia mamma è sempre stata una bella donna: ha i capelli biondo cenere non molto lunghi, a lei non piacciono e quindi li raccoglie quasi sempre in una coda di cavallo, lasciando fuori solo la frangetta e qualche ciuffo ribelle.

Ma la parte più bella di lei sono gli occhi: sono verdi. Un verde che trasmette serenità, ma che si sta spegnendo in questo periodo buio.

Anche Mattia ha i suoi stessi occhi.

Io gli occhi li ho presi da mio padre, come i capelli.

Mio padre, non voglio più neanche vederlo o pensarci.

Non gli bastavamo e ha voluto strafare andando a letto con un'altra donna.

Scuoto leggermente la testa per cacciare via quei pensieri.

Bevo del latte e, per fare mia madre contenta, mangio anche una merendina, di nuovo non riesco a sentire piacere nel mangiare. È come se il cibo si dissolva prima di raggiungere lo stomaco. Ma la cosa che mi inquieta di più è che pur sentendo il dolce sapore della merendina al cioccolato, non riesco a trarne nessun piacere. Purtroppo ora c'è solo una cosa che mi fa questo effetto. Ma ho ancora paura di ammetterlo a me stessa, anche dopo quello che è successo la notte prima.

Mia madre non proferisce parola, forse non sa se ho sentito la conversazione di ieri sera.

Faccio un sospiro preparando le parole da dire, ma lei mi precede:

-Ieri notte ho sentito la suoneria di un cellulare. Eri tu?- i suoi occhi guardano un punto non definito e le parole sono lente, sfinite.

Merda.

-Sei sicura? Io non ho sentito niente.-

Sto vaneggiando, ti prego fa che non insista sull'argomento.

-Ah, va bene allora forse stavo sognando- finisce con una sottile risata.

-Forse era papà che ti richiamava...- sto quasi sussurrando.

È un colpo basso, ma voglio vedere se almeno una di noi due è in grado di dire la verità e quella non sono certo io.

Si volta verso di me, i sui occhi sono stupiti e il suo sguardo pieno di dolore.

Non riesce a guardarmi in faccia e si limita a guardare un punto nel vuoto troppo lontano perché io lo possa individuare.

-Mi hai sentita ieri sera?- quasi non suona come una domanda.

Annuisco lentamente.

-Non mi ama più, Erica- i suoi occhi si fanno lucidi.

È brutto quando chi ami ti ferisce, ma non ci si può far niente per rimediare, puoi solo combattere contro te stessa e superarlo.

-È un coglione, non ti merita- le dico con tono agghiacciante.

-No, era la persona più importante per me. E lui... lui...-.

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