Capitolo 5

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Era tutto troppo assurdo per essere vero.
Qualche settimana prima era arrivato questo nuovo studente, Adrien, nella sua classe: biondo, occhi verdi, silenzioso, bello e che la incuriosiva immensamente. Si era seduto nel banco davanti al suo e senza farci caso lei aveva iniziato a guardargli le spalle, il profilo, per poi accorgersi che guardava sempre in maniera malinconica verso la finestra come se fosse alla ricerca di qualcosa.
Non aveva mai scambiato una parola con lui, quando tutto a un tratto la sua goffaggine l'aveva fatta inciampare addosso a lui.

E tutto era cambiato.

Era veramente difficile da carburare, però, per quanto assurdo e ai limiti dell'impossibile fosse, Adrien era la Morte, capace di rendersi invisibile e intangibile, ma soprattutto capace di uccidere chiunque col solo tocco delle sue dita. 
Eppure lei non era morta... 
Aveva passato una notte tranquillissima a dormire, mentre lui... lui le era rimasto accanto in camera da letto...

«AAAAAHHH!!!» urlò Marinette imbarazzatissima al solo pensiero, saltando in piedi.
Naturalmente tutta la classe si voltò a guardarla, inclusa Tikki che con le lacrime agli occhi a stento riusciva a trattenere le risate e la professoressa.

«Signorina Dupain-Cheng, mi auguro che questo urlo che lei ha gettato, fosse di trasporto per l'esercito francese impegnato nella III crociata...» la rimproverò con cipiglio severo la professoressa.
«Ehm... si...» balbettò Marinette grattandosi la nuca e guardando in basso. 
Stava sprofondando per la vergogna.

«Si sieda e faccia attenzione, per favore.»

«Si, mi scusi...» disse la ragazza riprendendo posto, rossa come un peperone.

***

Le lezioni erano terminate, ma Adrien per quel giorno non si era fatto vedere. 
Era rimasto tutta la notte con lei, ma mentre lei si stava preparando in bagno e mille domande le sorgevano nella mente, lui era scomparso.
Sperava di incrociarlo a scuola per avere dei chiarimenti, soprattutto sul fatto che lei fosse ancora viva nonostante tutto, ma di lui nessuna traccia.

«Ehi, come siamo pensierose oggi...» la raggiunse Tikki col suo solito sorrisetto malizioso «pensiamo a misteriosi studenti nuovi? Magari biondini e con gli occhi verdi?»
«Cos...? No... io non...» iniziò ad arrossire Marinette.

«Ahahahah! Non c'è bisogno che fai così, si vede lontano un miglio che ti piace! Dovresti provare a conoscerlo meglio!» disse la rossa scoppiando in una risata.

"Eh, sapessi..." pensò Marinette tra sé e sé.
«No... e-ecco io... non lo conosco nemmeno! Si è trasferito qui da poche settimane, non so chi sia in realtà e poi f-faccio figuracce una dietro l'altra...»

Che cosa le poteva dire? 
Per quanto Tikki fosse la sua migliore amica, se le avesse raccontato la verità l'avrebbe presa per pazza.
E poi era vero: di Adrien non sapeva assolutamente nulla, se non che provava questa curiosità nei suoi confronti - curiosità che l'aveva portata a scoprire la sua vera natura - , una strana sensazione che la attirava a lui, ma non sapeva dire esattamente cosa fosse.

«Sei di nuovo assorta nei tuoi pensieri» disse l'amica assumendo un'espressione più dolce «è tutto il giorno che ti comporti così. Fai chiarezza nella tua testa, e se vuoi io sono qui per ascoltarti se e quando me ne vorrai parlare» aggiunse sorridendole.

«Grazie Tikki» sorrise a sua volta Marinette.
Era felice di averla conosciuta e di esserne diventata amica: spesso la prendeva in giro, ma quando c'era qualcosa che la tormentava o non andava, lei lo capiva subito e sapeva dire sempre la cosa giusta, lasciandole i giusti spazi.

«Bè, ci vediamo domani!» esclamò la ragazza e si allontanò per la sua strada.

***

Assorta nuovamente nei suoi pensieri, Marinette riprese a camminare verso casa.
Era pomeriggio, e dal caotico centro si avviò verso il suo più tranquillo quartiere di periferia che era stranamente deserto.

Improvvisamente sentì il rumore di un bidone della spazzatura che cadeva.
Si voltò, ma vide solo un gatto randagio scappare velocemente.
Tuttavia una strana sensazione iniziò a impadronirsi di lei.
Si sentiva seguita e iniziò ad allungare il passo. 
Guardò indietro, ma non c'era nessuno, però quella sensazione di pericolo non l'abbandonava.
Era quasi arrivata a casa, al sicuro.
Svoltò l'angolo e...

La vide.

Una gigantesca ombra, incorporea, con dei lunghi tentacoli le si parò davanti.
Era totalmente nera, come se fosse fatta di fumo, eccezion fatta per quelli che dovevano essere i suoi occhi: due punti viola che la guardavano in maniera maligna.

Marinette iniziò a indietreggiare, terrorizzata, ma l'ombra fece schioccare uno dei suoi tentacoli come se fosse una frusta, ferendole il braccio.

Un rivolo di sangue colò dalla ferita che iniziava a bruciare, mentre Marinette girandosi, cominciò a correre nella direzione opposta.

"Cos'è quella cosa? Sembra incorporea, ma mi ha ferito! Oddio, che qualcuno mi aiuti! Che sta succedendo? È così che devo morire? Eppure Adrien aveva detto che se fossi morta, lo sarei stata entro le 24 ore, ma le 24 ore sono già passate da un pezzo... che devo fare? Aiut..."

Mentre pensava a tutto questo, correndo col fiatone, l'ombra che si era messa a inseguirla ad una certa velocità, allungò un altro tentacolo facendola cadere rovinosamente.

Marinette era a terra, l'ombra la sovrastava.
Non aveva più scampo.

"Adrien!" fu tutto quello che riuscì a pensare con tutta se stessa prima di chiudere gli occhi aspettando la fine.

***

«Plagg! È in pericolo!» gridò Adrien allarmato allo spirito «Devo andare da lei!»

***

Un fruscio.

Quando Marinette riaprì gli occhi vide una mano davanti a sè, frapposta tra lei e l'ombra.

«Marinette! Stai bene?» le gridò Adrien.

Adrien... era apparso.
Non sapeva come, ma lui era apparso dal nulla per salvarla.

«S-si... sto bene...» balbettò Marinette mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.

Con un gesto, il ragazzo materializzò un'enorme falce nelle sue mani.

«Non osare toccarla» disse scandendo le parole e si gettò all'attacco.

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