Capitolo 3

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"Lulù, mi ascolti, quando parlo?"
Lucinda ed il professor Lupin si erano soffermati di nuovo a parlare nella di lui aula alla fine di una lezione. L'uomo non doveva più spiegare, per quella fredda mattinata invernale, mentre lei aveva un'ora buca.
Non parliamo di lavoro, per oggi, si erano ripromessi subito dopo la lezione, ma la ragazza non riusciva a fare a meno di pensare a quanto fosse dura la vita della spia. Non sapeva come Severus Piton ci fosse riuscito per tutto quel tempo: era talmente bravo nel suo lavoro che spesso la giovane si era chiesta da che parte stesse.
"Sì, ho capito. Viaggiare sulla scopa ti fa venire le vertigini. Anche a me non piace, se è questo che vuoi sentirti dire."
"Sei un caso disperato" sorrise l'uomo.
"Che ho fatto, adesso?"
"Ti sei persa gli ultimi cinque minuti del mio discorso. Si può sapere dove nascondi quella testolina intelligente, quando non sei a lezione?"
"La metto sotto sale... sai che i babbani dicono che i cibi si conservano meglio lì sotto?"
"Wow, non l'avrei mai detto... dato che mia madre era babbana" la canzonò.
"Scusa... mi ero completamente dimenticata della signora Lupin" replicò Lucinda, realmente dispiaciuta per la figuraccia appena fatta.
"Io sono abbastanza sicuro che non te ne eri dimenticata."
"Come puoi esserne certo?"
"Perché, come te, non ho mai raccontato a nessuno della mia famiglia. In parte perché mi sarei sentito in inferiorità, dato che quasi tutti i miei amici sono purosangue, in parte perché non credo che a qualcuno potrebbe interessare chi era mia madre."
"A me interessa."
"Come, prego?"
"Io ho sempre adorato sapere le origini delle persone. Non so se hai presente, i genitori, i fratelli..."
"Non c'è bisogno di elencarmi tutti i gradi di parentela che possono intercorrere tra due persone" la interruppe l'uomo, ridendo.
"D'accordo, signor sapientone!" Esclamò la ragazza, seguendo l'esempio dell'amico.
Riprese a scarabocchiare sul foglio di pergamena che aveva steso sul banco al quale era seduta. Il sole che entrava dalle finestre decorate con vetro soffiato gettava chiazze colorate sul foglio, e la giovane si divertiva a seguirle con l'aiuto della sua penna d'oca.
"Hai smesso di nuovo di ascoltarmi" la rimbeccò Remus.
"Sono un disastro di amica" sbuffò Lucinda, coprendosi il volto con le mani. Era costantemente distratta, in quel periodo, e non aveva la più pallida idea del perché: qualsiasi cosa riusciva a farle perdere la concentrazione, persino durante una banalissima conversazione tra amici.
"Perché sei sempre così dura, con te, Lulù? Non sei un disastro solo perché in questo momento sei stressata o distratta" asserì Remus, portandosi dietro di lei e iniziando a farle un delicato massaggio al collo.
Lulù chiuse gli occhi e si rilassò. Portò una mano a coprire quella dell'amico e sorrise.
"Tu sei la persona più cara che ho, Remus. Promettimi che ci sarai sempre per me."
"Certo. Perché non dovrei?"
"In questo periodo è ciò che temo di più: che le uniche due persone di cui ho cara la vita potrebbero non volermi al loro fianco. E il mio cervello lavora freneticamente per trovare una soluzione a questo problema."
"Vieni qui, Lulù"
Si abbracciarono teneramente. Lei strinse il petto dell'uomo, mentre lui le cinse le spalle, appoggiando il mento sulla sua nuca.
"Grazie" mormorò lei, rimanendo nella stessa posizione. Nessuno dei due aveva intenzione di muoversi almeno per un bel po'.

L'inverno era una delle stagioni migliori per Lucinda. Molti di quelli che conosceva la odiavano, ma non lei.
Certo, all'inizio abituarsi al freddo era difficile, ma col passare del tempo le gelide temperature scozzesi davano alla giovane Malfoy una sensazione di benessere che poche altre cose riuscivano a donarle. Riusciva a farla concentrare meglio, per esempio.
In quelle condizioni riuscì a riflettere più a lungo su ciò a cui aveva iniziato a rimuginare quella mattina.
Remus l'aveva rassicurata riguardo al fatto che non avrebbe mai dovuto tenere un suo allontanamento e lei gli credeva: erano amici da troppo tempo, era a conoscenza del carattere forte e determinato che si nascondeva sotto la tranquillità dell'amico. Ma per quanto riguardava Draco? Non era determinato come Remus ed era questo il vero problema. E se i suoi genitori fossero riusciti a convincerlo a diventare Mangiamorte? O peggio, se l'avessero costretto? Non poteva permettersi di perdere il suo primo vero amico. Suo fratello, la sua spalla.
Quella persona che, quando lei aveva sei anni, la aiutò a rompere il vaso della vecchia nonna paterna a colpi di fionda per poi incolpare il figlio dei vicini.
Suo fratello che, quando lei aveva ricevuto la lettera per Hogwarts si era messo a piangere perché non avrebbero più passato tutti i pomeriggi insieme.
Draco che, nonostante i genitori l'avessero viziato all'inverosimile, era rimasto umile, comportandosi da spocchioso "figlio di papà" solo per mantenere la maschera che i coniugi Malfoy avevano contribuito a creare. Lucinda lo sapeva bene: suo fratello non era quello che tutti credevano che fosse. Nessuno lo conosceva meglio di lei e, se qualcuno le avesse chiesto di descriverlo lei avrebbe scelto tre aggettivi: testardo, amorevole e fragile. Ed era proprio per questa sua ultima caratteristica che lei aveva paura per lui.
Era immersa in riflessioni di questo genere quando notò che, se si fosse attardata ulteriormente nel grande parco della scuola, avrebbe perso l'inizio della lezione di Cura delle Creature Magiche. Dato che era la sua materia preferita non poteva assolutamente perdersela.

Lucinda Malfoy: la fenice e l'ordineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora