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13 anni prima.

Vidi un bambino attraversare il mio giardino, con un paio di supereroi in una mano e qualche macchinina in un'altra.
Si avvicinò quatto quatto, e puntò i suoi occhi nei miei.
"Ciao, bambina. Sono un bambino anche io, lo dicono spesso i miei genitori. Ho deciso che giocheremo insieme, oggi." Esclamò, sedendosi a terra.

"Ma io non voglio giocare con te! Voglio giocare da sola, tu vattene nel tuo giardino!" Piagnucolai, alzandomi da terra e lisciandomi il vestitino giallo.

"Dai, non ti farò niente! Sono un bambino anche io! Porta i tuoi giocattoli, così saranno di più! Come ti chiami?" Domandò, continuando a giocare.

"Alison. Ma non voglio giocare con te. Vattene!" Piagnucolai ancora, raccogliendo i miei giocattoli.
Nello stesso momento, mia madre uscì fuori.

"Ciao, tesoro! È successo qualcosa? Come mai ti trovi qui?" Mia madre gli scompigliò i capelli, e io misi il broncio.

"Volevo giocare con lei." Mi indicò. "Ma lei non vuole giocare con me!" Cominciò a piangere, e mia madre si abbassò alla sua altezza, sorridendogli.

"Come ti chiami, eh?" Gli chiese, accarezzandogli il viso.

"Davis." Replicò, asciugandosi le lacrime.

"Che ne dici di mangiare i biscotti assieme ad Alison, eh? Porta i tuoi giocattoli dentro casa, su." Mia madre prese entrambi per la mano, e ci portò dentro casa.

9 anni dopo.

"Dai, Davis, corri! Dobbiamo andare a scuola!" Urlai, prendendolo per mano.
Era il nostro ultimo anno alle medie, anzi, ultimi due giorni.

Io e Davis, assieme agli altri ragazzi, avevamo pensato di organizzare una piccola festa all'interno della classe. Così, io e Davis avevamo portato le bevande, alcuni le patatine ed altri il cioccolato.

"Sto correndo il più veloce possibile, Alison!" Replicò affannato, fino a quando non vedemmo l'entrata della scuola e rallentammo, respirando a fatica.

"Grazie tante, Alison. Suppongo che potrai correre la maratona, qualche volta." Ironizzò, appoggiando le mani sulle ginocchia e chinandosi leggermente in avanti.

"Con te, immagino." Scherzai, ed entrammo all'interno della scuola.
Mi sarebbe mancata, poi.

Qualche anno dopo.

Pensai come sempre ai ricordi che avevo assieme a Davis, il bambino con cui ero cresciuta e che poi aveva deciso di andarsene una volta iniziato il liceo.

Mi affacciai alla finestra, vedendolo correre da una parte all'altra del giardino col pallone da calcio ai piedi. "Cazzo, Brayden! Abbiamo una partita importantissima la settimana prossima, e non riesci a fare niente! Ma che cazzo ti prende?" Sbottò Davis, lasciando andare il pallone e rivolgendo uno sguardo di fuoco all'amico.

Scossi la testa e chiusi le tende della finestra, scendendo al piano di sotto. Trovai il mio fratellastro seduto sul divano con una mela in mano, mentre mia mamma e il suo compagno pensai che fossero usciti.
Mia madre, dopo aver divorziato da mio padre, aveva deciso di sposare un suo vecchio compagno di università, che aveva un figlio di due anni più grande, Evan, e con il quale avevo un bellissimo rapporto.

Evan mi rivolse uno sguardo e sorrise, alzandosi dal divano. "Hey, scricciolo." Mi salutò, dandomi un bacio sulla testa.
Scricciolo era il nomignolo che aveva sempre usato, dato che era almeno trenta centimetri più alto di me.

AGAINDove le storie prendono vita. Scoprilo ora