27.

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Martedì era arrivato e, come avevamo organizzato io, Jared e... e lui, ci trovammo sotto casa di Grace alle nove e mezza, con la differenza che lui non c'era. Tuttavia, orario perfetto a detta di Jared, in quanto sua madre era a lavoro e non avrebbe potuto scoprire nulla.
Quella mattina avevamo saltato scuola, perché, come aveva detto Davis, il postino avrebbe consegnato questo martedì e non avremmo di certo aspettato altri quindici giorni per poter avere delle informazioni riguardo la nostra amica.

Avanzammo verso la buca delle lettere, e sentii l'ansia crescere dentro me. Se ci avessero beccati...

Non ebbi il tempo di terminare il mio pensiero, che Jared mi scosse per le spalle. "Ehi, sei pronta?" Mi domandò, ed io presi un sospiro.

"Ho una scelta?" Replicai, sbuffando. Quella situazione non mi piaceva per niente, però, da un lato, avevo bisogno di scoprire dove si trovasse la mia migliore amica e se stesse bene.

Quando fummo dinanzi alla cassetta delle lettere, aggrottai la fronte. "E come pensi di aprirla, quella?" Lo interrogai, incrociando le braccia sotto il petto. Ci eravamo fatti sfuggire un dettaglio tutt'altro che irrilevante.

"Non servirà aprirla." Mi spiegò, voltandosi di poco. "La cassetta è piena, basterà inserire di poco la mano all'interno e il gioco sarà fatto. Ovviamente, sarai tu a farlo. La mia è troppo grande affinché possa mettere anche solo un dito." Dichiarò, ispezionando la buca dinanzi a lui.

Mi avvicinai cautamente, guardandomi intorno e perlustrando la zona, come se stessi commettendo il più grande dei crimini e la polizia fosse dietro di me ad aspettarmi a braccia aperte. Allungai la mano verso la buca, e la inserii piano, stando bene attenta a non incastrarla lì dentro. Tastai l'interno dello scomparto, fin quando le mie dita non toccarono qualcosa di liscio. Tirai piano, e, appena la lettera venne quasi del tutto fuori, la estrassi velocemente. La infilai nella tasca della felpa che avevo indossato quella mattina e guardai Jared che, intanto, mi sorrise e prese a camminare come se nulla fosse.

Quando fummo abbastanza lontani da casa di Grace, si voltò e mi sollevò in aria, facendomi faro un giro. "Adesso non ci resta che leggerne il contenuto. Andiamo a casa mia?" Propose, ed accettai subito. Riprendemmo a camminare, questa volta a passo più veloce perché quella mattina faceva davvero caldo. Il sole primaverile era abbastanza forte, come non lo era mai stato negli anni precedenti, e la felpa che indossavo non aiutava affatto.

Percorremmo il tragitto a ridere, parlare e a raccontarci le cose più stupide, fin quando non ci ritrovammo dinanzi casa sua. Attraversammo il vialetto di ghiaia ed osservai il giardino come facevo ogni volta che mettevo piede in casa di Jared. Sua madre era una donna molto attenta all'ordine, alla cura della casa e a tutto ciò che potesse riguardare la pulizia. Una volta avevo fatto il grave errore di sporcare con della panna dei ciuffi d'erba mentre io e suo figlio facevamo un picnic, e l'occhiataccia che mi aveva lanciato mi era bastata per farmi capire di non dover stare più attenta. Eccetto ciò, Amanda era una donna adorabile. Scherzava con chiunque e, a sua detta, gli amici di suo figlio erano suoi amici. Era capitato che andassi a stare da Jared anche più giorni e che, a tratti, passassi più tempo con sua madre che con lui.

Jared, comunque, aprì la porta e mi ordinò di togliere le scarpe. Altrimenti potrebbe rovinarsi il parquet, affermava ogni qualvolta entrassi in casa sua. Con un gesto meccanico tolsi le scarpe ed infilai le pantofole che ormai lasciavo sempre a casa sua, e ci dirigemmo verso la sua stanza.

"Ho paura di quello che potremmo leggere in questa lettera." Confessò, adagiandosi sul letto ed accarezzando un cuscino. Mi trovai pienamente d'accordo con lui, prendendo posto sulla sedia girevole accanto la scrivania. Mi feci più in avanti, fin quando non mi trovai dinanzi a lui.

AGAINDove le storie prendono vita. Scoprilo ora