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"Che vuoi, Davis?" Sbottai, provando a sorpassarlo, ma lui si piazzò dinanzi a me, squadrandomi dall'alto verso il basso.

"Lascialo perdere, è stressato per la partita della settimana prossima." Replicò, senza dar conto alla mia domanda. Scoppiai a ridere, alzando un sopracciglio.

"Mi sa che è sempre stressato, Davis. Ma è una cosa che i popolari devono fare per mantenere la loro reputazione, vero? Buttare merda sugli altri, intendo. Ma dovresti già saperlo, perché è ciò che fai anche tu." Sputai, sorprendendo me stessa e forse un po' anche lui. Appoggiò le mani sul lavandino e ne approfittai per uscire, troppo disgustata da quella situazione.

Vidi Ronnie, una ragazza con cui condividevo il corso di spagnolo e l'ora di educazione fisica, venirmi incontro. "Ehy, come va? Quanto odio quel Brayden, lui e tutto il suo gruppetto, sono così disgustosi!" Sbottò, lanciando un'occhiata a Davis che era appena uscito dallo spogliatoio. "Non dargli retta, okay?" Concluse, appoggiando una mano sulla mia spalla.

"Grazie, Ronnie." Le sorrisi, avviandomi verso l'uscita, tanto l'ora era terminata e, in ogni caso, non avrei voluto passare un minuto in più in quella palestra. Nel corridoio, mi scontrai con Jared che, a quanto pare, era appena uscito dall'aula.

"Manca la Moore, sembra che si sia presa una settimana perché è malata, quindi abbiamo quest'ora libera. Grace ha chimica con la Jane, invece." Mi informò, avvicinandosi al distributore. Stranamente, la fila era poca, rispetto al solito. Quando arrivò il nostro turno, prendemmo rispettivamente un pacco di biscotti ed uno di patatine, come facevamo sempre. Ormai, era una tradizione. Mangiavamo prima le patatine e, dato che ad entrambi veniva voglia del dolce, prendevamo anche i biscotti.

Non potei fare a meno di notare come Davis e Lauren fossero avvinghiati l'uno all'altra, senza dar conto che si trovassero in una scuola. "Che troia." Mi lasciai scappare, e sentii Jared scoppiare a ridere. Mi prese per mano e ci dirigemmo verso il cortile, sedendoci sotto il solito albero.

Mi venne spontaneo pensare a Davis, a come era cambiato, in peggio ovviamente. Non era più il bambino con cui litigavo perché voleva far dormire i suoi dinosauri sulla mia altalena, né quello a cui si tingevano di rosso le guance quando qualcuno provava ad usare i suoi giochi. Ovviamente, nemmeno io usavo più le mie bambole, ma una parte di me era rimasta sempre la stessa, ovvero quella di una bambina ingenua, gentile e dolce con tutti. Lui, invece, era diventato lo stronzo di turno a cui tutte sbavavano dietro, quella persona che i tuoi genitori ti dicevano di evitare, se non volevi ritrovarti con il cuore spezzato. Invece, per mia madre non era così. Per lei, Davis era come un angelo, ed a tratti preferiva lui a me. Poi, fortunatamente, aveva capito che ci eravamo allontanati, e anche se non lo avrebbe mai ammesso, sapevo che avesse capito la situazione.
Infondo, era lei ad asciugarmi le lacrime quando tornavo a casa da scuola.

"Ehy, mi stai ascoltando?" Stava dicendo Jared, sventolando la sua mano davanti alla mia faccia. "Ma che ti prende?" Mi chiese, alzando un sopracciglio.

"Sì, scusami, ti ascoltavo." Mentii, alzando gli angoli della bocca in modo da formare un sorriso.

"Che ti prende?" Ripeté, accarezzandomi il braccio solamente col pollice. "Sono il tuo migliore amico, sai che a me puoi dire tutto. Certo, non sono Grace, ma se vuoi posso comprare una parrucca castana e indossare delle lenti a contatto verdi, se questo può farti parlare con più sicurezza." Concluse. Scoppiai a ridere, scuotendo la testa. Sapevo di potermi fidare di Jared, così come potevo farlo di Grace, ma sapevo anche il loro modo di pensare riguardo Davis.

"Sì, so di poter parlare con te, Jar. Ma non sono dell'umore adatto, oggi. Magari un'altra volta, eh?" Proposi, prendendo una manciata di patatine alla paprika dal pacchetto.

AGAINDove le storie prendono vita. Scoprilo ora