15.

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Non so bene come spiegare le emozioni che provai in quell'istante. So solo che lasciai il cortile della scuola e scappai verso casa, senza dare nemmeno il tempo a Jared di chiedermi cosa fosse accaduto.

Rallentai solamente quando la figura della mia casa si materializzò dinanzi ai miei occhi. Presi un lungo sospiro, e spalancai la porta, scorgendo le figure di mia madre e del suo compagno scioccate. Mi avvicinai ad entrambi, guardandoli negli occhi, inducendoli a spiegarmi la situazione.

"Questa mattina ha detto che sarebbe andato a scuola prima, ma quando sono salita in camera sua per riordinarla, era tutto in disordine. Ma quando ho visto che i vestiti dall'armadio erano scomparsi, ed anche tante altre cose, sono arrivata a questa conclusione." Mi spiegò, tirando su col naso. Scossi la testa, mentre rimuginavo su cosa avesse spinto mio fratello a lasciarci, ma poi mi si accese una strana lampadina in testa.

Due sere prima, lo avevo sorpreso a baciarsi con Jason, ed ero scappata via, delusa dal fatto che non me ne avesse parlato. E poi capii. Evan aveva preso quel mio comportamento come un rifiuto, una delusione per il suo orientamento sessuale. Scossi la testa, mentre il senso di colpa si faceva spazio all'interno del mio petto, permettendomi a malapena di respirare per bene. Andai verso il tavolino, e recuperai le chiavi della macchina.

"Dove stai andando?" Mia madre scattò in piedi, e fece per seguirmi, ma io avevo già chiuso la porta alle mie spalle. Salii in auto, e guidai fino al posto dove Evan ed io ci rifugiavamo quando da bambini i nostri genitori ci sgridavano, mortificandoci.

Parcheggiai l'auto vicino al parco abbandonato, ed aprii lo sportello. Camminai fino alla piccola abitazione che ergeva all'interno di quello spazio, e lo vidi. Era rannicchiato a terra, con la schiena rivolta verso il muro e lo sguardo perso. Mi avvicinai, fino a quando non mi trovai a pochi centimetri di distanza da lui.

Quando si accorse di me, scatto in piedi, rivelandomi gli occhi rossi e gonfi a causa del pianto. Non parlai, l'unica cosa che feci, fu attirarlo a me ed abbracciarlo. Mi strinse forte, mentre gli accarezzavo i capelli con una mano, e con l'altra lo stringevo a me.
"Mi dispiace di averti delusa, mi dispiace tanto." Singhiozzò, strofinando il viso sulla mia spalla.

"Non sono delusa a causa del tuo orientamento, Evan." Puntualizzai, e lo sentii sussultare contro di me. "Mi dispiace che tu abbia deciso di non fidarti di me, e di non parlarmene."

Si staccò da me, guardandomi. "Avevo paura di una tua reazione." Ammise, puntando lo sguardo altrove.

Scossi la testa. "Evan, siamo cresciuti insieme e nonostante tutto, io ti considero un fratello. Se tu sei felice così, io lo sono altrettanto." Ammisi, e lui mi guardò, accennando ad un sorriso ed avvicinandosi per lasciarmi un bacio in fronte.

"Ora torniamo a casa, sono tutti sconvolti e preoccupati." Lo informai, mentre ci dirigevamo verso la nostra auto. Feci per salire, ma delle voci attirarono la mia attenzione.

"Devi smetterla, cazzo!" Urlò una voce maschile, ed io mi guardai intorno per cercare di capire da dove provenisse.

"Sono stanca! Girano voci che tu abbia anche provato a baciarla. Ti rendi conto? Cosa ci provi in quella poveraccia, quando hai me?" La voce stridula di Lauren mi fece capire che lei ed il suo amatissimo Davis stavano litigando, e dalle parole che aveva usato, capii proprio che la causa fossi io.

Poi, le loro figure si materializzarono dinanzi a me, senza darmi il tempo di salire in auto e andare via.
Lauren mi guardò, assottigliando lo sguardo ed assumendo quell'espressione disgustata che aveva ogni qualvolta entravo nel suo campo visivo. "Adesso sei anche un'impicciona, Thorne?" Sputò acida.

Lanciai uno sguardo ad Evan, che nel frattempo aveva gli occhi puntati in quelli di Davis.
"Non è colpa mia se urlate così tanto da spifferare i vostri fatti a tutto il quartiere." Replicai, con nonchalance.

AGAINDove le storie prendono vita. Scoprilo ora