33.

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KARL'S P.O.V.

"È impossibile che la ragazzina sia così astuta, dobbiamo fare qualcosa." Affermai, posando la pistola all'interno della sua custodia, e andandomi a sedere sul divano.
Guardai divertito uno dei miei aiutanti, e non potei far a meno di sorridere, pensando a cosa sarebbe accaduto la sera stessa.

"Lasciami andare, io non farò niente che possa ucciderla o anche solo ferirla!" Sbraitò il ragazzino dinanzi a me, e a quel punto scoppiai a ridere, scuotendo la testa.

"Non credi sia un po' troppo tardi per tirarti indietro?" Domandai, divertito. Mi piaceva vedere che le persone non potessero far altro che ascoltarmi, senza poter muovere un dito per difendersi.

"Non mi sono mai fatto avanti!" Urlò, dando un pugno nel muro. Scattai in piedi, avvicinandomi a lui, con un ghigno sulle labbra.

"Non alzare il tono di voce con me. Non sei nessuno, lo ricordi? Io ho il potere, ed io decido cosa farai o cosa non farai." Puntualizzai, e sentii il mio petto gonfiarsi quando alle mie orecchie non arrivò nessuna risposta.
Andai a sedermi, e pensai solo a quello che sarebbe successo quella sera.

ALISON P.O.V

Camminai velocemente verso l'ingresso della mia scuola, guardando l'orologio. "Accidenti." Mormorai, quando vidi di essere in ritardo di ben dieci minuti. Quella mattina Evan aveva avuto una discussione con suo padre e, per questo, avevamo fatto tardi. Quanto a mio fratello, era strano da una settimana e non mi aveva parlato di niente, ma sapevo che lo avrebbe fatto non appena avesse voluto.
Quando fui dinanzi l'aula di inglese, presi un sospiro e pregai che l'insegnante non avesse iniziato a dare di matto. Bussai, entrando e sentendo gli occhi di tutti fissi su di me.

"Buongiorno. Mi scusi il ritardo." Affermai, e l'insegnante puntò gli occhi su di me, alzando un sopracciglio. Prima che potessi dire qualcosa, iniziò a dire le solite cose: che eravamo all'ultimo anno, che anche qualche minuto di ritardo ogni giorno avrebbe creato problemi, e che dovevamo uscire prima di casa ogni mattina, evitando così di arrivare in ritardo.

Annuii, stanca di ascoltare sempre le solite cose, e andai a sedermi affianco ad una ragazza che nemmeno conoscevo bene. Era abbastanza alta, i capelli scuri e gli occhi verdi le davano un'aria dolce, e sembrava una tipa a posto, anche se l'avevo vista spesso da sola.
La salutai e lei ricambiò, poi recuperai tutte le mie cose dallo zaino e prestai attenzione alla spiegazione della professoressa.

La giornata passò più lentamente di quanto pensassi, e quando anche l'ultima campanella suonò, non potei fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. Mancava qualche mese alla fine della scuola e le cose da studiare sembravano essersi moltiplicate da un giorno all'altro. Mi diressi velocemente fuori scuola. Quel giorno non avevo visto né Jared, né Grace, e Davis si era beccato un'influenza ed era a letto da qualche giorno.
Ero anche andata a fargli visita, portandogli un tortino al cioccolato e una spremuta d'arancia. Maddie sembrava essere contenta, e suo figlio mi aveva anche accennato che, una sera, si era raccomandata di non farmi scappare ancora una volta. Scoppiai a ridere quando me lo raccontò.

Quando fui a casa, mi diressi in cucina, trovando solo Evan al tavolo.
"Hey, dove sono mamma ed Alex?" Domandai, e quando non sentii alcuna risposta, mi avvicinai a lui. Quasi sussultai, quando vidi i suoi occhi rossi e il viso bagnato dal pianto.

"Evan, che succede?" Domandai, allungando la mano sul suo viso, ma si ritrasse velocemente.

"Tu lo sapevi, vero?" Mi chiese, continuando a guardare un punto indefinito della stanza. Continuava a torturarsi le mani e a quel punto mi chiesi cosa avrei dovuto sapere di così tanto importante.

AGAINDove le storie prendono vita. Scoprilo ora