Capitolo 33

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Dal capitolo precedente:

"Lexa, ti ho odiato per quello che mi hai fatto... per tanto, troppo tempo e forse continuo a farlo, ma questa sofferenza mi ha reso più forte. Sarò sincera con te, sono passati anni ed io continuo a voler solo una cosa: vendetta...", mi ringhia contro tutta la sua collera liberando tutto l'odio nei miei confronti.

Mi gira la testa, mi sento impotente, inerme, non posso biasimarla, le ho fatto male, molto male, ma ne ho fatto anche a me. Non riesco a respirare. Sento il cuore rimbombare nella cassa toracica in modo frenetico, non riesco a gestire tutto questo, è troppo... troppo intenso. Sento la voce di Clarke continuare a parlare, ma sempre più lontana e ovattata.

"Sì, Lexa, voglio solo quella, voglio farti soffrire e tanto... proprio come hai fatto tu con me, voglio umiliarti, voglio sottometterti a tal punto che ti vergognerai di te stessa e quando sarò soddisfatta – forse mai – riuscirò finalmente a voltare pagina e di te rimarrà solo un misero ricordo", le sue parole dette con rabbia continuano a trafiggermi come una lama in pieno petto, ma io non riesco più a sentirle troppo dilaniata dalle mie colpe.

Dio mio, che cosa ho fatto? Ho fatto soffrire l'unica persona al mondo che mi abbia fatto tornare ad amare, l'unica e la sola che abbia rianimato il mio cuore facendolo tornare a battere, la mia ancora di salvezza. E l'ho persa... l'ho persa per sempre.

Sono sempre più in affanno, fatico a respirare, sento una fitta in mezzo al petto e poi più niente, vedo tutto nero ritrovandomi ancor più nell'oscurità.

*****

Il buio mi circonda e un'irritante silenzio di sottofondo gli fa da contorno. Non so dove mi trovo e neanche come io ci sia finita qui, l'unica cosa che so è che sento freddo, molto freddo. Sono all'inferno forse? Non mi stupirebbe dopo le recenti scoperte. No, non è l'inferno, starei bruciando altrimenti.

Mi muovo a tentoni cercando una via d'uscita da questo labirinto che la mia mente ha costruito, ma il non vedere nulla non aiuta. Mi gira la testa, barcollo, fatico a stare in piedi, quasi fossi ubriaca... eppure non mi sembra di aver bevuto, almeno credo di non averlo fatto. Tuttavia il mio cervello è annebbiato dall'alcol. Continuo ad avanzare faticando notevolmente a stare in piedi, alla fine sbatto contro una parete facendomi male. Inizio a toccare il muro e solo quando mi imbatto in una maniglia mi rendo conto sia una porta. La apro ed un fascio di luce mi acceca, mentre la musica a palla mi intontisce ancora di più.

"Tutto bene, Lexa?", sento una voce richiamarmi.

Mi giro e incontro il viso di una ragazza che mi sorride. Tra le mani ho due bicchieri di birra ricolmi che non so come non abbia ancora rovesciato.

Sono ubriaca e adesso capisco perché, non ho fatto altro che bere da quando sono entrata all'Alfa-Omega. Probabilmente ho avuto un blackout e sono stata fuori dai giochi per un po', ma ora sono tornata... almeno credo. Mi guardo intorno e vedo il mio gruppo che mi fa dei gesti strani.

Ah, già, la scommessa. Che stupidata! Chissà perché mi metto sempre in questi casini. Stupido orgoglio del cazzo!

"Cosa?! Certo tutto bene. Ecco la tua birra", dico riprendendomi dal torpore.

Questa ragazza non c'entra con noi e con le nostre bravate,  nonostante questo sono qui ad importunarla. Ho solo una parola per definirmi: stupida.

"Allora dimmi di te? Visto che conosci il mio nome, posso sapere il tuo?", affermo cercando di capirci qualcosa.

"Mi chiamo Jane. Frequento il tuo stesso corso di Economia".

"Ecco perché avevi un viso famigliare. Scusa, la mia memoria è un vero disastro, solo quando studio riesco a farla funzionare come si deve...", credo che sia l'alcol a parlare per me.

The SecretaryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora