5 LA DISERZIONE

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«Continuo a non capire perché dobbiamo combattere i tedeschi...».

«A chi lo dici, amico. Io, a quest'ora, me ne stavo nella mia casetta di campagna a...».

«Cosa? Che state dicendo?».

I due ussari del re trasalirono. «Signore!».

«Sì, sono qui. E ho sentito i vostri discorsi» disse con acredine. «Ma che intendete fare? Siete dei disfattisti e volete... arrendervi?».

«No, no, macché, signore. È solo che...».

Il capitano fece uno sguardo penetrante. «Solo che cosa? Cosa volete fare? Cosa volete dirmi? Che vi manca la mamma e vi volete arrendere?».

L'ussaro sembrò sul punto di dire qualcosa del genere, ma l'altro lo bloccò. «Taci, che è meglio».

«No, non ascoltarlo. Dimmi fino in fondo cosa stavate dicendo» impose il capitano.

«No, non ascoltarlo».

«E tu sta' zitto» barrì. Poggiò di nuovo sguardo sull'ussaro che sembrava parecchio in imbarazzo. «Allora?».

«Solo sciocchezze, signore. Adesso io e il mio commilitone ce ne andiamo e obbediamo».

Il capitano non era di quell'idea perché voleva sapere e stava per insistere, ma fu richiamato dal maggiore: «Capitano, qui, subito!».

Il capitano dunque disse a quei due: «Vi tengo d'occhio».

«Sì, sì, sissignore». Allora se ne andarono.

Il capitano raggiunse il maggiore e cercò di ricordarsi di quei due, ma poi si concentrò su altro e altro ancora...

I giorni trascorsero nel deserto nord africano e il 3° King's Own Hussards si batté fra le linee della 7° brigata corazzata, mentre nel frattempo la guerra proseguiva. I tedeschi si battevano bene lì in nord Africa in quell'ottobre del 1941.

Il capitano stava coordinando i rinforzi per un'offensiva, e vide due ussari sgattaiolare via dietro un paio di tende. Voleva concentrarsi, ma gli venne in mente una strana idea. Possibile?... Si ricordò di quei due: gli stessi che aveva sgridato alcuni giorni prima e che, se non fosse stato per il maggiore, avrebbe punito.

«Signore?» chiese l'attendente.

«Sì, un attimo». Il capitano lo acquietò e seguì quei due. Aveva ancora quella strana idea. Non che fosse proprio importante, ma lo stuzzicava parecchio. Gli venne da ridere: non era affatto la Gestapo, quella. Quella era un'unità del British Army, non chissà quale reparto che reprimeva il diritto alla parola dei sudditi di Sua Maestà. Ma, peraltro, doveva anche ricordarsi che era pur sempre un esercito e, quindi, bisognava tenere al guinzaglio gli uomini. Basta con idee strane come diserzione o disfattismo: obbedire e basta, sennò si sarebbe arrivati al - brrr... - comunismo o altro.

Ci fu uno scoppio di imprecazioni.

Il capitano mise mano al revolver Webley.

Spari, contro di lui, il capitano.

E il capitano si riparò dietro alcune casse.

«Ma che succede?». Era arrivato l'attendente.

«Sta' giù!» impartì il capitano, ma fu inutile perché gli spari colpirono l'attendente. Quell'imbecille rovinò sulla sabbia.

«Se ne vada, capitano. Non vogliamo ucciderla».

«Ma se mi avete sparato voi!».

«Perché ci stava scoprendo!» disse l'altro. Era quello più insolente e sicuro di sé. Troppo sicuro di sé.

La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 3 Gran BretagnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora