6: Nemici pt.2

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Ciao a tutti.
PER FAVORE NON SALTATE QUESTA PARTE ANDANDO DIRETTAMENTE A LEGGERE IL CAPITOLO, PERCHÉ È IMPORTANTE.
Ho notato che la maggior parte delle storie, su Wattpad o meno, usa la prima persona singolare per il racconto, mentre io sono fissata con la terza, la quale però non mi permette di esprimermi molto bene a mio parere.
In questo capitolo quindi ho deciso di PROVARE ad utilizzare la prima persona singolare, descrivendo tutto dal punto di vista di Athena.
Mi farebbe moltissimo piacere se voi dopo aver letto il capitolo mi diciate cosa pensate nei commenti, in modo da decidere se continuare con la prima o la terza persona .
Se la prima persona riscuoterà "successo", allora andrò a modificare anche tutto il resto piano piano,se invece non dovesse piacere deciderò poi se rendere questo capitolo come tutti gli altri o lasciarlo così.
Detto questo, buon capitolo😈.

<< Ciao Athena >> mi disse una voce familiare...
Spaventata alzai la testa di scatto, incontrando il viso nascosto in parte da un cappuccio di...
<< J- Jago?>>
Pronunciai il nome del mio amico in tono sorpreso e allo stesso tempo sollevato, mentre rilassandomi appoggiavo le mani sulle ginocchia nel tentativo di riprendere fiato.

Ricordandomi poi in che situazione ci trovavamo però mi rialzai a malincuore, provando fatica anche per un gesto così semplice, ed iniziai a parlare a macchinetta in preda all'ansia:
<< Senti, mi sono alle costole, dobbiamo andarcene, subito.
Io sono completamente scarica, pensa che uno di loro mi stava soffocando e...>>
<< No.>>
Il mio (credo incapibile ) monologo fu interrotto da Jago, il quale mentre pronunciava quella parola di apprestò a tirare giù il cappuccio, mettendo in mostra la faccia... sfigurata.

Sgranai gli occhi, non riuscendo a staccarli da quella pelle morta e grinzosa che aveva sostituito la carnagione olivastra del ragazzo su parte del viso.

Ci guardammo poi negli occhi, ma se dai miei si poteva capire tutto quello che volevo chiedere a Jago non si poteva certo dire alla stessa cosa dei suoi (o almeno, dell'unico occhio buono, perché l'altro era innaturalmente bianco e smorto), che non lasciavano trasparire nulla.
Sembrava una statua rovinata.

<< C-cosa è successo?>> chiesi dopo qualche secondo, sapendo in fondo che era proprio quello che lui voleva, anche se non ne capivo il motivo; cosa aspettava per scappare con me, un invito scritto?

<< Ma come, non te lo ricordi?>> disse il ragazzo con voce falsamente amichevole.
Io scossi la testa, non riuscendo a smettere di guardarlo.
Forse se non fossi stata così stanca, spaventata e fiduciosa mi sarei accorta che c'era qualcosa di strano in quella situazione.
Ma Jago era mio amico, no?

Come se si fosse studiato la parte, il ragazzo non cambiò espressione, e con lo stesso tono usato poco prima rispose alla mia muta domanda: "chi è stato?".

<< Sei stata tu.>>

Non appena pronunciò quelle parole il ragazzo mutò completamente atteggiamento, ed ora furente mi attaccò.
Tentai goffamente di indietreggiare, ma ero rimasta senza forze, e non mi pareva possibile che Jago, colui con cui avevo condiviso tutto quello che la C.A.S.A. ci aveva fatto, volesse ora farmi del male.
Povera illusa.

Evidentemente lui in quei quattro mesi non era rimasto con le mani in mano.
Non era più un ragazzino mingherlino senza forza, era cresciuto sia in altezza che in forza fisica, imparando le basi di quella che mi pareva fosse un'arte marziale, e sperimentò su di me una qualche mossa che mi fece ritrovare con un suo braccio a tenermi ferma e l'altro che stringeva una siringa piena di quel liquido verdastro che ormai sapevo essere un sedativo vicino al collo (Non so se questa questa frase sia giusta per favore ditemi se lo è in caso contrario cercherò di modificarla)

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