“Quindi non conosci tuo padre?” domandò Perrie, sdraiata a pancia in su sul letto della stanza n.287.
Quella storia la stava affascinando fin troppo.
“No Pez, so solo che era ungherese o ceco. Non ricordo nemmeno il nome, devo averlo segnato da qualche parte ma chi se lo ricorda. Mamma diceva che era vero amore, ma a 20 anni è solo una fottuta cotta adolescenziale.”
Il moro si passò la mano tra i capelli, lasciando la ragazza col fiato sospeso fino all’ultimo momento.
“E tua madre si chiama Trisha, giusto?”
Durante gli ultimi giorni Perrie fece così tante domande sulla vita privata di Zayn che era addirittura convinta di conoscerla meglio di lui, ma una domanda in più non faceva mai male.
Lo faceva con qualunque nuovo conoscente, se non scappavano a gambe levate dopo qualche minuto.
“Esatto. Ma conoscere il mio albero genealogico ti aiuterà a capire qualcosa su di me? Insomma, non conosci nemmeno il mio cognome.”
“La cosa è relativa. Ho fame.”
La bionda si alzò rumorosamente dal lettone e prese per mano Zayn, seduto pigramente con le gambe incrociate a terra.
Il ragazzo aveva saltato più volte il turno dal dottor Maroney pur di poter trascorrere qualche ora con Perrie, farla ridere dicendo qualche sciocchezza e raccontare qualche cosa di se stesso, della sua vita, di ciò che era.
Le ore volavano e il tempo sembrava scorrere troppo velocemente.
“Pez, dovrei tornare in infermeria, quel vecchio rincoglionito mi starà aspettando” esclamò roteando gli occhi al cielo.
“Va bene, ci vediamo domani ciuffo moro.” Sorrise la ragazza prima di chiudersi la porta alle spalle con un sonoro tonfo.
I due ragazzi avevano stretto una forte amicizia durante le ultime due settimane, dopo l’attacco di Perrie.
Non le era più capitato, ma Zayn continuava a starle vicino, ‘per poterla soccorrere e tenere sotto controllo’, diceva, ma la verità era che si divertiva ed evitava di pensare ai suoi problemi e al suo passato.
Nessuno dell’Heartland era senza problemi, ognuno aveva crepe nel proprio passato, errori e ricordi dolorosi; tutti avevano combattuto una battaglia, chi contro l’alcohol, chi contro la droga e chi contro se stesso, ma non tutti erano stati così fortunati e forti da poterne uscire.
Zayn credeva di potersi considerare un vincitore, non a tutti gli effetti, forse un guerriero?
Senza armature o protezioni, con le spalle fragili e lo sguardo perennemente triste, si era costruito una corazza di indifferenza e strafottenza, che solitamente riusciva ad allontanare la gente.
Nessuno voleva fare conoscenza con un ragazzo magro, pieno di tatuaggi e senza famiglia; anche il suo solo aspetto, una volta tanto bello, riusciva ad allontanare le persone.
Ma non Perrie.
Lei, al contrario, era stata attratta dal suo comportamento e aveva voluto trascorrere più tempo con lui, sopportando i silenzi imbarazzanti e gli sguardi di sfida o i nomignoli offensivi, come ‘Psicopatica’ o ‘Pazzoide’.
La bionda prese un libro a caso dalla scrivania e decise che avrebbe saltato il pasto, andando a far visita a Jessica, la bibliotecaria dai capelli rossi e le labbra carnose.
Jessica lavorava lì dentro da Dio-sa-quanto e conosceva ogni angolo di quella piccola ma accogliente stanza: tre scaffali colmi degli stessi libri da sette anni, due poltrone fatte di quella che un tempo doveva essere stata pelle e un distributore di bevande.
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room 287 || zerrie
FanfictionPerrie amava procurarsi dolore, Zayn aveva fatto qualche sbaglio. Lei era in riabilitazione, lui in cerca di perdono. Due anime sole che si completano, e si sfuggono perchè il destino è un'inevitabile tunnel senza luce. --- iamnamelessvale 2014©