secrets (pt.2)

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 L’ultima volta che vidi i miei genitori vivi fu la mattina del tre agosto di due anni fa.

Eravamo andati in vacanza a Peterhead, in Scozia. Era un piccolo paesino con meno di ventimila abitanti e affacciava sul mare del Nord.

Sembrava il luogo ideale per cambiare aria e magari staccare la spina.

I miei litigavano da tanti mesi ormai e fu un’idea dei miei nonni materni farci andare in quel luogo così lontano, credevano che con una semplice vacanza di due settimane avremmo dimenticato tutti i nostri problemi e forse così fu.

O forse no.

 

Perrie prese fiato e osservò il cielo plumbeo. Aveva smesso di piovere da qualche minuto e nell’aria c’era un inconfondibile profumo di terra bagnata.

Arrivammo lì pochi giorni prima, il 29 luglio.

Alloggiavamo un hotel in riva al mare e ogni stanza aveva quella vista paradisiaca.

I miei genitori condividevano una grande camera lussuosa e credo che fossero veramente felici, lì.

Si chiamavano Debbie e Alexander.

Passavamo le giornate esplorando la cittadina e abbronzandoci sulla spiaggia quando il tempo lo permetteva e mi sentivo una vera turista!

Sai, non viaggiavamo spesso ed ero felice di poter cambiare finalmente aria.

Debbie era una donna dolcissima, dicevano che le assomigliavo, entrambe bionde, solari e con lo stesso sorriso.

Il suo grande amore era Elvis e mi raccontava tantissime storie su di lui, le ricordo tutt’ora.

Alexander era il mio di grande amore, invece, il mio eroe, una delle persone che amavo di più in quest’universo.

Era un cantante, un tipo stravagante che spesso portava i capelli scuri legati da una fascia: credo che assomigliasse più a un lupo di mare che ad un artista e fu la sua bizzarria a conquistare il cuore di mia madre.

Eravamo una famiglia felice, ok, imperfetta come molte, ma tutto sommato eravamo uniti.

Qualche anno prima però mia madre perse il lavoro e papà si ritrovò a far arrivare a fine mese una famiglia con un solo misero stipendio da meccanico, e da lì iniziarono i guai e le liti.

Le urlava contro, la incolpava di non essere stata abbastanza brava e le ricordava che riuscivamo a malapena ad arrivare a fine mese.

Credevano che non li sentissi, visto che di solito mi richiudevo in camera mia e mi tappavo le orecchie, ma riuscivo a distinguere ogni singola parola e.. avevo i brividi.

La minacciava di trovarsi un’occupazione, di divorziare, di portarmi via.

Era fuori controllo, capisci?

Era diventato pazzo senza alcun motivo!

Iniziavo ad avere paura e di notte, mentre lui usciva e andava per pub o altro, andavo da mamma, tentavo di consolarla e piangevamo insieme.

Insomma, qualche malato di mente minaccia la famiglia solo perché la moglie aveva perso il lavoro?

I mesi seguenti suo fratello, mio zio, lo costrinse a fare qualche visita dalla dottoressa Swan, la psicologa del quartiere e la situazione migliorò nettamente.

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