Capitolo undici

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L'afflizione, l'irrequietudine, l'angustia; un mix di perenni ansie generate dall'ingenua consapevolezza, che qualcosa di bello o brutto, stia per accadere.
Il cuore, un muscolo involontario, palpita vivacemente quasi come volesse scavalcare il petto per districarsi da quel supplizio.
Lo stomaco, un organo pregnante di farfalle che trastullano e danzano infinitamente, senza dar alcuna tregua a quel patimento.
Infine le gambe, arti inferiori dedite ad alterarsi in gelatina molleggiante.

Continuava a camminare, lento, calmo, elegante. Riconosceva quel movimento tracotante. Lento, calmo, lento.
Era un tormento indefinito, un fastidio colmo d'inquietudine che non riusciva a dare un senso di armistizio.
Passarono solo pochi istanti da tal martirio, eppure l'attesa del momento, il panico che cerchiava la condizione, fecero sembrar essere trascorsa un'eternità.
L'acqua limpida ormai intiepidita, la scarsa quantità di schiuma con la quale Hermione tentava di celare la sua nudità, l'aroma di vergogna e disagio che aleggiava nell'aria e per concludere, il suono dei passi minatori che riecheggiavano nella stanza.
Poi lo vide, nella sua dannata superbia e finezza, un essere interdetto che la esaminava con espressione di piacere mista a sorpresa. Quegli occhi, quelle pupille profondate dall'oscurità, quel verde tendente a quel grigio ombroso, glaciale, inumano.
Quelle labbra quasi costantemente accompagnate dalla vanità di quel ghigno malefico ed eccitante.
I capelli, questa volta, spettinati tuttavia sempre aderenti al suo volto; quel volto, uno sguardo stravagante ed insolito, un qualcosa di anomalo che a prescindere, tendeva a rapirti come se fosse un assassino spietato, da cui tutte le giovani puritane, erano primitivamente attratte.
Ed egli insisteva nel scrutarla ininterrottamente, osservando attento quel corpo candido ed esile, ricoperto forzatamente dai carenti residui di schiuma che avvolgevano le sue forme puerili e minute, sebbene tremendamente sensuali.
Il rossore sulle gote della fanciulla era un qualcosa di innocente, propenso a sollecitare nel ragazzo, una sorta di stuzzicante brama.
Tremava, velava la sua femminilità, si mordeva fortemente il labbro inferiore, non sapendo che ciò peggiorava di gran lunga la situazione.
Gli occhi di Tom erano fuoco puro, focalizzati sulla volontà di poter attuare il suo desiderio più estremo, ben lontani dalla lucidità e pronti a rendere autentici i suoi sporchi sfizi.
Effettivamente si era trattenuto —sopratutto nelle volte in cui lei lo provocava involontariamente —non che ne avesse una necessità primaria certo, non ricercava il sesso e le donne, bensì si faceva desiderare enormemente, motivo per cui erano loro ad andare da lui in totale segretezza. Ma era selettivo, sin troppo. Dunque, finché avveniva il piacere reciproco, lontano dal sentimentalismo, andava più che bene.
L'unica pecca stava nel fatto che con lei era diverso. L'ammirava in piccola parte per il suo comportamento ribelle ma anche leggermente folle, stimava quella timidezza mischiata ad aggressività. Era selvaggia, lo era tremendamente. Pura come una neonata.
Il ciò diveniva una forma di contrasto che denotava una combinazione perfetta per i suoi particolari standard. La bramava, appunto. Voleva zittirla, farla supplicare com'era già accaduto poco prima, asservirla bellicosamente, ed infine toglierle quel tono saccente e spirito combattivo.
Nonostante questo, Tom non lasciava trapelare nulla di questi ignoti istinti maniacali, per cui agiva lentamente, persuasivo, come solo lui sapeva fare.
Una cosa era certa: era incerto se realizzare le sue esigenze o reprimerle, per poi abbandonare con esse, anche lei.
Dopotutto voleva solo metterla a tacere, quindi poteva limitarsi semplicemente ad assoggettarla nuovamente. Solo che... In quel momento la ragazza risultava essere in un certo senso, deliziosa.

Entrambi lì a fissarsi, erano passati minuti, molti minuti, in totale silenziosità.
Dopo essersi ripresa dallo shock, Hermione scosse la testa come risvegliatasi da un sogno.

-Che diavolo ci fai qui?- chiese agitandosi e coprendosi sempre più chiaramente.
-Non allarmarti, Granger- intervenne subito. -Mi ero preparato un bel bagno com'ero solito fare, solo che questa volta per qualche strana ragione sono stato trattenuto e qualcuno ha potuto godere del benessere al posto mio, a quanto vedo- concluse sarcasticamente, senza distogliere lo sguardo.
-E di grazia, perché mai dovresti venire qui per rilassarti?- domandò lei, cominciando leggermente ad avere brividi di freddo.
-In qualità di prefetto, è così strano volersi isolare nell'unico posto che dona relax?- chiese, avvicinandosi a lei, molto lentamente.
-C-che cosa fai?- domandò rapidamente, facendosi piccola per nascondere il suo corpo sempre di più.
-Così giovane, così pudica...- sussurrò sensualmente mentre raggiungeva la ragazza, inginocchiandosi sul bordo della vasca, e avvicinando le labbra al suo orecchio. -Così ostinata- fu un mormorio venale.

IL PECCATO DELL'AMORE {Tomione}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora