IL PECCATO DELL'AMORE {Tomione}

Capitolo ventuno

La bellezza della follia viene vista come un qualcosa di tremendamente pericoloso, per certi versi lo è, anche se non abbastanza da essere ignorata. La follia fa sì che l'individuo commetta azioni compromettenti, sconvolgenti, addirittura fatali.
Proprio questo è il fascino che risiede in questa complicata forma di pazzia, un fascino ignoto, illecito, tanto da sfidare le leggi dell'universo.

Nella follia c'è un piacere che solo i pazzi conoscono

In quel momento si erano entrambi alienati, come se si trovassero in una fragile bolla da non annientare bensì da rinforzare, affinché potessero proseguire con i loro reali istinti e progredire nei miglior dei modi.
I loro gemiti non erano altro che una sorta di eco melodico per quelle antiche e maestose mura, l'affanno certamente non impediva che potessero dissuadersi da quel che stavano facendo.

Impadivi, prepotenti, irruenti erano divenuti, come la tempesta che precede la quiete, come il mare agitato del freddo inverno, come un ghiaccio indissolubile.

Se qualcuno avesse potuto solo intravedere Hermione Granger in quel preciso istante, non l'avrebbe riconosciuta neanche sforzandosi. Si era trasformata in ciò che era, ossia il suo vero io, aveva manifestato con ardore la sua aggressività in maniera assai nota.
Tom, selvaggio anch'egli, per una buona volta riuscì a non pensare e cacciare la salda lucidità in un piccolo buco della sua anima, cosicché potesse a centosessantagradi godersi quel momento più unico che raro.

Erano praticamente schiacciati l'uno con l'altra, senza contare che la strega dopo vari minuti cominciò a sentire contro il corpo una nuova presenza, mai avvertita fino ad ora. Il membro di lui insisteva nell'esplorare la sua femminilità, duro ed eccitato, appetiva quel corpo, per poi farle mancare il fiato e zittirla una volta per tutte.

Hermione stringeva ancor di più le gambe intorno al bacino, con lo scopo di eccitarlo, malgrado sapesse in cuor suo di non essere ancora pronta per il passo più lungo della gamba, anche perché lui desiderava vederla morta, per cui concedersi a qualcuno che magari non avrebbe mai potuto professare nulla nei suoi riguardi, era una mossa alquanto stupida e senza senso.

-Basta- mormorò affannata e con voce roca.

Fece per distaccarsi, ma fu pressata dal tocco di Tom, che pareva non aver nessuna intenzione di finirla lì.

-Che fai prima mi provochi e poi scappi? Non sei nel tuo mondo Granger, finirà quando lo dirò io- sussurrò con occhi desiderosi di una cosa sola.

-Lasciami Tom- insistette tentando di spostarsi da quella presa molto decisa.

Egli non le diede il benché minimo ascolto, continuò dunque a lasciare una scia di lunghi baci sulla mascella, mordendo ogni centimetro di quella pelle candida e profumata.
Hermione voleva tanto desistere a quella lussuria, e se la ragione l'avesse abbandonata del tutto, l'avrebbe fatto senza pensarci due volte. Le piaceva esser smaniata a quel modo, nessuno l'aveva fatta mai sentire così prima d'ora.
Non che ne avesse avesse avuti tanti, comunque.

Il tintinnio delle chiavi, fece sì che il ragazzo potesse smettere, riprendendo un certo contegno e sistemando la divisa ormai sgualcita.
La strega ne approfittò per scappare via, senza dire neanche una parola.
Si vergognava per ciò che aveva fatto, un bacio così passionale ma al contempo crudo, non era da lei. Doveva dimenticare l'accaduto, cosa le era venuto in mente? Provocare sessualmente Tom Riddle, mossa da stupida.
Baciarlo, mossa ancora più stupida.
Toccarlo, mossa da... al diavolo, aveva fatto più che bene. Le era piaciuto, non si era mai sentita così viva... Il piacere che aveva osato provare, le provocò scariche elettriche che pian piano, si insidiavano nel corpo toccando appena l'anima che da tempo giaceva silenziosa in una lunga e lenta agonia. Era come se si fosse risvegliata.
Era come se la vita avesse ripreso ad avere un senso. Anzi, forse era la prima volta che stava cominciando ad averne uno.
Tutto ciò risultava essere dannatamente sbagliato, eppure non vi era nulla di più giusto che vivere una tale esistenza.