CAPITOLO 2 - parte 3° - Torna presto, Riki

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Mi sveglio e mi preparo per andare al ristorante, dove il mio capo mi sta aspettando per parlare. Indosso una camicia bianca, i jeans e i tacchi neri, e lego i capelli in una coda alta. Metto un po' di matita nera e di rossetto leggermente scuro. Appena finisco/ho finito di prepararmi imposto la sveglia a Riccardo per le 8:30, perché sarebbe benissimo capace di dormire fino alle dieci in caso di assenza di qualcuno o qualcosa che lo costringa ad alzarsi. Mi precipito al ristorante e arrivo in perfetto orario. Appena scattano le otto il capo apre la porta, con un sorrisetto di soddisfazione per la mia presenza in orario, e mi lascia entrare.
La conversazione dura poco meno di un'ora; abbiamo parlato molto e siamo giunti a un accordo che sta bene sia a me che a lui: lavorerò dalle 10:00 alle 15:00 tutti i giorni e aiuterò soprattutto a pulire. Inoltre, dato che dovranno assumere qualcun altro, dovranno dimezzarmi lo stipendio, però va bene lo stesso.
Torno di fretta a casa, dove sono già tutti pronti. Anche Riccardo è sulla porta, e mi guarda malinconico. Vorrei tanto dirgli che l'ho sentito ieri sera, e che sono pronta a perdonarlo, ma qualcosa mi impedisce di farlo. C'è quella vocina nella mia testa che mi dice che non devo. Non ha avuto il coraggio di dirmelo in faccia, e non è giusto che lo perdoni così. Decido di provare ad ascoltarla, dato che di solito mi porta a fare le cose giuste; sperò lo farà anche stavolta.
Vittoria mi avvisa che ha già preso la valigia, e quindi devo prendere solo le mie cose. Mentre sistemano tutto in macchina io entro in casa. Sfioro la spalla di Riccardo con la mia e salgo le scale. Prendo il mio zainetto, tolgo i tacchi e metto le mie amate Adidas, che sono decisamente più comode. Qualcuno mi abbraccia da dietro, e capisco subito di chi si tratta. Non ho neppure sentito i suoi massi, mi ha spaventata. Resto bloccata, cercando di decidere cosa fare. Lui invece non aspetta; mi fa girare verso se stesso e mi attira a sé, per stringermi forte; posso sentire persino qualche singhiozzo. Ricambio l'abbraccio e lui ne sembra stupito, tanto che si stacca.
- Scusa, - dice, - non... avrei dovuto. –
Accenno un sorriso, non sapendo che dire. Scendo di corsa e lui mi segue.
- Ci vediamo fra quattro giorni. – dico, entrando in auto. Mi saluta con la mano, e così fanno le bambine. A me viene da piangere, e a contribuire al tutto è nuovamente Riccardo, che mi manda un bacio con la mano. Resto quasi spiazzata da quel gesto, così semplice, così banale. Si comporta così perché si è pentito, lo so, ma... non sono pronta a perdonarlo. Questa piccola vacanza servirà proprio a questo, no?
In poco siamo fuori dal vialetto. Avviso Arianna con un messaggio in cui le spiego tutto, e lei risponde con un ''OK, lo dico a mamma e papà''

Il viaggio è lungo, ma dopo 3 ore e mezza arriviamo. L'appartamento in cui staremo è al terzo piano. È abbastanza pulito e accogliente; c'è una camera da letto, un bagno, una cucina più o meno piccola e il salone con il tavolo e il divano-letto. Sistemiamo la nostra roba e ci sediamo sul divano per decidere che fare. Parliamo un po' e scegliamo di passare questo pomeriggio un po' in giro per i negozi; poi domani gireremo Pisa, dopodomani Firenze e l'ultimo giorno Siena. È l'una, quindi mangiamo. Dopo pranzo le bambine si addormentano, Nanci si dilegua nella camera da letto e io e Vittoria cazzeggiamo. Mentre lei perde tempo su Instagram, però, mi fa una strana domanda. – Ma scusa, tu e Riccardo non avevate litigato? –
- Sì, perché? –
- Vieni a vedere. – mi mostra delle foto che Riccardo ha postato mezz'ora fa. Sono un paio, alcune scattate una volta quando io avevo quindici anni e lui venti, ma non ricordo dove stavamo andando; l'unica cosa sicura è che eravamo su un traghetto, perché è l'unico particolare che ricordo. Altre le abbiamo scattate qualche anno fa, dopo il parto, quando siamo andati in Sicilia; anche qui le foto riguardano solo il viaggio in traghetto da Reggio Calabria a Messina.
La descrizione recita: ''Strano come, a distanza di tanto tempo, tu non sia cambiata nemmeno un po' ''; in effetti ci sono due foto in cui ho assunto la stessa posizione, anche se distano 7 anni l'una dall'altra. ''Anzi, mi correggo: sei sempre più bella. Però devo dire che preferisco la seconda, perché ci sono le tre cose, anzi, persone che amo di più al mondo. Sono tornato a sussurrarti che ti amo, per non farmi sentire, come all'inizio, e fa un po' male. Ma credimi, non ti ho mai dato un abbraccio più vero e desiderato di quello di stamattina. Mi spiace, perché probabilmente sei arrabbiata – perché sono uno stupido, - e perché non avrei dovuto rendere pubblico il nostro litigio, perché credo si sia capito. Forse pensi anche che non avrei dovuto dire niente di tutto questo se non davanti a te, guardandoti dritto negli occhi. Ma sappi che credo che sia bellissimo far sapere al mondo intero che, prima di amarti, ti voglio un mondo di bene. Torna presto, Riki. ''
Guardo Vittoria, poi di nuovo lo schermo, incredula. Le sue parole mi hanno bloccata, di nuovo; è capace di mandarmi in crisi. Mi chiedo come faccia. Ma di tutto il suo discorso, sono soprattutto le ultime due parole prima del suo nome che mi fanno pensare: due giorni fa gli ho detto di andarsene, e ora lui mi invita a tornare. Mi sento ancora più cattiva, ora. Vorrei tanto tornare a casa subito, chiedergli scusa, ma so bene che non posso. Mi butto tra le braccia della mia migliore amica e provo a non piangere.
- Tranquilla Fede. –
- Voglio fare pace con lui. –
- Chiamalo! –
- Voglio vederlo... -
- Sai che i viaggi che ti faccio fare hanno quest'unico scopo, cara. –
- Ma stavolta mi hai portata lontano! –
- E chiamalo allora, digli di venire qui, no? –
- Ti pare? –
- Sai benissimo che farebbe di tutto per te. –
- Lo so, lo so. –
- Ragazza, - dice, alzandosi, - non ti conviene lasciartelo scappare. Vedi di tenertelo stretto. –
Annuisco. Ha ragione: dove lo troverei un altro così?
- Muoviti ora, invece di rimuginare sulle eventuali cavolate che potresti fare, che dobbiamo uscire! – esclama, e ridiamo.

Vittoria apre la porta e io porto il passeggino, dove le bambine dormono, accanto al divano-letto. Abbiamo fatto un giro per i negozi qui vicino. Vittoria e Nanci si sono prese un sacco di cose, per non parlare delle bambine; io, invece, ho preso solo un vestitino bianco con il top a fiori e la gonna velata, dietro più lunga, molto semplice ma carino. Abbiamo girato per tutto il pomeriggio e abbiamo cenato con dei cornetti, pagati in parte da 5 euro trovati a terra, proprio davanti all'entrata del bar. È stato, grossomodo, un bel pomeriggio, soprattutto perché mi sono distratta un po' dai miei pensieri, anche se so che avrò tanto tempo per riflettere, stanotte. Infilo il pigiama e lo metto, con qualche difficoltà, anche alle mie belle addormentate. Le stendo sotto le coperte e, dopo aver augurato la buonanotte alle mie compagne di viaggio, mi sdraio anch'io accanto a loro. Dopo pochi minuti in casa c'è un silenzio tombale, e vengo assalita da un senso di inquietudine che non mi permette di addormentarmi. Decido di impiegare il mio tempo leggendo ''Ogni respiro '' di Nicholas Sparks, che ho preso ultimamente, anche se un po' scocciata dal nome della protagonista, Hope, trovato già troppo spesso nelle fan fiction sugli One Direction. Ormai non ho più molto tempo per leggere, ma resta ugualmente una delle mie passioni. Mi arriva un messaggio, e capisco dalla suoneria personalizzata che è da parte di Riccardo. È un semplice 'Fede...', forse mandato per attirare la mia attenzione. Subito dopo mi arriva un video; è sempre lui che, dopo qualche secondo di silenzio per sistemare il cellulare, inizia a parlare: - Ciao Fede. Ho... tante cose da dirti. Beh, comincio con... - aspetta un po', pensando a cosa dire. Poi riprende: - guarda, sono in camera delle bambine. Prima era camera mia, te lo ricordi? – e inquadra alcuni dei fogli che tappezzano le pareti, - Quante belle serate passate su quel tappeto, a parlare di tutto e di tutti. Ti ricordi il tuo periodo Taylor Lautner, forse a quattordici anni, che mi avevi costretta a mettere un mega poster alla finestra che dava sul tuo giardino? Mi avevi detto che a tua sorella non piaceva e ti diceva che non voleva che tappezzassi camera vostra con i suoi scatti a petto nudo, e tu hai rimediato così. Hai passato un sacco di tempo affacciata alla finestra per guardare quella foto. Avevo iniziato a essere geloso, sai? Non di Taylor, proprio del poster! – ride, e fa ridere anche me. Poi riprende, diventando più cupo. – Ed è pure abbastanza strano, perché ci dovrebbero stare le bambine in questi letti. La mia Em, tanto gentile e bella, come te, e la mia Bibi, che mi piace chiamarla White perché mi diverto a vederla infuriata. È proprio bella quando si arrabbia, proprio come te. E ora, invece, sono solo. Io volevo scusarmi, perché magari stai facendo qualcosa con Vittoria, magari stai guardando Titanic e sei alla scena in cui Jack sta morendo, e non hai proprio tempo per vedere questo video, o magari, chi lo sa, stai con qualcuno che non sia per forza una ragazza... - Arrossisco, indecisa se essere arrabbiata perché pensa 'ste cose o ridere per lo sguardo che sfodera ogni volta che vuole farmi capire che sta morendo di gelosia. – Oh, già. Oggi ho girato un po' nell'armadio dove tieni i piumoni e i cuscini. O meglio... la faccenda è andata più o meno così: stavo cercando quella cosa porta-robe dell'aspirapolvere, ma ho sbagliato anta dell'armadio, e mi è caduto tutto addosso. – rido; è davvero impossibile. – Se fossi stata qui ti saresti sbellicata dalle risate, ma non prima di avermi tirato un bel coppino, ché c'era un casino assurdo. Però ho messo tutto apposto, giuro. Fatto sta che mentre rimettevo in ordine ho trovato un album di fotografie. Prima ho pensato che sicuramente c'era un motivo per cui non me lo hai mostrato: magari era qualcosa di davvero strettamente personale. Poi ho girato un po' tra le ultime pagine e ho visto uno scatto in cui c'ero anche io, il che voleva dire che non poteva essere nulla di segreto, e quindi ho guardato tutte le foto. Quand'eri piccola eri davvero carina! E poi da quando avevi 16 anni non sei cambiata per niente, ti sono solo cresciute le tette. – Arrossisco nuovamente a causa del suo modo così 'sfacciato' (ma senza voler essere volgare e senza secondi fini) di dirmi certe cose. Sta un po' in silenzio, poi sospira. – Oh, - si arrende, - è inutile negarlo o girarci intorno. Manchi, mancate, e vi rivoglio presto accanto a me. Ora, beh, vado a dormire: la tua lontra e il piccione carino che ho comprato oggi a una bancarella perché mi ricordava te mi aspettano! – dice, e mi mostra i peluche. – Dormi bene piccola, fai tanti sogni belli (in cui magari ci sono anche io!), e ricorda sempre che ti voglio tanto, tanto, tanto, tanto, tanto, tanto bene. – mi manda un bacio con la mano e oscura la telecamera. Solo quando il video si conclude realizzo che in realtà è un senso di vero e proprio vuoto che mi ha invaso. È inutile mentire a me stessa, penso: sono vuota; senza di lui non sono niente. Sapendo che sarebbe inutile scrivergli un semplice ''Buonanotte anche a te '', faccio partire una chiamata, a cui risponde quasi subito.
''Fede, hai visto...''
''Riki...'' lo interrompo, incerta.
''Sì? ''
Resto un po' in silenzio, poi richiede: ''Cosa c'è? ''
''Riki...''
''Sì? ''
''Mi machi troppo''.

Anima Fragile - The Sequel - RedericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora