Capitolo 3 - parte 3° - Appuntamento fuori dall'agenda

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Mi sveglio, per la prima volta da un bel po' anticipando la sveglia, e mi precipito di sotto per preparare la colazione alla mia famiglia. Riccardo mi raggiunge in cucina portandole entrambe in braccio.

- Buongiorno mamma! – dicono insieme Emma e Bianca, e io le saluto con dei bacini sulle guance. Si siedono al tavolo e aspettano che gli porti la colazione.

- Buongiorno piccola. – mi dice Riccardo, cingendomi i fianchi con le braccia e dandomi un bacio sul collo.

- Bleah! – dice Bianca, che ci guarda quasi schifata. Riccardo ridacchia.

- E perché bleah? –

- Non è che fa schifo, - dice Emma, - a noi piace che , però potete darvi i baci quando non ci siamo noi! –

Ridiamo, e lascio un bacio sulla testa di Em.

- Piccina, noi ci vogliamo tanto tanto bene, più di quanto se ne vogliono gli amici. E infatti abbiamo avuto due splendide bambine. –

- Ma noi come siamo nate? – chiede Bianca.

Guardo Riccardo. – Te lo spiegherò presto, ma ora andate a vestirvi, se no fate tardi. -
Annuiscono e resto da sola con il mio ragazzo.

- Riki, non ti devi preoccupare per questo, okay? Le bambine sono piccole e non voglio che sappiano di quello che mi è successo. Non è necessario. Non ancora. –

- Rispetto la tua scelta, tesoro. – sorride.

Mi piace quando sorride. Mi fa sentire protetta e amata. Mi fa sentire a casa.

Porto le bambine a scuola e poi mi dirigo verso il mio posto di lavoro. Arrivo al ristorante e Carola mi accoglie a braccia aperte.

- Allora, come va? –

- Bene grazie, lei? –
- Mai stata meglio, ma smettila di parlarmi come se fossi una vecchia. Ho quasi cinquant'anni, sì, ma ancora sono sprint! – dice, e mi scappa una risatina. – sì, sei proprio in forma. – afferma poi, - Avete parlato? –
- Sì, e per ora è tutto okay. –
- Sì, per ora. – ripete, un attimo sovrappensiero. – Non sarebbe meglio se tu spegnessi il telefono? –
- Sì, forse sì, – dico imbarazzata, - ma è meglio che Riccardo lo sappia. – dico, e lei annuisce, per poi sparire oltre la porta della cucina.
F: amore, devo spegnere il cellulare. Ti scrivo dopo.
F: Torno alle 3, come sempre. Okay?
R: Okay.
Spengo il cellulare e lo metto in borsa, per poi lasciarla all'appendi panni e mettermi all'opera.

La giornata va benissimo, ed esco felice dal ristorante. Oggi c'è anche un bel sole, anche se fa un po' freddo, e questo alimenta la mia gioia. Infilo le cuffiette e faccio partire Ogni volta che, per quanto possa sembrare malinconica, a me dà una carica impressionante. Sbirciando dal display noto che mi sono arrivati due messaggi, ma saranno sicuramente di Riki, o magari di Vittoria. Nulla di troppo importante, spero; non ho tanta voglia di controllare, quindi rimetto il cellulare in tasca e continuo la mia strada verso casa canticchiando. Naturalmente, al ritornello mi arriva un altro messaggio. Sbuffo, ma mi rendo conto solo dopo che il messaggio non è sicuramente né di Riki, né di Vittoria né di nessuno dei miei familiari, dato che essendo tanto precisina a loro ho messo la soneria personalizzata. Questa cosa non mi piace affatto.
Numero sconosciuto: Ehi bella
Numero sconosciuto: scusa se ti ho spaventato, non volevo.
Numero sconosciuto: vorrei vederti. Ti va?
Indecisa, resto a fissare i messaggi, ma ne arriva un altro.
Numero sconosciuto: Se sì, alle 16:00 al parco vicino casa nostra.
Nostra? Ha ancora il coraggio di chiamare quella casa mia e sua?
Devo andare, lo so. Magari vuole solo dirmi una delle tante cazzate, io lo respingerò, lui sparirà dalla circolazione e il gioco è fatto. O almeno, ci spero.
Torno a casa con mezz'ora di ritardo, ma sembra che a nessuno interessi. Le bambine non sono in casa, segno che Riccardo le ha lasciate al doposcuola, segno che lui è a lavoro. Ha ricominciato, e non mi ha detto nulla. Bello. Beh, almeno Nan dovrebbe essere in casa.
Vado in cucina e trovo un bigliettino sul frigo: ''Resto da Letizia, torno per le 5. XOXO Nan''
Mh. Come non detto.
Facendo un veloce resoconto mentale, non resterò molto da sola. Di solito Riccardo torna massimo entro le quattro e mezza. Per evitare che qualcuno si renda conto che sto uscendo furtivamente e sto andando dove non dovrei stare, dovrei uscire ora. Cosa mi tocca fare. Scrivergli, io.
''Faccio tardi, sto un po' in giro. A dopo, Fed'' scrivo su un bigliettino, dato che ormai è diventato questo il modo per comunicare in questa casa, al posto di quello di Nanci. Vado a togliere la divisa e faccio velocemente una doccia, dato che puzzo di sudore. Appena esco scrivo un messaggio a Lucas.
F: Cambio di programma. Ci vediamo tra dieci minuti là, senza proteste. Ho da fare.
Metto una felpa e le scarpe Adidas e dei semplici jeans, lavo i denti ed esco.
Numero sconosciuto: Mi piace quando fai l'autoritaria, bambola.
F: Cinque minuti, quattro e cinquantanove, quattro e cinquantotto...
Numero sconosciuto: Arrivo, arrivo bambola.
Corro a prendere l'auto, perché fortunatamente l'ha lasciata qui. Entro e metto in moto, per poi partire e andare velocemente verso la mia vecchia casa. Il parco è circa a mezzo chilometro di distanza, quindi decido di andare a piedi perché, data la bella giornata, dubito che troverò parcheggio più vicino.
Era il luogo in cui passavamo più tempo quando eravamo ancora degli affiatati fidanzatini, perché era vicino al posto di lavoro di mamma, e quindi mi permetteva di stare più del dovuto fuori casa.
Aver comprato una casa così vicina a quel posto che ci ricordava tanti bei momenti insieme è stata una vera vittoria: certo, io ero entusiasta, e lui lo era, ma solo all'apparenza. Ma questo l'ho capito solo dopo.
Non ho mai proposto a Riki di venire qui, anche perché sarebbe imbarazzante, e non né tantomeno ci ho mai portato (né ci porterò o permetterò loro di venire) le mie figlie. È meglio dimenticare questo posto, di cui ricordo prevalentemente i brutti momenti.
Cammino fino a una panchina più in disparte rispetto alle altre, dove ci sedevamo io e lui di solito. Mio dio, non è cambiato nulla dall'ultima volta che ci sono stata, poco più di quattro anni fa, tranne qualche nome in più, coppie con accanto scritto 'Forever', che magari finiranno come me e lui.
Cercando di concentrarmi solo su alcuni dei tanti pensieri per la testa, possibilmente solo quelli decenti, ma naturalmente non ci riesco.
''Passeggiamo verso il parco mano nella mano. Arrivati, ci sediamo su una panchina, quella dove ci sediamo di solito, che abbiamo battezzato come ''Panca dell'amore'' dato che ogni volta che torniamo qui c'è una coppia differente. Comodi davanti a uno spettacolo di felicità, parliamo, euforici del matrimonio che sta per arrivare.
- Guarda quei due. Sembrano proprio felici. Come me e te. – mi dice il mio ragazzo, e mi dà un bacio sul naso.
- Sono così felice di stare qui con te, amore. – dico. Lui mi sorride. Una bambina si avvicina e ci dice che ha perso la mamma.
- Me ne occupo io amore. – mi rassicura Lucas. - Come ti chiami? – domanda alla bimba.
- Clelia. –
- Ma che bel nome! E come si chiama la tua mamma? – domanda ancora, e inizia ad allontanarsi con la piccola, quindi non sento la risposta. Dopo poco torna sorridente.
- Trovata. –
- Sei fantastico. – dico, e gli do un bacio a stampo.
- Anche tu, amore. –
- Hai visto che occhi quella bambina? – dico euforica. - Sembrano quelli di Ric... - ma mi blocco. Cavolo.
- Come scusa? –
- Cosa intendi? –
- Quante volte abbiamo parlato di questo? – dice alzando la voce.
- Di cosa? Non capisco. – dico, cercando di sviare l'argomento.
- Non fare la finta tonta, stupida ragazzina! –
- Sto per diventare tua moglie. Sposeresti una stupida ragazzina? –
- Non parlare di Riccardo! Hai capito? – dice, cercando di non urlare per non dare troppo nell'occhio, e mi tira uno schiaffo non troppo forte sulla guancia. – E a casa ti do il resto. – mi sussurra all'orecchio, facendomi rabbrividire.
- No, per favore. Ho sbagliato, scusa. – abbasso gli occhi.
- Non puoi permetterti nessun tipo di sbaglio. –
- Dormirò sul divano per una settimana, anche due. –
- Continua così e la punizione sarà un'altra. –
- Oh, no, ti prego. Perdonami. –
- Fai silenzio, hai capito? – mette due dita sotto al mio mento, costringendomi a guardarlo. – C'è Lindsy che mi aspetta. Stammi bene. – dice, e si allontana.
Mi asciugo le lacrime, cosciente di quello che mi spetta quando tornerò a casa. ''

'' – Dio mio, Federica, si può sapere perché piangi? –
- Non posso dirtelo! Non dovrei nemmeno essere qui. – urlo tra i singhiozzi, quasi irritata, e spaventata a morte.
- Sì che puoi! E che sono 'ste felpe con quaranta gradi all'ombra? Eh? – alza la voce anche lui, e sussulto.
- Mi fai paura. – sussurro, così piano che mi meraviglio quando Riccardo sospira.
- Togli la felpa, Fede. - dice, e scuoto la testa. – Toglila, o lo faccio io. –
Mi arrendo al suo volere e abbasso la zip e la levo.
- Fede, che sono questi? – chiede, e non rispondo. – Ti prego, fammi vedere il resto. –
Con non so quale forza, vado in bagno e tolgo i jeans, per poi mettere un paio di pantaloncini elasticizzati che mi ha prestato una volta sua madre. Poi lavo la faccia, che è quasi totalmente coperta dal fondotinta. Quando torno in salotto, mi guarda sbalordito.
- Chi ti ha fatto questo? Tuo padre? –
- Mio padre non mi toccherebbe mai. –
- E chi allora? –
- Lucas. – balbetto, coprendomi subito dopo il volto con le mani.
- Lucas? –
- Ha un'altra. La bacia davanti a me. E non mi stupirei se un giorno, entrando in casa, si sentissi urlare mentre si fanno sul mio letto. –
- Non dire così. –
- Se ti nomino mi picchia. –
- Scherzi? –
- Vado a cambiarmi. Fai come se non ti avessi detto nulla. Non deve sapere che sono stata qui. – ''

'' – Grazie per avermi portata qui, Lucas. È... gentile da parte tua. Non lo fai mai. –
- Sì, infatti. – dice distrattamente, senza staccare lo sguardo dal telefono.
- Si può sapere cosa stai facendo? – dico, prendendogli il cellulare dalle mani, e quello che vedo mi sconvolge. Foto di una ragazza, di gran lunga più bella di me, vestita... e non.
- Chi è? Io non... -
- Ti presento Lindsy. – dice lui, e come per un qualche incantesimo malefico contro di me, si materializza alle sue spalle la ragazza nelle foto. Lui si alza, mette le mani sul suo sedere e l'attira a sé, per poi baciarla, di fronte a me.
- Ti va di andare a casa? – sussurra lei.
- Quando fai così mi fai impazzire. – risponde. – Noi andiamo a casa, Carta. Non tornare prima di domani mattina. Portaci qualcosa per pranzo. Oh, e paga il conto. – dice verso di me, e si gira insieme a Lindsy, mentre si allontana palpandole il sedere, come una strana frecciatina, che mi fa quasi paura. ''
Basta, basta, basta. Obbligo la mia mente a smettere di pensare a quel brutto periodo ormai terminato da molto della mia vita.
È per questo che non sono stata tanto sconvolta, almeno dentro di me, quando non l'ho trovato nel letto, quella mattina. Sapevo bene, da quando ho fatto il test che non ne sarebbe stato entusiasta. E se avesse bevuto, la sera che gliel'ho detto, avrebbe persino fatto un incidente pur di farmi abortire. Ho pregato Dio durante quel viaggio in auto come non ho mai fatto in vita mia, e Lui è stato clemente. Ora però ho due figlie, e uno squilibrato mi viene dietro.
Presa dai pensieri, mi volto indietro, alla ricerca di qualche faccia conosciuta che spero non ci sia. Ma poi lo vedo.
È a cento metri da me, forse un po' di più, ed è da solo, con le mani in tasca. I capelli ricci e castani. Gli occhi verdi che ogni volta è difficile non affogarci dentro. Il piercing al naso, che gli ho sempre detto che in quel modo stava bene solo a lui, e ogni tanto mi rispondeva con un grazie, ma solo ogni tanto, perché Lindsy gli faceva complimenti migliori.
E poi, poi sorride, e quasi mi ricordo perché da ragazzina ne ero tanto innamorata. Ora è cambiato, sì, con i denti un po' più gialli per il fumo, ma le reminiscenze del passato tornano prima che possa accorgermene.
Quanto vorrei solo che fosse un amico, e non il mio ex-quasi-marito.
Quanto vorrei che fosse una brava persona, perché all'apparenza lo è, ma quello che conosco io – e quello che è veramente – è solo un mezzo maniaco, che mi spaventa solo guardarlo ormai. Federica, frena gli ormoni, penso.
Si gira verso di me e incrocia il mio sguardo.
Una scarica di brividi mi attraversa da capo a piedi.
Rimango totalmente impietrita.
Dio, fa che non abbia brutte intenzioni.

*nota: nei discorsi delle bambine ci potrebbero essere errori grammaticali; lo faccio volontariamente, perché bambine di quattro anni non hanno un linguaggio poi tanto sviluppato.
- Sa

Anima Fragile - The Sequel - RedericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora