Capitolo 3 - parte 2° - Riccardo, sei pericoloso

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- Sono pronta. – annuncio.
- E dove vorresti andare vestita così? –
- Così come? – chiedo, e Riccardo sbuffa. Poi mi copre gli occhi con un pezzo di stoffa.
- Che fai? –
- Lasciati guidare. Bimbe, andiamo! – esclama. Mi prende la mano e mi lascio guidare al piano di sopra.
- Okay, ora sarà un po' complicato. Devo cambiarti, e la maglia devo toglierla per forza adesso. – dice, e sento nella sua voce un pizzico di dispiacere, perché sa che sono a disagio.
- Va bene, ma... fa' veloce. – dico, ma il pensiero che mi veda in reggiseno mi mette un po' d'ansia, per non so quale motivo.
Nello sfilare la maglia mi sfiora il seno, e rabbrividisco.
- Scusa. – dice, e io sospiro.
- Nulla. –
Mi dà le indicazioni per indossare quello che credo sia un vestito, ma non so per certo quale, dato che Riccardo non mi permette neppure di toccare il tessuto.
- Ora metto le mani sotto al vestito per togliere la gonna. Tranquilla, okay? - dice, e annuisco.
Mette le mani sulle gambe e le lascia scivolare verso l'alto
Cerca a tentoni qualcosa sui fianchi, e quando sta per spostarsi lo blocco.
- Non c'è la zip. – dico, e lui rimette le mani dov'erano e fa cadere l'indumento fino ai miei piedi, e mi invita ad alzarli, per poi buttarlo da qualche parte nella stanza. Solo quando ha finito mi accorgo di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo/ smesso di respirare per qualche secondo. Riprendo aria boccheggiando.
- Non ti stupro mica, eh! – esclama, e io sbuffo, sempre più a disagio.
- Lo so, ma io, beh... oh, continua il tuo lavoro e non rompere. – dico frustrata, e lui ride. Mi fa sedere sul letto e mi infila i tacchi (i più alti che ho, immagino; c'è una gran bella differenza con le mie belle Adidas). Poi mi porta in bagno.
- Devo toglierti la benda per truccarti. Per ora non siamo allo specchio, quindi quando ti dirò di aprire gli occhi tu lo farai, ma non dovrai sbirciare. Okay? –
Annuisco, e inizia a truccarmi.
- Per accendere la piastra devo premere sulla più, no? -
- Riccardo, sei pericoloso. –
- Ma ti fidi di me ogni tanto? –
- Mmh, può darsi. –
Quando è girato di spalle mi viene voglia di sbirciare, ma mi trattengo. Mi passa la piastra tra i capelli, ma credo abbia usato quella per farli mossi. Non lo credevo tanto esperto, devo ammetterlo. Infine mi fa sedere sul divano e va a prepararsi. Dopo poco meno di un'ora mi porta in macchina, e in poco arriviamo... beh, da qualche parte; ancora non posso aprire gli occhi, quindi non so dove mi abbia portato. Camminiamo per un po' lungo quello che sembra un corridoio, fin quando non sento bisbigliare.
- Che succede? Dove siamo? – chiedo fermandomi.
- Puoi aprire gli occhi ora. –
Faccio come ha detto e resto a bocca aperta. Ci sono un sacco di persone: i miei genitori, mia sorella, amici che non vedevo da tempo, Elisa e il suo ragazzo, Vittoria e Mattia... è fantastico. Nanci mi corre incontro e mi abbraccia.
- Sei bellissima Fede! –
- Tutta opera di tuo fratello. Gliel'hai insegnato tu? –
- Obbligato – mi corregge, e rido.

Dopo un giro di saluti vado a sedermi a tavola accanto a Riccardo.
- Me li hai regalati tu? – chiedo, indicando gli orecchini e l'anello che mi ha messo.
- Sono il mio regalo. –
- Solo questi? Riki, potevi evitare di fare... le cose in grande. –
- Ti spiace? –
- No, ma... sei magnifico. –
- Anche tu. – sorride, poi si avvicina e mi lascia un bacio sulla guancia. Si sposta sull'orecchio e mi sussurra: - buon compleanno, amore mio. –

Passiamo la serata tra balli, karaoke e un sacco di cibo buonissimo. Torniamo a casa che è l'una, e sono sfinita; le bambine dormono e le metto tranquillamente a letto. Poi vado in bagno per spogliarmi. Dopo qualche tentativo andato male, vado disperata da Riccardo, chiedendogli aiuto per tirar giù la zip. Lui annuisce e si avvicina furtivamente, per poi abbassarla mentre mi lascia dei baci sul collo. Abbassa una spallina, per continuare la scia umida sulla spalla, poi sulla schiena...è una sensazione fantastica. Vorrei che continuasse, ma allo stesso tempo non vorrei. Quando sta per abbassare l'altra spallina, lo blocco. È più forte di me.
- Fermati, ti prego. Non riesco. – scoppio a piangere e corro sul terrazzo.
Mi sento una stupida. Come posso ritardare ogni volta questo momento?
Riccardo mi raggiunge e mi sfiora la spalla, ma io mi scanso.
- Lasciami stare. Non avrei... -
- Shh – mi zittisce posando l'indice sulle mie labbra.
- Sono una ragazzina, che non sa badare a se stessa né tanto meno alle sue figlie, che fa di ogni cosa un capriccio, che non ama abbastanza il suo ragazzo... -
- E di cui sono follemente innamorato. – dice, come se non avesse neppure sentito la mia ultima affermazione.
- Non sono abbastanza. –
- Oh, caspita, ancora non l'hai capito? Tu sei molto più di un semplice abbastanza. Sei tutto per me, Fede, tutto. Sul serio, non mi interessa se al momento non puoi soddisfare le mie voglie, o tutto il resto, riguardo questo argomento. Okay? –
- Sono solo una stupida ragazzina, – ripeto, - non sono una donna. Come posso bastarti? Non sei stanco di aspettare? Se fossi in te, lo sarei già da un pezzo. –
- Vuoi sapere il mio segreto? Aspetto... con ansia. Aspetto il momento in cui potrò farti mia, ci penso, ci ripenso, immagino come potrebbe essere. E magari alla fine non sarà mai come mi aspetto, sarà migliore, sarà più bello, più... non te lo so spiegare. Sai, è diventato bello aspettare, e immaginare ogni volta una cosa diversa. –
- E se non sarà come dici tu? –
- Perché ti fai tanti problemi? Sarà bellissimo, credimi. –
- Riki... - dico, cercando di non incontrare il suo sguardo, - il fatto è che io vorrei essere una donna che sa decidere da sola, senza nessuno che mi dica se andare a destra o a sinistra, senza nessuno che mi influenzi facilmente nelle scelte, senza litigare con te per ogni minima cosa... -
- Fede, c'è tempo. C'è tempo per diventare una donna vera e propria come dici tu, senza debolezze (anche se credo che sia impossibile), ma ora lascia stare. Non fa niente se non sei pronta, te l'ho già detto. Ti sembrerà una frase fatta, ma ricorda: non pensare a cosa potrebbe accadere tra un'ora, a quello che ti succederà domani, a cosa potrebbe farneticare la gente sul tuo conto... vivi. Vivi e basta. Non ostinarti a contraddirmi. Va bene così. –
- Sei tu che... -
Mi zittisce nuovamente, stavolta baciandomi. Mi stacco, e lo abbraccio forte. Giuro che, se potessi, resterei in questo modo per sempre: il suo respiro sul mio collo, i baci che lascia di tanto in tanto, le sue braccia che mi stringono forte, come se avesse paura di perdermi, come se non volesse più lasciarmi per non farmi scappare da questo momento magico. E io (che) ricambio quest'abbraccio che vorrei non avesse mai fine, e lo stringo, come per fargli capire che non me ne andrò, mai.

- Di cosa hai paura? – mi domanda.
- Non ho paura, - dico, senza preoccuparmi delle parole che escono dalla mia bocca. – è un po' come all'inizio. Per quanto io possa fidarmi di te, anche se conviviamo da quattro anni ormai, non mi sento ancora pronta. Mi sento piccola, anche se ho già due figlie. Sento che devo aspettare. Credo che capirò quando sarà il momento giusto, e te lo dirò. Tu, beh, non hai mai pensato di tradirmi, vero? –
- Non ti mento, qualche volta sì, ma solo pensato. Non mi sarei mai permesso di ingannarti. Oltre a mancarti di rispetto, avrei perso la tua fiducia nei miei confronti, e sarebbe stato un pessimo colpo per me. Io stesso, se mi tradissi, preferirei non avere più a che fare con te. Sapevo che sarebbe stato lo stesso, quindi non l'ho mai fatto. –
- Sul serio? –
- Mai stato più sincero. –
- Fin quando credi di poter resistere? –
- Abbastanza, immagino. – dice, e resto perplessa.
- Se mai mi tradissi, me lo diresti? –
- Credo che il rimorso e il senso di colpa si farebbero sentire subito, quindi sì, te lo direi. –
- Mmh. –
- Stai tranquilla. Ti amo più della mia stessa vita. Non farei mai nulla contro di te. –
- Scelgo di crederti. –
- Fai bene. – afferma, poi mi stringe ancora di più.

Dopo minuti di quiete sembrati infiniti, decidiamo di andare a dormire. Mettiamo i pigiami e ci stendiamo sotto le coperte. Poi lui mi prende la mano.
- Ti amo. – dice, dopo qualche attimo di silenzio. Un sussurro, quasi impercettibile, come se fossimo troppo piccoli per dirlo ad alta voce, come se fosse un segreto che ci lega, e che ci rende l'uno proprietà dell'altro.
- Anch'io. – un altro sussurro, come il rumore del vento, che per sentirlo devi tendere bene le orecchie; un altro sussurro, per dirgli che mai nella mia vita, se non tra le sue braccia, mi sono sentita tanto sicura. Mai, se non con lui, mi sono sentita tanto felice.

Anima Fragile - The Sequel - RedericaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora