Ormai pochi chilometri mi dividono dal mio ragazzo. Non ho più risposto a Riccardo, dopo quella chiamata, un po' per assenza di tempo, un po' per mancanza di voglia, ma soprattutto per lasciare chiusi in uno stanzino lontano del mio cervello quei pensieri che avrebbero potuto in qualche modo turbare la quiete della vacanza già giunta al termine. Rivivo mentalmente alcuni momenti delle giornate passate, come ridere per la gente che provava a fare foto davanti alla Torre di Pisa, o fare lo stesso per una guida che parlava in modo strano. Eh già, penso, sono stati dei giorni abbastanza entusiasmanti. Un pensiero, però, mi tormenta da tre giorni a questa parte: sarebbe stato tutto più bello se ci fosse stato lui. Annoto mentalmente che devo smettere di fare questi viaggi in mete lontane da Riki ogni volta che litighiamo; la prossima volta mi limiterò a stare qualche giorno da Vittoria.
Finalmente il treno si ferma, segno che siamo arrivati. Vedo Riccardo fuori, che saluta e sorride.
- Mamma, hai visto? C'è papà, è venuto a prenderci! – esclama Emma, e annuisco.
- Allora gli siamo davvero mancate come diceva nel video! – aggiunge Bianca, e io la guardo spalancando gli occhi, pensando a quel video, ma Nanci mi rassicura, dicendo che aveva inviato un altro video a lei in cui salutava le bambine. Più tranquilla, mi affretto a raccogliere le valigie, per poi uscire. Le mie figlie corrono verso il loro papà euforiche, e lui le prende in braccio e le solleva, riempiendole di baci. Li raggiungo anch'io e saluto, abbastanza a disagio. Sposto una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio, e lui mi dà un bacio sulla guancia.
- Bentornata a casa, piccola – dice, sussurrando l'ultima parola.
Ti ho sentito lo stesso, mi viene da dire, ma accenno un sorriso e mi avvio verso l'automobile per caricare i bagagli. Anche gli altri entrano in macchina e partiamo. Casa nostra non è molto lontana dalla stazione, ma c'è sempre traffico. Dopo quasi un'ora arriviamo nella nostra dimora. Chiamo Vittoria che siamo arrivati e che può stare tranquilla; lei rientrerà domani sera, perché nel viaggio Firenze – Pisa un ragazzo l'ha tamponata e quindi ha mandato l'auto dal meccanico e deve aspettare.
Le bambine crollano quasi subito tra le braccia del padre, e le porto in camera loro. Rimbocco le coperte ad entrambe e scendo nuovamente al piano di sotto. C'è solo Riccardo, sdraiato sul divano, ancora a fissare il vuoto. Stavolta, però, sta sorridendo.
- Fede! – esclama appena mi vede, e si mette a sedere, indicando il posto vuoto accanto a lui.
Mi siedo e appoggio la testa al suo petto, mentre lui prende ad accarezzarmi.
- Questi giorni sono passati troppo lentamente. Sembravano anni che non ti vedevo, e poi abbracciare di nuovo le bambine... mi è sembrato di essere in un sogno. Un sogno magnifico, però. –
Sorrido e mentre lui continua a sfiorarmi la schiena, provocandomi brividi assurdi.
- Senti, - dice, e alzo la testa. Lo guardo negli occhi, ma mi viene voglia di distogliere lo sguardo, quando i vedo i suoi pieni di lacrime che hanno il matto bisogno di uscire. – io sono stato un coglione, uno stronzo, ho sbagliato a comportarmi in quel modo con te. Io... avevo tanta paura di non vederti più. Mai più. Ho passato tutti e tre questi giorni (fin quando avete chiamato perché dovevo venire a prendervi) a piangere come un bambino. Ho capito che sei davvero indispensabile per me. È stato difficile... non voglio che succeda di nuovo. Scusami. –
- Scusami tu, invece, perché io ti ho detto di andartene e pochi giorni dopo tu mi hai scritto ''Torna presto ''. Penso di non essermi mai sentita così male. –
- Allora l'hai letta? – domanda, riferendosi alla descrizione del suo ultimo post.
- Ovviamente. – rispondo, - E lì sono stata io a piangere come una bambina. –
Sorride. – Mi perdoni? – chiede, e gli lasci un piccolo bacio sulle labbra.
- È un sì? –
- Sì. – e mi accoccolo nuovamente sul suo petto, e lui mi accarezza la schiena.
- Ti prometto che da oggi in poi, - dice, dopo un po' di silenzio, - qualsiasi cosa succeda non mi arrabbierò. –
- E se ti tradissi? –
- Lo faresti mai? – domanda incerto, ma io scuoto la testa e sorrido, per rassicurarlo.
- Ti aiuterò a superarlo e a dimenticarlo, non parlerò se mi chiederai di non farlo, non ti bacerò se mi chiederai di non farlo, ti lascerò sola se lo vorrai ma non ti farò scappare di nuovo. Ti terrò stretta tra le mie braccia e insieme saremo più forti e, se mai dovesse tornare, lo batteremo noi in questa partita. D'accordo? –
- D'accordo, amore. – dico, e gli do numerosi e piccoli baci sulle labbra e riprendiamo a coccolarci. – Mi canti una canzone? –
- Quale? –
- Quella che vuoi. – rispondo, e lui annuisce, iniziando a cantare Eccoti.
Il sollievo per aver chiarito questa situazione e la stanchezza per il viaggio mi portano a cadere in un sonno profondo, mentre mi lascio cullare dalla voce del mio fantastico ragazzo.Il suono della sveglia mi costringe ad aprire gli occhi. Cavolo, sono già le sette...
Mi butto su Riccardo per svegliarlo, e lui borbotta qualcosa, e poi si alza sbuffando. Vado a svegliare (stavolta dolcemente) anche le bambine; le porto giù e trovo Nanci che prepara la colazione, mentre Riki è mezzo morto sul divano. Mi scappa una risatina.
- Scemo, muoviti che tua sorella deve andare a scuola oggi! –
- Oh, già! – esclama, svegliandosi completamente dal suo stato di dormiveglia. Prepara di corsa il latte per le bambine, mentre Nan mette il caffè nelle tazzine e ne porge una a ciascuno. Lo bevo velocemente e salgo su con le bambine per preparare.
Alle 7:45 usciamo, Nan perché deve prendere l'autobus e io per accompagnare le mie figlie. Una volta all'asilo aspetto il suono della campanella e poi torno a casa.
Riccardo è buttato a terra, a fare niente, come sempre.
- Marcuzzo passione balenottera spiaggiata, eh? – dico ridendo mentre entro.
- In mio cognome è d'accordo. –
- In che senso? –
- Sono una balenottera, e vivo nel Mar-Cuzzo. – dice, muovendo le dita per aiutarmi a comprendere la battuta.
Quando ci arrivo mi colpisco la fronte con una mano. – Ma come faccio a stare con uno così scemo? –
- Almeno mi ami? –
- No, New York. –
- Eh? – mi chiede spaesato.
- Mi-ami, come Miami, la città. New York è stata la prima città che mi è venuta in mente. –
- Che battuta squallida! – esclama, - Ora inizio a segnarmele tutte. – ridiamo, ma lui si blocca.
- A proposito... Metti più spesso le camicie. Sei fottutamente sexy e ti si ingrossano le tette. –
- Riccardo! – gli urlo arrossendo come un peperone e lanciandogli un cuscino in faccia. Dopo tutto, mi ha visto raramente con un costume leggermente sexy, figuriamoci se mi faccio vedere senza maglia. Riccardo dice che mi capisce, e che è giusto che io voglia aspettare, sia per la mia ultima non-fantastica esperienza (insomma, se restassi incinta dubito che lui mi abbandonerebbe), sia perché devo davvero essere pronta per fare questo passo con lui e non devo assolutamente sentirmi obbligata.
- Sono ancora troppo leggere per metterle, sono morta di freddo l'altro giorno. – dico.
- Tanto sei bella lo stesso, con o senza camicie. – mi sussurra all'orecchio, e arrossisco di nuovo. È solito farmi i complimenti, ma mi lascia sempre senza parole.- Fede, qual è il contrario di 'MELODIA'? – chiede Riccardo, che sta facendo un cruciverba.
- AIDOLEM. – rispondo, anche se mi sembra una risposta abbastanza banale.
- No, restano vuote due caselle... controllo alle soluzioni. - dice, e poi ridacchia. - Sai qual è? –
- Spara. –
- Boom. – dice facendo una pistola con il pollice e l'indice.
- Dai, sono seria! Qual è? –
- Se lo tenga! - esclama.
- Rido per non piangere, guarda. - e mi metto mi metto le mani sugli occhi. – Ti prego, basta con le freddure, per oggi. Che poi la conoscevo pure, come ho fatto a non pensarci? –
- Non lo so. – ride, - ma ora muoviti, che sono quasi le dieci. Farai tardi a lavoro. –
- Oh, già. Vado. - e gli lascio un bacio a stampo, per poi uscire.
Mentre cammino, però, ricevo una chiamata da un numero privato. Con qualche esitazione, rispondo.
''Pronto? ''Vi sta piacendo?
-Sa
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Anima Fragile - The Sequel - Rederica
FanfictionLa mia vita stava andando a gonfie vele. Ero felice con Riki e con le mie bimbe. Avevo trovato lavoro come cameriera, lui aveva ripreso gli studi e si era laureato in design della comunicazione; aveva anche aperto uno studio. Le bimbe andavano all'a...