Chapter Twelve

191 12 13
                                    

La Corte è silenziosa quando, una volta che vi entriamo, attraversiamo la grande sala decorata da grandi arcate ed affreschi colorati. La ricordo bene, questa sala. È la stessa dove ho incontrato Calum per la prima volta. La stessa dove sono stata teletrasportata, incredibilmente.

Mi guardo intorno, ora che nessuna persona è presente come la prima volta, scoprendo dettagli che non avevo notato nei dipinti alle pareti, vasi colmi di fiori accanto alle vetrate, piastrelle lucenti che si alternano in un mosaico variopinto al centro del pavimento.

Luke, accanto a me, non fiata. Sembra essere del tutto assente. Ho la sensazione che lui sappia a cosa è stato dovuto il richiamo degli elementi, ma non riesco a pronunciare neanche una parola. Non voglio spezzare il silenzio che ci avvolge, interrotto solo dai nostri passi.

Avanziamo lungo un imponente corridoio, per poi svoltare più volte, imboccando stanze che si ricollegano ad altri corridoi sempre diversi. Per un attimo mi sembra quasi di star percorrendo un labirinto. Ho perso qualsiasi senso dell'orientamento.

Giungiamo infine davanti ad un portone dal legno chiaro, decorato da alcune incisioni che formano, nel complesso, un enorme insieme di fantasie geometriche.

«Entriamo.», annuncia Terra aprendo il portone, permettendoci così l'accesso alla stanza. E mi stupisco della particolarità di questa, una volta entrata.

È del tutto spoglia di alcun mobile, se non per il tavolo posto al centro. Le pareti sono prive di qualsiasi decorazione, tinte di un semplice bianco panna. Delle piccole finestrelle sono poste in cima alla camera esagonale, illuminandola, seppur di poco.

I quattro nonnetti ci fanno sedere al tavolo rettangolare e si accomodano dall'altro lato, continuando a rivolgerci occhiate arrabbiate. Eppure, più che a me, queste sono rivolte a Luke.

«Ora che siamo qui e che nessuno potrà sentirci, è il momento di discutere riguardo a qualcosa che già ben saprete.», Terra parla ancora, ed io mi acciglio. In realtà non ho capito nemmeno a cosa si riferisca.

«Parlate del ritardo che abbiamo fatto? Insomma, andiamo! Tutto questo mi pare fin troppo esagerato. Al mio liceo entro sempre in ritardo e non mi è mai successa una cosa-»

«Silenzio!», tuona ancora il nonnino dalla barba scura, interrompendomi. Quasi non sobbalzo. Diamine, e poi sarei io la schizzata in preda agli ormoni.

Lo fisso male. Ma chi si crede di essere per zittirmi?

«Silenzio un gran bel cavolo. O mi dite cosa diavolo ci faccio io qui, oppure sarò lieta di andarmene.», li addocchio storto uno alla volta, venendo fulminata di rimando da ognuno di loro.

«Razza di ragazzina impertinente, qui i comandi li diamo noi, non di certo tu. Ora taci e smettila, se non vuoi che qualche provvedimento sia preso nei tuoi confronti!», barba scura mi fissa infuriato, la mia bocca si spalanca. Mi sto seriamente stufando, adesso. Crede che minacciarmi in questo modo serva a qualcosa? Come se non fossi già stata punita abbastanza venendo costretta a finire in questo posto!

Sto per ribattere, del tutto su di giri, quando la mano di Luke mi circonda il polso, strattonandolo leggermente. Lo fisso all'istante, confusa e sorpresa da quel suo gesto, e lo vedo guardarmi di rimando. Scuote appena la testa, come a cercare di bloccarmi.

Sospiro, dimenandomi dalla sua stretta, accettando però di rimanere in silenzio. Non la finiremmo più, altrimenti. E non voglio di certo sprecare il mio tempo a discutere con dei nonnini dalle tuniche oscene.

«Bene. Vedo che hai finalmente capito.», dice l'anziano soddisfatto e gli dedico un'occhiataccia. Odio anche lui, adesso.

«Se vi abbiamo ordinato di venire qui, non è di certo per il vostro ritardo, anche se non è mai una buona cosa tardare, sia chiaro.», questa volta è Babbo Natale a parlare e, quasi mi si fosse accesa una lampadina, un flashback mi investe e mi blocco sul posto. La profezia.

LOST SOULS // Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora