Chapter Fourty

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Continuo ad inforchettare il mais nella scatoletta che stringo ancora nella mano mentre Luke continua a camminare al mio fianco, le mani infilate nella tasca della sua felpa e lo sguardo rivolto alle sue Converse nere rovinate dal tempo.

Gli lancio un'occhiata veloce, arrossendo una volta messo a fuoco nella penombra il suo profilo illuminato dalla luce lunare che filtra attraverso le chiome degli alberi. I capelli chiari gli ricadono come al solito sulla fronte, ma sembra essere assorto nei suoi pensieri a tal punto da non sembrarne nemmeno conscio. Deglutisco a fatica, obbligandomi a spostare nuovamente l'attenzione sul mio mais.

Finalmente - e grazie al cielo - il mio pianto infinito è cessato già da un po' e sono più che certa di aver inondato il quaranta per cento della felpa di Luke. Penso di aver toccato il fondo quando, comunque, mi sono soffiata il naso con il suo cappuccio. Ma d'altro canto, se l'è cercata. Ha continuato a beffarsi di me per tutto il tempo in cui ho continuato ad abbracciarlo, grata del suo mais a sorpresa, e, in assenza di calci da poter sferrare o padelle da poter maneggiare, mi sono arrangiata.

Lui mi ha allontanata via all'istante, ma la sola vista della sua faccia scioccata ha ripagato il tutto. Così tanto che sono andata avanti a ridere per minuti interi. Da allora, Luke ha continuato a fissarmi male.

E un ennesimo sorriso divertito mi si forma nuovamente sulla faccia al solo pensiero, ma cerco di scacciarlo imboccandomi una nuova porzione di mais.

Non faccio in tempo nemmeno a mandarla giù, comunque, perché la voce del lampione umano mi richiama poco dopo.

«Quindi?», mi domanda tutto d'un tratto mentre continua a tenere il capo chino. Mi volto, confusa.

«Quindi che?», chiedo in rimando, ancora con la bocca in parte piena. Il solo farlo sembra provocargli una piccola risata non appena i suoi occhi si indirizzano su di me. Scorgo nuovamente sulla sua guancia la solita fossetta e arrossisco appena. Ringrazio il fatto che sia abbastanza buio per far sì che non lo noti.

«Che ci facevi lì da sola, prima?», noto come il suo tono si sia abbassato e l'espressione divertita sul suo volto sia scomparsa, ora. Deglutisco, tornando a puntare i miei occhi sul mais. Ne prendo un altro po' e non attendo altro per portarlo alla bocca.

Noto con la coda dell'occhio Luke fissarmi nuovamente, forse deluso dal mio silenzio. E percepisco, ancora una volta, un peso strano sul petto, insieme al moto accelerato del mio cuore. Mi sento, ancora una volta, in colpa.

E forse è il pensiero di starlo facendo preoccupare di nuovo che mi spinge a parlare.

«Mi crederesti se ti dicessi che non lo so nemmeno io?», provo a sorridere per non sembrare troppo rattristata o depressa, nonostante non voglia fare altro che nascondermi sotto al letto ad ingozzarmi di mais, al momento. Luke non ricambia il mio sorriso, in qualsiasi caso.

Continua a guardarmi in quel modo che non riesco mai a comprendere e il solo non riuscire a capire cosa gli stia passando per la testa in questo momento mi tortura.

Solitamente, infatti, leggere Luke mi riesce fin troppo facile. Eppure, quando rimane in silenzio, inespressivo, e mi fissa con quello sguardo, non riesco proprio a capirlo. Non riesco a cogliere quella luce.
Non so decifrarla.

E la cosa non fa che frustrarmi. Vorrei saperlo leggere in modo più approfondito. Vorrei riuscire a capire grazie ad un suo semplice sguardo ogni cosa gli passi per la testa. Vorrei davvero poterlo fare.

Ma non riesco a farlo. Non so cosa stia pensando, in questo momento. Non so cosa gli passi per la testa, ora.
Non ne ho la minima idea.

E lui si volta semplicemente, tornando a puntare lo sguardo sulle sue scarpe. Il non sapere se sia ancora deluso o se la mia risposta non lo abbia soddisfatto mi costringe a mordicchiarmi l'interno guancia per l'ansia. Diavolo, non ne comprendo nemmeno il motivo, ma è come se mi sentissi in dovere di dargli più spiegazioni. Di richiamare nuovamente la sua attenzione.

LOST SOULS // Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora