Chapter Fifteen

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Come ogni sera, ormai, mi ritrovo davanti alla finestra, a contemplare il cielo scuro davanti a me. Ho deciso di spostare il letto contro di essa, così da non dover fare troppo sforzo ogni volta e poter rimanere sdraiata tra le coperte, con lo sguardo fisso sulle stelle.

Ho finito tutta la confezione di gelato mentre guardavo stupidi programmi in tv e credo di non stare affatto bene, in questo momento, ma poco importa.

Ripenso per un attimo alla strana presenza di quelle bacchette nella stanza di Ashton. Magari si tira anche quelle in fronte perché uno come lui non me lo immagino di certo suonare una batteria. Anche se il look da pazzo ce l'ha, devo dire. Poi, nemmeno ce l'ha una batteria in stanza.

Sbuffo e mi concentro su altro. C'è qualcosa che mi sfugge, al momento.

Poi, come se fosse stato un lampo a ciel sereno, ecco che ricordo. Non ho ancora imparato a fare la lievitazione di fiamma e sono abbastanza nella merda.

Chiudo gli occhi, passandomi le mani sul volto con fare annoiato. Se procedo in questo modo, da qui non me ne andrò mai sul serio.

Decido quindi, anche se con fatica, di tirarmi su dal materasso e di mettermi a sedere tra le coperte. La luce della luna mi permette di osservare l'ora sull'orologio: mezzanotte e un quarto. Un brivido mi percorre la schiena, ma sono più che certa che sia a causa della folata d'aria che è appena giunta dalla finestra aperta.

Sospiro.

Tutti staranno già dormendo. Calum e Michael sono rientrati non troppo tempo fa, li ho sentiti discutere di quanto fosse stato bello il picnic e di quanto sia stato buono per il drogato il panino al prosciutto preparato da Georgia. Quasi ho riso nel sentire Calum rimproverarlo per aver mangiato anche il suo. Diavolo, quel ragazzo ha sul serio un buco nero al posto dello stomaco, eppure non sembra così tanto fuori forma.

Deve avere un metabolismo abbastanza veloce perché non si muove nemmeno se pagato.

Mi mordo un labbro. L'unico che manca all'appello è Luke. Di solito questa è l'ora in cui torna, ma non ho sentito la porta aprirsi per segnalare il suo arrivo.

Forse questa notte non verrà a dormire qui. E solo ora mi viene da domandarmi dove diavolo dorma quando non è qui. Oppure cosa diavolo faccia tutto il giorno, esclusa la mattina in cui è a scuola.

Scaccio il pensiero di lui dalla mia testa e mi volto verso la piccola scrivania presente nella stanza. Vi trovo abbandonato sopra il libro che mi ha dato il professor Williams che per più di una settimana mi sta tenendo compagnia - specifico: compagnia non gradita, ovviamente.

Non ho voglia di prenderlo, tanto ormai, a furia di leggere tutti i passaggi per la magia da attuare, li so quasi a memoria.

Quindi mi posiziono a gambe incrociate e allungo la mia mano destra davanti a me. Ancora è così strano e stupido allo stesso tempo.

Chiudo gli occhi, sospirando. Ce la posso fare, o almeno credo.

Mi inumidisco appena le labbra e cerco di concentrarmi, avvolta dal silenzio. Genero la fiamma luce, che è il primo passaggio da mettere in atto. La luce del fuoco mi illumina e quasi non ne rimango assorta. È davvero figo.

Ma sospiro una seconda volta, tentando di non far caso al fatto che tutto questo è fisicamente impossibile, e passo al secondo passaggio: pensare intensamente al far distaccare la fiamma dal palmo della mano. Devo cercare di farla in qualche modo innalzare dal mio palmo. Beh, facile a dirsi ma molto meno a farsi.

Sbuffo imprecando quando non ci riesco e la fiamma svanisce nuovamente, come accade sempre quando perdo la concentrazione. Mi sento una tale imbranata.

LOST SOULS // Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora