Pov Kath
Oggi Nelly e Aaron non sono venuti a lezione, lui per un'influenza e lei per un colloquio di lavoro, così io e Josie, nonostante non sia bel tempo abbiamo deciso di mangiare nel giardino che costeggia il campus, Io con una semplice insalata di frutta e lei con un hamburger.
Lo facciamo spesso e sarebbe tutto nella norma se dalla panchina posta frontalmente alla nostra William Butler non mi stesse lanciando sguardi assassini.
Se chiudo gli occhi anche per un solo istante, ho ancora impressa nella mente l'immagine di lui avvinghiato al mio corpo, sento le sue mani, il sapore della sua bocca, la paura, il disagio.
Come richiamato dai miei pensieri, mi lancia un sorriso accattivante che non lascia presagire nulla di buono e che mi trasmette un brivido di paura lungo tutta la colonna vertebrale.
Mi massaggio le tempie stanca di tutti questi pensieri.
"William Butler ti sta guardando," mi sussurra Josie a un orecchio.
Nonostante lo sappia già, le sue parole mi fanno mancare il respiro. Mi impietrisco.
"Lo fa sempre," dico fingendo disinteresse.
"Si, ma adesso è diverso," insiste.
"Adesso vuole uccidermi!"
Josie sbuffa e poi da un altro morso al panino prima di parlare.
Oggi è assolutamente favolosa con i capelli biondi e lisci, una chemise panna e i jeans attillati.
"Sicura non ci sia altro? È successo qualcosa?"
Reprimo un brivido e
istintivamente porto una mano alla gola.
"Sai benissimo che Butler odia il solo fatto che respiro ," gracchio tesa. Poi sospiro, non riuscendo comunque a mentirle.
"Comunque sì, " mi decido ad ammettere "mi ha portata a un incontro."
Josie sgrana gli occhi incredula. "Cioè ti ha invitata a hai accettato? Dovrei arrabbiarmi, con me non vieni mai," si lamenta.
Alzo gli occhi al cielo. "Non è stato proprio un invito, mi ha obbligato a seguirlo," chiarisco "trascinata. Letteralmente."
"Lui si che sa come ottenere le cose."
Sbuffo. "Mi vuole morta." Lei ridacchia. "Come sei melodrammatica!"
"Realista!" Faccio un'altra smorfia quando noto che al suo fianco si è andato a sedere Adam Presley, l'essere più infimo presente sulla faccia della terra.
Appena ci nota ci mostra un sorriso sguaiato ed estrae fuori la lingua con il pearsing in vista.
"Blea... l'ha fatto sul serio?" mormora Josie.
"Temo di si." Storco la bocca. " Non li guardare!" la ammonisco "penseranno che stiamo parlando di loro." "Effettivamente é quello che stiamo facendo, ma fidati se ti dico che non gli sembrerà strano, qualsiasi ragazza sana di mente li guarderebbe; sono sexi."
"Megalomani arroganti da cui stare lontane," la correggo.
Josie alza gli occhi al cielo. "Se lo possono permettere: sono ricchi, popolari, affascinanti, fanno pugilato."
"Lotte clandestine, illegali," la correggo.
Josie minimizza con un gesto della mano.
"Ciò non toglie che sono Sexi."
Sbuffo. In verità non ho mai guardato Butler da questo punto di vista e tanto meno Prisley.
Sono stata sempre impegnata a stargli più lontana possibile. E questo avveniva sia al liceo quando ero considerata un'emarginata che neanche Josie calcolava, che adesso.***
Uscite dal campus io e Josie ci separiamo.
Lei doveva partecipare a un seminario, mentre io ho appuntamento col dottor Brawn, il mio nuovo psicologo.
Dovrei essere abituata agli strizzacervelli, eppure mi sento a disagio mentre fisso il logo affisso sulla facciata color senape.
L' edificio che ospita lo studio è un palazzo un po' malandato con, un'ampia balconata e le finestre marroni.Dottor Alan Maurice Brawn recita la scritta, psicologo, neurologo e sociologo.
Un professionista.Me lo ha assegnato il tribunale, non potrei comunque permermettermi la sua parcella. Mary Jobs, l'assistente sociale che ha seguito il mio caso, mi ha detto che è uno dei migliori.
Guardo ancora per qualche minuto il logo e poi mi decido a entrare.
Lo studio si trova al quinto piano, sull'ala destra.
La psicologa che mi ha seguito finora è stata trasferita, così mi hanno assegnata a lui.
Ero tentata di non venire, sopratutto dopo aver appreso che avrei avuto a che fare con un uomo, ma invece eccomi qui, perché contrariamente a quanto pensano gli altri, voglio davvero voltare pagina e sto lottando con le unghie e con i denti per riuscirci.
Dopo essere entrata, mi dirigo al penultimo piano e seguendo le istruzioni di quella che credo essere la segretaria un po' avanti con gli anni, mi dirigo verso lo studio.
"Apri quella porta cara," mi invita "e mettiti pure a tuo agio. Il dottore arriverà a breve."
Lo studio è piccolo, asimmetrico e contiene pochi elementi essenziali.
Lo analizzo lentamente prima di liberarmi del giubbotto e appenderlo nell'attaccapanni.
Le pareti sono bianche, il pavimento rivestito di parquet. C'è una sola finestra, una scrivania, un divano di pelle e poi libri un po' ovunque: sulle sedie, impilati sugli scaffali, dentro alcuni scatoloni.
Non è l'ambiente che mi sarei aspettata, ma va bene, mi trasmette calore.
Sulla scrivania ci sono tantissime foto. Molte hanno come soggetto una bambina dai capelli rossi.
"Katherine Johnson?" sobbalzo presa alla sprovvista quando una voce profonda pronuncia il mio nome.
"Io sono il dottor Brawn,"si presenta facendo il giro della scrivania, sedendosi e invitandomi ad accomodarmi sulla sedia posta frontalmente.
"Sono io..." dico ubbidendo al suo invito e accomodandomi nella poltrona di pelle marrone.
"Sostituisco la dottoressa White," precisa aprendo una cartella "Katherine Johnson, "ridice annotandovi il mio nome "età?"
"Venti."
"Sei al college?"
"Sì... "
"Che indirizzo hai scelto?"
"Letterario." Lo guardo confusa perché di psicologi ne ho visti tanti, ma nessuno mi aveva mai fatto simili domande, perché tutti si limitavano a leggerle nella mia cartella.
Incrocio le braccia al petto intimidita.
"Libro preferito?" Più va avanti con le domande, più sono confusa.
"Le piccole donne."
"Film?"
"Non so..."
"Dinne uno a caso."
"Sette anni in Tibet."
"Colore?"
"Blu."
A un certo punto mi convinco che pur di far passare i quaranta minuti previsti, faccia domande a caso.
"Piatto preferito?"
"Forse i tortelli?"
"Forse?" mi guarda curioso.
"Dovrei mangiarli una seconda volta per capire," mi stiro le pieghe immaginarie della felpa.
Alla fine di tutta una sfilza di domande inutili, non so se esserne dispiaciuta o sollevata.
La nota positiva è che Alan Brawn non è intimidatorio anche se a primo acchito lo può sembrare, con penetranti occhi neri, la barba anch'essa scura, una mole non indifferente.
"Un'ultima domanda," guarda l'orologio "il tuo cartone preferito?"
Lo osservo stranita.
"Non guardo cartoni."
"Mi riferisco a quando eri piccola."
Il cuore inizia a battermi forte, prendo un respiro e cerco nei meandri delle mie memorie "Non guardavo cartoni."
Il dottor Brawn annota anche questo. "Bene Katherine, ci rivedremo fra tre giorni," distoglie lo sguardo dalla cartella.
Mi alzo titubante. Non so neanche cosa mi aspettavo da uno strizzacervelli assegnato da un ufficio. "Tutto qui?" non riesco a impedirmi di chiedere."
Il viso del dottor Brawn si increspa. "Preferivi che ti chiedessi dello strupro?"
Sbianco e mi aggrappo alla spalliera della sedia per impedire alle mani di tremare.
Non riesco neanche a parlare, faccio solo un semplice segno di diniego col capo.
"Bene. Avremo tempo per parlare di quello e del DSPT."
Mi porge il suo biglietto da visita.
Lo afferro incerta. "Non so neanche se tornerò, " dico più per spirito di conservazione."
Increspa le labbra in un sorriso.È ovvio che non crede alle mie parole.
Angolo autrice:
sono in ritardo, ma alla fine sono riuscita ad aggiornare.
Capitolo di passaggio, forse un po' noioso, ma essenziale.Spero di non avervi annoiato, ma sto trattando un argomento delicato e ci sto andando davvero con i piedi di piombo.
Ditemi tutte le vostre impressioni senza reticenze e grazie a chi voterà e commenterà: il vostro sostegno è importante.
Non ho corretto il capitolo, cercherò di farlo domani.
Cinzia ❤
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Anime avverse
RomanceATTENZIONE - TEMATICHE DELICATE - LINGUAGGIO ESPLICITO- QUESTA NON È LA SOLITA STORIA SDOLCINATA. A TRATTI SARÀ CRUDA E VIOLENTA. I PROTAGONISTI SI ODIERANNO E SI FARANNO LA GUERRA... Kath ha un passato difficile e doloroso con cui convivere. Gli...