9 Capitolo

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Pov Kath
"Buongiorno. "
Sgrano gli occhi al suono della voce di Charlotte. È raro che mi rivolga la parola e adesso che lo fa, mi lascia interdetta, col cuore che accelera improvvisamente i battiti, le mani tremanti aggrappate alla penisola della cucina.
Mi ha solo salutata e la sua voce in realtà era poco chiara, quasi un biascichio, ma questo non vuol dire che mi abbia lasciata indifferente.
Forse è ubriaca oppure strafatta.
Qualunque cosa sia è strano perfino vederla gironzolare a quest'ora del mattino, sono appena le sette e lei di solito non si alza prima delle 11:00.
"Non c'è niente da mangiare?" chiede speranzosa.
Scuoto lentamente il capo.
Lo so con certezza perché la prima cosa che ho fatto appena sveglia è stata quella di mettere la cucina a soqquadro.
Si appoggia alla penisola e si issa su uno sgabello al mio fianco, poi allunga una mano, prende una tazza e versa a sua volta del caffè.
Indossa ancora i vestiti della sera precedente, composti da gonna nera e top argentato.
I capelli biondissimi sono sfatti, il trucco sbavato.
Un tempo era una donna sensuale, gli uomini si giravano a guardarla, ora è pelle e ossa, distrutta dalla droga e dall'alcol.
Il suo aspetto non dovrebbe farmi più effetto e invece me ne fa. Mi chiedo sempre quando è iniziato il suo degrado.
Alcune foto esposte sopra il camino la ritraggono bellissima e piena di vita.
"Tu hai mangiato qualcosa?"
Faccio segno di no. "Più tardi andrò al ricovero," non so neanche perché glielo dico, credo abbia smesso di interessarsi alla mia vita, ma oggi c'è qualcosa di diverso.
Scaccio questi pensieri quando un crampo alla pancia mi fa sussultare.
Ho fame ed è umiliante.
Ho diciassette anni e le ragazze della mia età non credo pensino a come procurarsi il cibo.
Non so neanche cosa fanno le ragazze della mia età.
Finisco il caffè e me ne verso un'altra tazza.
"Perché non indossi qualcosa di carino?" la voce di Charlotte mi riporta a lei.
Estrae una sigaretta dal portasigari abbandonato sul ripiano, l'accende, la porta alle labbra e ne aspira lentamente il fumo.
Non rispondo alla sua domanda, continuo a sorseggiare il caffè ormai freddo.
Per diversi minuti scende il silenzio.
"Sei carina."
Porto lo sguardo ancora su di lei. "Oggi sei in vena di far conversazione," dico amara.
Mi guarda e il mio cuore si restringe in una morsa dolorosa.
Mi ha detto che sono carina.
Non bella, solo carina.
Non so neanche come funzionano le cose fra mamma e figlia, ma dovrebbe trovarmi almeno bella.
Questo carina brucia, ma mi fa anche sperare che le cose possano cambiare, che un giorno si accorga di me.
Forse se ne sta accorgendo.
"E la scuola come va?"
"Và, " dico semplicemente. Non do spiegazioni, non dico che sono la prima di ogni corso, che sto facendo di tutto per prendere la borsa di studio e andare al college, perché non esiste che si interessi alla mia vita solo adesso.
"Oggi lavori?"
Rilascio un altro sbuffo. "Sono stata licenziata," dico monocorde.
Non è particolarmente sorpresa di apprenderlo, negli ultimi mesi sono stata licenziata quattro volte e a questo punto dubito di riuscire a trovare un altro lavoro.
Margheret Clark sta rendendo particolarmente difficile la mia permanenza a Stamford.
Un rumore proveniente dall'altra stanza attira la mia attenzione.
" Sarà Bill."
Mi paralizzo, poso la tazza e cerco di mantenere la calma, mentre il cuore accelera improvvisamente i battiti.
"Avevi detto... che non sarebbe tornato in questa casa," sussurro tremante.
Parlo pianissimo e non sono nemmeno certa mi stia ascoltando.
La vedo sfregare i palmi fra loro. "Lo so, ma abbiamo un'affare in corso e..." fa una pausa "ci ho parlato e dice che non ti disturberà."
Rabbrividisco.
Gli affari di Charlotte li conosco bene, quasi sempre implicano cose fuori legge.
Mettono me in mezzo perché non avendo raggiunto i ventun'anni di età posso sempre cavarmela con una penale.
Qualche volta sono finita in carcere, ma me la sono sempre cavata.
Ma ora è diverso, se voglio aver accesso alla borsa di studio e andare al college non posso combinare casini.
Quando Bill fa il suo ingresso, seguito da Mike, rischio di soffocare.
Anche se non mi ha più toccata, vederlo mi procura perfino nausea.
Mi alzo. Vorrei abbandonare la stanza velocemente, ma sono impaurita e mi muovo quasi a rallentatore.
Bill ha dormito fuori casa stanotte, mentre Mike dorme sul nostro divano da circa tre giorni.
Non è un poveraccio e se sta qui è perché c'e in gioco qualcosa di grosso.
Una volta entrato mi fissa per diversi secondi prima di avvicinarsi.
Reprimo un brivido di repulsione quando mi cala il cappuccio della felpa.
Mi scosto alla velocità della luce e reprimo un conato quando lo vedo leccarsi le labbra.
Per quanto io sia forte e determinata a non lasciarmi sopraffare, ho solo diciassette anni e il mio essere debole ogni tanto ha la meglio.
Non sono in grado di ribellarmi a Bill, né di gestire Charlotte.
L'unico sentimento capace di dominarmi è la paura.
E la paura fa fare cose strane.

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