14 Capitolo

80 9 6
                                    

Pov Will

"Se vuoi puoi restare," la voce languida di Karen mi fa riaprire gli occhi.
Siamo al dormitorio, nella sua stanza, nel suo letto.
Dalla finestra penetra una lieve luce opalescente, smorzata in parte dai tendaggi blu e proveniente dai lampioni.
Accendo l'abat jours.
"Domani non ho lezione," tenta di convincermi. La sua mano inizia a disegnare grigori sul mio torace.
Karen è completamente nuda, i capelli biondi le coprono il viso e sul fianco ha un tribale a cui durante il sesso sfrenato neanche ho fatto caso.
Guardo l'orologio. "È l'una."
"E allora?" si stiracchia e si  mette seduta mostrandomi la sua nudità senza alcun pudore.
È praticamente perfetta: il seno grande, il ventre piatto, le gambe toniche.
"Domani ho lezione."
"Io no," parla in modo stucchevole. "Potresti andare tranquillamente pur restando qui... Meredith non torna stanotte."
Storco le labbra. "Non dormo con le ragazze." Mi alzo e indosso velocemente i jeans, la maglia e per ultimi scarpe e giubotto di pelle.
A questo punto anche la bionda si alza.
Si dirige verso l'armadio mostrando il suo sedere tondo e recupera una felpa.
Poi si gira senza indossarla, trattenendola semplicemente contro il seno.
"Beh il mio numero ce l'hai," dice con una smorfia sbattendo le lunghe ciglia "dubito che mi chiamerai, ma ci provo."
Non do neanche peso alle sue parole.
Se crede che per me abbia significato qualcosa al di là del buon sesso, si sbaglia.
Karen vuol far carriera, lo sanno tutti e accaparrarsi uno ricco sfondato sarebbe la sua fortuna.
Per questo faccio sesso protetto al cento per cento.
Del resto l'amore non lo cerco, forse neanche ci credo.
A parte Mel e mio fratello non amo nessuno.
Anche se quello che nutro per loro è più un affetto fraterno.
Non ho bisogno d'altro. Ho visto come l'amore può essere distruttivo e me ne sto alla larga.
Scopo solo con ragazze che m'attizzano.
Punto.
Le amiche invece le tengo fuori dal letto.
Non confondo mai le cose.

***

Esco dalla stanza di Karen e mi avvio verso l'uscita del dormitorio.
Anche se è tardi preferisco far ritorno nel mio appartamento.
Un po' per mantenere le distanze.
La regola che seguo è la solita: solo sesso senza alcuna emozione al di là della carne.
Inizio a scendere le scale che portano verso l'atrio, quando vengo bloccato da una furia che mi finisce addosso.
Il casco scivola dalla mia presa ruzzolando per le scale e sbatacchiandosi sul pianerottolo dabbasso con un tonfo infernale.
La tizia finisce per terra, mentre io riesco a mantenere l'equilibrio, forse grazie alla mia mole.
"Ti sei fatta male?"
Quando la ragazza alza il capo e mi guarda, quasi mi pento della domanda fattale.

La ragazza è Katherine Johnson.

Faccio una smorfia appena la riconosco. "Sei sempre fra i piedi," dico duro.
Maltrattarla è più forte di me.
Si rialza con un grugnito.
"Se non sbaglio fra i due sei tu che non alloggi qui."
Ha il volto arrossato e gli occhi lucidi.
Non ci vuole un mago per capire che oltre a essere stanca è visibilmente turbata.
Forse sta male.
"Stai tornando da lavoro?"
La domanda esce dalla mia bocca prima che possa riflettere.
Non so che mi prende, in genere non mi sono mai interessato alla sua vita.

"Non sei quello a cui non interessa niente di me?" chiede tagliente

Ecco, appunto.

"Sì, " mi passo una mano fra i capelli "qualcosa del genere, ma mi sei piombata addosso, quindi mi devi qualche spiegazione."
Non so perché me ne esco così.
Invece di rispondere mi supera e prosegue verso la sua stanza.
La seguo senza pensarci due volte.
Come se già conoscesse le mie intenzioni, la mora comincia a correre, anche se con passo malfermo.
Non si gira mai a guardarmi, giunge davanti la porta della sua stanza, inserisce la scheda e subito dopo il codice.
So che sa perfettamente della mia presenza alle sue spalle.
"Ti consiglio di andare via, altrimenti mi metto a gridare," dice cercando di entrare.
La conosco da troppo tempo, più di quanto vorrei e non l'ho mai vista così stravolta.
Istintivamente serro il suo polso fra le mie mani non appena prova a varcare la soglia.
"Lasciami." Non urla, ma strattona il polso con tanta veemenza da costringermi a farlo.
Probabilmente si è anche fatta male.
Lo vedo da come inizia a massaggiarsi l'arto.
"Non devi toccarmi." Scandisce le parole con forza guardandomi con furia.
"Josie non c'è?"
"Non sono la sua balia. Forse tornerà ubriaca, ti avviso che non sarà colpa mia."
Senza darmi il tempo di rispondere si avvicina con foga all'armadio, tira fuori un cambio, della biancheria, un accappatoio e intimandomi di uscire con un cenno si precipita nuovamente fuori.

Anime avverse Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora