15 Capitolo

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Pov Kath

"Non lo dirai a nessuno."
Le parole mi arrivano a intervalli. Il dolore è talmente forte che non riesco neanche a respirare.
Sono per terra, nella mia stanza.
Lo so perché sento il gelo del pavimento sotto di me, le increspature del legno, l'odore di bergamotto preso in prestito dalla signora Collins.
Le lacrime mi imbrattano gli occhi.
"Non ti dirò che mi stavi facendo impazzire, solo che hai pagato il prezzo della tua permanenza in questa casa."
Quella voce è così famigliare.

"Non ho abusato di te, ho preso quello che mi offrivi."

La nausea mi assale.
Mi duole la pancia, le gambe mi fanno malissimo come ogni parte del corpo.
Adesso so perché non posso aprire gli occhi, farlo renderebbe tutto reale.
Così resto per terra, con i jeans slacciati e il respiro corto. Spaventata a morte, sanguinante, sola.

Dove sei Charlotte?

"Tanto nessuno ti crederà ..."

Bill. Il nome affiora all'improvviso nella mia mente.
Bill il compagno di mia madre che ho scoperto essere uno spacciatore.
Vorrei dirgli di smetterla di parlare, che voglio stare in silenzio, ma non riesco a muovermi, né ad articolare parola.

Sono rotta. È l'unico pensiero che mi sta lacerando.
Rotta come una bambola. Come quelle riposte sulla mensola e che non ho mai avuto il coraggio di buttare.

"Tutti sanno che sei una poco di buono, nessuno ti crederà..."
Mi tappo le orecchie con le mani, ma le parole arrivano lo stesso.
"Scommetto che ti è piaciuto."
Lo sento rinchiudersi la cerniera dei pantaloni, e poi finalnente odo il rumore prodotto dalle suole delle scarpe contro il pavimento.

Rimasta sola apro gli occhi e cerco di mettermi seduta con scarso successo.
L'unica cosa che riesco a fare è addossarmi alla parete tinta di rosa.
Tremo fortissimo e mi scendono altre lacrime.
Finora Bill era stato gentile con me, più di molti altri uomini che aveva avuto mia madre, ma capisco che l'idillio si è spezzato.
Per terra c'è ancora il mio cellulare.
Altre lacrime mi bagnano gli occhi quando leggo la mole spropositata di messaggi da parte di James.

"Dove sei?"

"Avevamo un appuntamento. "

"Devo preoccuparmi?"

Scrivo e cancello più volte una risposta, prima di optare per una mezza verità.

"Non sto bene, ci vediamo domani a scuola."

***

Da quando ho aperto gli occhi mi sento a pezzi.
Ho seguito i corsi della mattina a stento, più preoccupata di non incontrare Prisley, Butler e di prendere una decisione riguardo al mio futuro che ad altro.
La tentazione di tornare alle felpe con cappuccio è stata forte, ma poi ho optato per un paio di leggins e un maglione abbastanza grande. Al collo ho messo una sciarpa a tinta unita.
La violenza di Prisley mi ha fatto fare un tuffo nel passato.
Sono tornata al dormitorio nel primo pomeriggio e mi sono rintanata sotto le coperte, incapace perfino di studiare ho optato per una lettura leggera.
"Sì può sapere che ti succede?"
Sposto lo sguardo dal libro a Josie che è appena rientrata con una busta di cibo fra le mani.
"Ho mal di testa," mi lamento massaggiandomi le tempie.
Josie mi rifila un'occhiata poco convinta, si toglie la giacca scamosciata, i tacchi e viene a sedersi sul letto.
"Sembri uscita da un campo di concentramento," dice tirando fuori un muffin dal sacchetto e porgendomelo.
Sbuffo accettando di buon grado il dolce."Ti direi che somigli a mia madre comportandoti cosi, ma sappiamo entrambe che Charlotte era tutto fuorché materna."
Questa volta è il suo turno di sbuffare.
Addenta il suo muffin. "Allora? Si può sapere che hai?" Alza l'indice per ammonirmi. "La verità." 

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