17 Capitolo

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Pov kath

"Pronto, telefono per l'inserzione, quella riguardante la ricerca di una cameriera con esperienza."
Seduta sul letto a gambe incrociate picchietto con la matita sulla lista stillata nei giorni scorsi.
"Posto occupato," risponde una voce maschile, leggermente baritonale dall'altro capo del telefono.
"Ok."
Chiudo la chiamata e cancello il nome dall'elenco.
"Ancora niente?" si informa Josie senza abbandonare il rifugio offerto delle coperte.
È all'incirca da un'ora che tergiversa sul doversi alzare senza poi farlo effettivamente.
Non rispondo, mi limito a scuotere il capo.
Oggi lei e Nelly non andranno a lezione e si
sono organizzate per un tour nei centri commerciali, complice il fatto che siamo vicini al Thanksgiving Day e devono tornare a casa.
I corsi saranno sospesi per una settimana.
Josie raggiungerà i suoi nonni nell'Ohio e Nelly suo padre nel Montana, a Sidney.
Inizio a comporre il secondo numero a disposizione.
"Pronto," vengo raggiunta da una musica assordante e automaticamente allontano il dispositivo dall'orecchio.
Fisso il numero per accertarmi di non aver fatto errori nella composizione e lo riporto all'orecchio. "Cercate ancora una lavapiatti?"
Nessuna risposta.
"Allora?" si informa ancora Josie.
"Hanno riattaccato."
Trovare un nuovo lavoro si sta rivelando un'impresa ardua.
Avvio l'ennesima chiamata.
Numero occupato.

Ci rinuncio. Mi verrebbe voglia di scagliare il telefonino contro la parete.

Dopo l'aggressione di Prisley non sono più tornata a Jeckson Height  e sono sicura di non volerci mettere più piede.
Per questo motivo sto cercando un nuovo lavoro, possibilmente non troppo lontano dal Queen
Ma finora a parte un lavoro come ragazza consegne non ho trovato nulla.

Abbandono la lista sul comodino insieme al telefono e ripesco un libro di Agatha Kristie iniziato la sera prima.
A differenza di Josie, anche se è il penultimo giorno di lezione prima del ringraziamento, ho deciso di presenziare.
Sul collo porto ancora i segni della violenza di Prisley.
Adesso sono migliorati, ma mi ricordano in continuazione che le cose non sono poi così tanto cambiate, e anche se vivo una vita diversa, senza Charlotte e le complicanze da essa portate, la gente sa, ricorda.
E questa consapevolezza mi fa sentire fragile e terribilmente insicura.
Così anche se ho detto a Josie che resto, che non vado da nessuna parte, ogni tanto mi viene realmente voglia di partire, perché ho paura.
E finora la paura non l'ho mai combattuta, ma refuggita. Quindi, tutta questa situazione è strana.

"Continuando così dovrò accettare di consegnare pizze a domicilio," mi lamento ad alta voce tornando alla realtà cercando di non pensare al flusso dei miei pensieri scombinati.
"Il cibo mi piace, " commenta la bionda "sono i gialli che non sopporto." Chiaramente si riferisce alla mia lettura.
"Niente romanzi vero?"
Abbandono il libro sul grembo. "Li leggo i romanzi. Orgoglio e pregiudizio è il mio libro preferito."
"Non mi riferisco a questo, sfido chiunque a non aver letto di Jane Austen. Mi riferisco ad altro, tipo Cinquanta sfumature di grigio, Il ragazzo che entrò dalla finestra e si infiló nel mio letto..."
Roteo gli occhi. "Sono commerciali," la interrompo "non leggo quella roba."
"Si, ma..." si interrompe quando il mio telefono inizia a squillare.
Entrambe fissiamo il dispositivo.
Il nome di Butler troneggia in bella vista facendomi accartocciare le viscere.
"Non rispondi?"
Sbuffo e lo lascio sul comodino come se scottasse.

Sono giorni che William Butler continua a chiamarmi, e io che lo evito.

"È ancora lui? Potresti almeno sentire cos'ha da dirti," cerca di convincermi.

"Mi ha chiesto di ignorarlo," dico non appena il dispositivo smette di squillare "ed è quello che sto facendo."

"Sicura non c'è mai stato niente fra voi?" chiede ancora.
Mi sento avvampare, perché non posso fare a meno di pensare al bacio rubato, anche se non ha significato nulla per entrambi, ma è qualcosa di troppo intimo per non pensarci.
"Certo. Almeno che tu non alluda ai suoi tentativi di denigrarmi o farmi espellere al liceo, al fatto che mi incolpa ancora della morte di James e che mi creda una specie di arrampicatrice sociale," cerco di apparire ironica, ma mi esce solo una voce amara.
"E ora?"
"Cosa?" Sento ancora un leggero velo d'imbarazzo colorarmi le guance.
"Cerca di metterti in cattiva luce? È..." tentenna qualche secondo portando pensierosa l'indice al mento "violento?"
Sbuffo. "Adesso è diverso."
"Perché?"
Non credo sia mai stata così curiosa come in questo momento. Ma del resto sono consapevole che quella che era una semplice convivenza si sta trasformando in una sorta di amicizia.
"Beh, non siamo più ragazzini e non può venire a tirarmi i capelli," cerco di scherzare "però continua a odiarmi. Di questo ne ho la certezza."

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