15.

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L’arrivo delle vacanze aveva portato ad Alec solo cose belle. L’assenza della scuola era una di queste, insieme al fatto che potesse dormire un po’ di più senza avere l’incubo di doversi svegliare in tempo per riuscire a far coincidere il suo tempo dedicato alla doccia con altre cinque persone prima delle otto del mattino. Il suo compito di biologia era andato benissimo e le interrogazioni di fine semestre pure. Poteva ritenersi soddisfatto e sentiva di meritarsi un po’ di sano relax. La sua idea di vacanze comprendeva il non fare assolutamente niente, crogiolarsi nella pigrizia e leggere i romanzi che non poteva leggere durante il periodo scolastico, o rintronarsi il cervello con qualche serie tv che non trovava mai il tempo di guardare. Aveva un sacco di episodi arretrati e aveva tutta l’intenzione di recuperarli.
Di certo, non aveva messo in conto che Magnus non avrebbe assecondato nemmeno uno dei suoi piani. Infatti, quando gli aveva annunciato come avrebbe voluto passare almeno l’inizio delle sue vacanze, prima di iniziare i compiti, Magnus l’aveva guardato di traverso, socchiudendo un occhio solo, scrutandolo come se stesse cercando di capire se fosse serio o lo stesse prendendo in giro. Alec si era un tantino offeso per quell’occhiata, ma aveva cercato di non darlo a vedere. Almeno non fino a quando Magnus gli aveva detto: «Non se ne parla nemmeno. Non ti rinchiuderai in casa una settimana senza di me! Non vuoi passare del tempo insieme?»
Al che, lui gli aveva risposto che passare del tempo con lui era l’unica cosa che voleva fare, ma ciò non significava che non potesse anche dedicarsi ad attività perdi giorno, quando non erano insieme. L’avrebbe fatto la sera, dopo che avrebbero passato i pomeriggi insieme, ma Magnus aveva incrociato le braccia al petto e si era imbronciato, dicendo che lo feriva il fatto che non l’avesse inserito nei suoi piani vacanzieri.
Con il senno di poi, Alec aveva capito che era stata tutta una messinscena, un subdolo modo per farlo sentire in colpa e convincerlo a fare qualcosa che, sapevano benissimo entrambi, lui detestava fare: shopping.
Il piano di Magnus, Alec ci avrebbe scommesso la testa, era quello fin da principio: trascinare Alec per i negozi in cerca di regali per i loro amici, facendolo girare come una trottola impazzita per tutte le strade di New York. Tutte.
Erano stati in un negozio per comprare un set di fasce per capelli per Cat, in un altro per trovare una camicia per Raphael – che Magnus aveva appositamente comprato azzurra perché almenoquel degenerato smette di vestirsi come un becchino(parole di Magnus, non sue. Alec e Raphael tendevano entrambi a vestirsi di nero, quindi non aveva niente da obiettare) – e una maglietta con lo stemma degli Stark per Simon.
Alec cominciava ad essere stanco di entrare ed uscire dai negozi, carico di sacchetti perché, ovviamente, quando Magnus faceva shopping di certo non si limitava a comprare cose per gli altri. In media, rimanevano dentro ad ogni negozio per almeno quaranta minuti e finiva sempre per provarsi qualsiasi cosa trovasse di proprio gradimento, comprando almeno metà delle cose.
Era pieno pomeriggio, quando, dopo aver trovato un astuccio pieno di matite colorate da regalare a Clary, Magnus afferrò Alec per un braccio, stringendolo in una salda presa, e si bloccò in mezzo alla strada. Alcuni passanti si lamentarono, quando si scontrarono con loro, ma proseguirono. Alec, invece, con ancora la mano anellata di Magnus artigliata al suo braccio, si voltò verso il suo ragazzo, trovandolo a guardare un negozio con aria più sognante del solito. Seguì, quindi, la traiettoria del suo sguardo e…
“Magnus, no.”
Magnus si aprì in un enorme sorriso da stregatto. “Magnus, sì.”
“Non pensarci nemmeno.”
L’orientale si voltò verso il suo ragazzo. “Dai, tesoro, ti prego.”
“No. Mai. Assolutamente no.”
“Per favore, passerotto. Devo ancora comprare il regalo per la tua deliziosa sorella.”
“Allora accomodati.” Ribatté sarcastico Alec, facendogli cenno con la mano di entrare senza di lui. “Ho passato gli ultimi tre anni ad evitare posti simili, resistendo alle insistenze di Isabelle e sai meglio di me quanto può essere insistente. Non entrerò.”
Magnus sporse il labbro all’infuori, i suoi occhi si fecero grandi e luccicanti. Aveva messo su quell’espressione da cucciolo a cui Alec non sapeva dire di no. Accidenti a lui, sapeva quali erano i suoi punti deboli e detestava quando li usava a suo vantaggio!
“No!” si impose, ma il suo tono non risultava così convincente come avrebbe voluto. Magnus, siccome sapeva giocare le sue carte, si avvicinò ad Alec, spalmandosi contro il suo fianco in modo che il suo corpo aderisse completamente a quello di Alec, e cominciò a strofinargli il naso sulla guancia, continuando poi a lasciargli piccoli baci seguendo il perimetro della sua mascella, scendendo piano verso il collo.
“Smettila.” Disse Alec, il cui corpo era coperto di brividi che non avevano assolutamente nulla a che fare con il freddo della temperatura esterna.
“Entriamo?”
“No.”
Magnus gli succhiò senza pudore alcuno la pelle sensibile del collo, all’altezza della giugulare.
“Magnus.” Ringhiò gutturale Alec, il cui autocontrollo cominciava ad indebolirsi, allontanando solamente il viso di quel tanto necessario affinché riuscisse a guardarlo negli occhi. Le iridi ambrate di Magnus lo stavano fissando con malizia e Alec conosceva il significato di quello sguardo ammaliatore: Magnus aveva qualcosa in mente.
“Voglio proporti un accordo. Tu entri insieme a me e io farò una sorpresa a te.”
“Sai che non è un vero accordo, giusto? Io faccio qualcosa per te e tu farai qualcosa che piace fare a te facendola passare per una sorpresa per me.
Magnus lo guardò con tenerezza. “Quanto amo il tuo cervello contorto, cerbiattino.” Gli baciò velocemente le labbra. “Ma ti prometto che ti piacerà.”
Alec si arrese all’inevitabile: Magnus non era Isabelle e, sebbene sua sorella sapesse essere molto persuasiva, Magnus aveva mezzi a cui non sapeva resistere. I suoi bellissimi occhi, ad esempio. O la sua bocca appiccicata al collo di Alec proprio in quel momento.
“D’accordo, ma smettila di comportarti così.”
Magnus si morse l’interno delle guance per non ridere. “Perché, altrimenti dobbiamo cercare un camerino libero?”
Alec colse la tutto tranne che velata provocazione di Magnus e decise che, anche se le sue guance erano diventate cremisi, avrebbe assecondato il suo gioco. “Ovviamente no. Ma solo perché da Sephora non hanno i camerini.”
L’espressione stupefatta che si stampò sul viso di Magnus, decise Alec, poteva già essere una ricompensa al fatto che stava per entrare in un negozio di trucchi.

I got all I need when I got you and I Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora