6.

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L’idilliaco weekend di Alec fu spazzato via dalla brutalità della realtà e del lunedì mattina, accompagnato dall’insistenza di una sveglia che, prima o poi, avrebbe davvero scaraventato contro il muro. Quando aprì gli occhi gli sembrò di essere uscito da un sogno durato troppo poco: l’atmosfera creatasi in quei due giorni che aveva passato insieme a Magnus, si stava disintegrando come vetro sotto al peso della cruda realtà, ricordandogli che, per quanto fosse stato bene in quei giorni, i suoi comportamenti a scuola dovevano tornare ad essere controllati per una serie di motivi che cominciava ad odiare, ma dei quali aveva ancora paura per liberarsene definitivamente. Primo: se fosse stato tanto esplicito come lo era stato il giorno prima a Central Park sarebbe stato impossibile equivocare il suo orientamento sessuale e di conseguenza sarebbe stato il primo studente a fare coming out. Da qui, il secondo motivo: se fosse venuta fuori la verità, era sicuro che Imogen Herondale avrebbe impiegato una cosa come tre secondi e mezzo per informare i suoi genitori della scioccante e oltremodo inaccettabile situazione.
In poche parole, il mondo era tornato ad essere ingiusto, ma almeno sembrava meno schifoso. Ed Alec sospettava fortemente che il motivo di tale impressione fosse proprio Magnus, che faceva sembrare ogni cosa migliore. Chissà solo se era disposto a tenere segreto il loro rapporto, per adesso. Aveva paura di chiedergli troppo.
“Alec, riesco a sentire gli ingranaggi del tuo cervello muoversi da qui.”
Jace alla sua sinistra, si era voltato in costa per riuscire a guardarlo meglio.
“Stai fissando il soffitto da almeno cinque minuti,” continuò il biondo, “ti ho salutato e non mi hai risposto, come se non mi avessi nemmeno sentito. Vuoi dirmi cosa c’è?”
Alec si lasciò andare ad un sospiro pesante, afflitto. “È lunedì.” Disse, come se Jace avesse potuto capire ogni cosa. Ma, per quanto, di solito, le loro menti viaggiassero sullo stesso binario, quella mattina Jace dovette chiedere qualche spiegazione in più per riuscire a capire l’umore del fratello.
“E quindi?”
Alec voltò la testa di lato, per riuscire a guardare Jace. Erano così diversi, pensò. Opposti, non solo caratterialmente, ma anche fisicamente. Jace era biondo, luminoso come il giorno, Alec era moro, ombroso come la notte.
Erano il sole e la luna ma, contrariamente a quanto succede ai corpi celesti, che non stanno mai in cielo nello stesso momento, Jace e Alec non avrebbero potuto vivere separati. Non potevano fare a meno uno dell’altro, troppo uniti nel profondo per essere in grado di rinunciare uno all’altro.
Ciò che li univa andava al di là di qualsiasi legame di sangue. Era forte, calcificato nelle loro anime.
Alec ripensò momentaneamente alla storia che aveva raccontato a Magnus, quella su come si era procurato la cicatrice, e con la mente vagò al pomeriggio passato in ospedale per mettere i punti. Maryse guardava con apprensione il figlio mentre, con la schiena nuda rivolta verso il dottore, si faceva visitare da quest’ultimo. Alec ricordava le mani calde dell’uomo sulla sua pelle, così in contrasto con la temperatura fredda degli strumenti metallici che usava per visitarlo. Ricordava bene lo sguardo angosciato impresso nelle iridi scure – e di norma indecifrabili – della madre, ma ancora meglio ricordava l’espressione preoccupata e terrorizzata di Jace. Era spaventato all’idea che potesse succedergli qualcosa e Alec sapeva che si sentiva in colpa, anche se colpa sua non era. Era stato lui ad accettare quella sfida.
‘Dobbiamo mettere dei punti, signora. Ma non è niente di grave.’ 
A quelle parole, Maryse si era lasciata andare ad un sospiro liberatorio, rilassato.
‘Quando può metterglieli?’
‘Anche subito, signora. Può aspettare fuori, se vuole.’
‘No, preferisco rimanere, se posso.’
‘Certo. E tu, piccolo?’ 
Il dottore aveva guardato Jace, rimasto in silenzio a fissare Alec fino a quel momento.
‘Rimango anche io, signore. Alec starà bene?’
‘Alec starà benissimo. Gli rimarrà solo una cicatrice.’
Jace aveva annuito e si era avvicinato al fratello. Non si erano detti nulla, non si erano nemmeno toccati. Jace era semplicemente rimasto al fianco di Alec mentre il medico gli faceva passare un ago da un lembo di pelle all’altro, chiudendo la ferita. In quel momento, entrambi capirono che quello sarebbe stato il loro posto per tutta la loro vita: uno di fianco all’altro. Insieme, per sostenersi, per coprirsi le spalle.
“Alec, sono consapevole della mia ultraterrena bellezza, ma potresti smettere di fissarmi? Inizi a spaventarmi, sicuro di stare bene?”
“Sto bene… sono solo preoccupato.”
“Per cosa?” Jace tornò serio.
“La quotidianità. Questi giorni con Magnus sono stati bellissimi, ma so che a scuola non posso comportarmi come ho fatto in questo weekend.”
“Perché le voci girerebbero e quell’arpia della Herondale spiffererebbe tutto a mamma e papà.”
“Esatto.”
“Che palle. La odio.” Jace sbuffò, frustrato.
“Mi preoccupa anche un’altra cosa,” cominciò Alec, in un sussurro. Non era abituato ad essere così eloquente riguardo le sue questioni, tendeva sempre ad ascoltare gli altri, piuttosto che parlare di sé, ma Jace gli aveva chiesto se avesse cominciato a parlare anche con lui, coinvolgendolo di più, ed era quello che Alec voleva fare.
Jace si sistemò meglio sul fianco, un braccio sotto al cuscino, “Cosa?”
“Dovrei tenere segreto il rapporto con Magnus, ma ho paura di chiedergli troppo…”
“Alec,” cominciò Jace, un sorriso rilassato ad aprirgli il viso, “Quel ragazzo farebbe di tutto, per te. Se gli chiederai di aspettare, lui lo farà.”
“Ma non è giusto nei suoi confronti.”
“Nemmeno forzarti a fare qualcosa che non vuoi fare è giusto.” Ribatté. “Parlargli. Sono sicuro che arriverete ad un compromesso.”
“Tu dici?”
“Dico. Sono piuttosto sicuro che sono poche le cose che Magnus non farebbe pur di continuare a vederti.”
“Vuoi dire che lo conosci meglio di me?” scherzò Alec.
Jace rise: “Anche se fossi interessato, dubito che l’interesse sarebbe reciproco. Quel ragazzo è completamente immune al mio fascino stratosferico.”
Alec si lasciò andare ad una risata, “Un caso unico, insomma.”
“Esatto! Come pensi possa sentirsi il mio ego?”
“A pezzi, immagino!”
Jace si girò a pancia in su, una mano sopra ad essa per cercare di placare la risata. “Sul serio, Alec. Gli piaci da morire, si vede da come ti guarda. Troverete una soluzione, ne sono sicuro.”
“Lo spero, davvero.”

I got all I need when I got you and I Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora