7.

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Pensava ai cambiamenti, Alec, quando guardava la foto insieme a Magnus, scattata due settimane prima e custodita in una cartella segreta del suo cellulare. Avrebbe tanto voluto usarla come sfondo, quella foto dove loro due erano insieme, le labbra di Magnus sulla propria guancia e sul viso quel sorriso spontaneo che non riusciva mai a trattenere quando si trattava di lui. Magnus si trovava nei paraggi e Alec, istintivamente, sorrideva.
Magnus sorrideva e ad Alec veniva naturale ricambiare quel sorriso come respirare. Era impossibile per lui non farlo. Così come gli veniva impossibile non prestare ascolto a ciò che un angolo del suo cervello gli suggeriva ogni volta che era in sua compagnia: che ruolo avevano uno nella vita dell’altro? Per Alec, rispondere era tutt’altro che facile perché non era sicuro di come chiamare la loro relazione. O meglio, lui definiva Magnus il suo ragazzo e si reputava a sua volta il ragazzo di Magnus, ma sebbene sentisse un senso di appartenenza legarlo all’altro, non aveva mai esposto la questione ad alta voce. E questo lo faceva pensare ai cambiamenti. Magnus gli aveva piacevolmente stravolto la vita. Era stato tante cose per lui: il suo primo bacio, il suo primo appuntamento, sebbene non ne avessero avuto uno ufficiale. Ed era stato il primo a cui non aveva mostrato la sua dura corazza di diffidenza e sarcasmo. E questo cambiamento gli piaceva. Meno gli piaceva di l’idea di apportare cambiamenti al loro rapporto solo perché sentiva la necessità di dargli un nome. Eppure… eppure una parte di lui moriva dalla voglia di poter parlare di Magnus definendolo il mio ragazzo – cosa che, ovviamente, avrebbe potuto fare solo con i suoi fratelli, ma era già qualcosa. Si sentiva uno sciocco, a tratti infantile, a provare desideri simili. Dopotutto, che necessità c’era di etichettare quello che avevano quando l’importante era che l’avessero?
“Alec,” Izzy lo fece sussultare. Indossava la divisa della squadra di lotta – aderente come una seconda pelle – e portava i capelli legati in due spesse trecce attaccate alla testa, le cui estremità scendevano sulle spalle. Si sedette al tavolo della mensa occupato, fino a quel momento, solo da Alec. “Devo farti una proposta,” La ragazza adocchiò Jace sulla porta e gli fece cenno di avvicinarsi. Il biondo, con un vassoio carico di cibo, reduce di una lezione di fisica, raggiunse i fratelli e si sedette al fianco di Alec.
“Gliel’hai già detto?” domandò, agganciando le sue brillanti iridi bicromatiche a quelle carbone di Isabelle.
“Dirmi cosa?” domandò Alec, allarmato. Quando Jace e Izzy facevano piani tra di loro non finiva mai bene per lui.
“Andiamo al Pandemonium, venerdì sera.” Squittì sua sorella.
Il Pandemonium, per Alec, aveva lo stesso significato funesto che hanno gli iceberg per il Titanic: non importa quanto speri in un finale diverso, Jack Dawson finirà sempre a fare compagnia ai pesci sotto forma di ghiacciolo. Alec, allo stesso modo, aveva sempre finito per fare da tappezzeria ogni volta che aveva messo piede in quel locale. Non sapeva ballare, era completamente negato, così ogni volta si trovava appoggiato al muro nell’attesa che i suoi fratelli si stancassero di spacciare le loro mosse da macachi ubriachi per dei passi di danza e andare a casa.
Ok, forse Isabelle era brava e attirava su di sé sguardi che un fratello non vorrebbe mai vedere rivolti alla propria sorella, ma non era questo il punto. Il punto era che, per una volta, aveva la possibilità di sottrarsi a quella tortura.
“Ho un impegno, venerdì.”
“Ma davvero?” domandò scettico Jace, un biondo sopracciglio alzato.
“Sì,” rispose deciso Alec, “Facciamo i baby-sitter.”
Facciamo?” Isabelle si lasciò sfuggire una risata eloquente, “Riservi a te stesso un pluralis maiestatis o tu e Magnus siete diventati una coppia che usa sempre il noi?”
Alec si agitò sulla sedia, che improvvisamente sembrava troppo scomoda.
“Io e Magnus non siamo una coppia.” Borbottò, anche se il filo dei suoi pensieri stava tornando a galla.
Isabelle emise un verso canzonatorio con il naso e lanciò un’occhiata complice a Jace, “Hai sentito? Lui e Magnus non sono una coppia!”
Jace si puntellò il mento con l’indice: “Aspetta, mi stai dicendo che sbaciucchiarsi e mandarsi messaggini sdolcinati non è una cosa che fanno le coppie?”
“Smettila!” sibilò Alec, rosso in viso. Perché aveva deciso di ascoltare quei due? Non portavano mai cose buone, quando le loro piccole menti diaboliche cooperavano. Erano come la dinamite e la nitroglicerina. Pessima combinazione.
“E non dimenticare le foto insieme!”
“Già! Quante volte l’hai guardata, oggi, quella foto?”
Alec riservò un’occhiata assassina ad entrambi. “Vi odio. Profondamente.”
Isabelle rise, tirando indietro la testa, “Avanti, Alec. Stiamo scherzando!”
“Sì, fratello. Non te la prendere!”
Alec stava per rispondere con una parolaccia rivolta ad entrambi, invece…
“Di cosa non se la deve prendere?”
…i Lightwood sussultarono quando quella voce conosciuta giunse alle loro spalle. Si voltarono all’unisono, come in una scena comica di un cartone animato. Magnus li guardava dall’alto, un sopracciglio coperto di glitter alzato, mentre i suoi occhi felini truccati di fucsia scrutavano i tre. Ai suoi lati, come se fossero le ballerine che accompagnavano Beyoncé nel video di Single Ladies, stavano Clary e Simon, curiosi quanto lui di scoprire di cosa stessero parlando i tre fratelli.
“Di niente!” si affrettò a dire Alec, il viso ormai bordeaux.
“Lo stavamo solo prendendo un po’ in giro.” Disse Jace, piazzando una gomitata intercostale al fratello, a cui il maggiore rispose con uno scappellotto secco.
“Devo preoccuparmi?” indagò l’orientale. Alec avvertì il suo profumo al sandalo invadergli le narici e immediatamente si rilassò.
“No,” rispose, “Va tutto bene.”
Magnus lo scrutò ancora per qualche istante e poi si fece spazio tra lui e Jace per sedersi vicino al moro. Il fatto che non potessero toccarsi in pubblico, quando erano a scuola, provocava una sofferenza fisica ad entrambi, che finivano sempre per colmare quella mancanza con la vicinanza. Non era come toccarsi, ma almeno potevano percepirsi.
“Allora, abbiamo deciso per venerdì?” disse Simon, sedendosi a sua volta al fianco di Isabelle.
Alec contrasse il viso in una smorfia sofferente che fece ridacchiare Isabelle.
“Alec ha un impegno,” disse, caricando l’ultima parola di malizia.
“E per quale motivo ci abbandoni?” gli chiese Simon, sinceramente curioso.
“Dobb-” Alec si interruppe ricordando le prese in giro dei suoi fratelli, “Magnus deve fare il baby-sitter e io gli faccio compagnia.”
“Oh.” Simon ci pensò su un attimo, “Oooh,” svirgolò le sopracciglia in direzione dei due interessati. Lui e Isabelle ragionavano allo stesso modo e Alec non era sicuro di non essere spaventato da questa cosa.
“Piantala, Sheldon. Sei inquietante.”
“Simon, Magnus. Mi chiamo Simon, in nome di Dio!” disse il ragazzo, esasperato.
Magnus lo liquidò con un gesto della mano, movimento che provocò un concerto di tintinnii causato dai braccialetti che portava al polso. “Come vuoi, Stuart.”
“Alec, ti prego, intervieni.”
“Non te lo meriti, il mio aiuto, dopo quella… quellacosa. Cosa doveva rappresentare, esattamente?”
Simon alzò braccia e occhi al cielo, un disperato tentativo di non perdere la pazienza. E dire che lui ne aveva da vendere. “Mi arrendo, ragazzi. Due contro uno non vale!”
Entrambi gli rivolsero un sorriso compiaciuto e si batterono un pugno vittorioso sotto il tavolo.
“Ora, sproloqui di Sherman a parte, dove volevate trascinare Alexander venerdì sera?”
Simon roteò gli occhi, ma non commentò quell’ennesimo nome, lasciando che fosse Iz a prendere parola.
“Al Pandemonium!”
“Io adoro quel posto!” disse Magnus entusiasta e Alec reagì con un grugnito che fece sghignazzare Jace.
“Oh sì, anche Alec!”
Il biondo si guadagnò un’altra occhiata omicida da parte del fratello, che appoggiò la schiena alla sedia e incrociò le braccia al petto.
“Che ha quel posto che non va?” domandò Clary, notando la reazione del moro.
“Comprende interazioni umane, Clary,” spiegò Jace, “Alec odia interagire con gli esseri umani.”
“Io odio solo dover stare in un posto pieno di gente che non conosco, che mi tocca in punti che non vogliono siano toccati, costringendomi a stare in un angolo buio fino a che voi due non vi stufate di fare quella cosa ridicola che chiamate ballare e mi venite a cercare per tornare a casa!”
“Io ballo benissimo!” dissero all’unisono Jace e Isabelle.
“Izzy balla bene, tu Jace sembri più qualcuno con lo scheletro di legno.”
“Immagino che la tua sia una valutazione soggettiva, fratello, perché le centinaia di ragazze che si sono strusciate su di m-”
“Ehi!” Clary gli rivolse un’occhiata ammonitrice.
Jace si schiarì la gola, “Voglio dire,” tentò di riprendersi, “se avessi accettato le avances di tutte le ragazze, che ovviamente ho rifiutato, ci sarebbe una lista lunghissima che dimostra il contrario di quello che dici.”
“Come bugiardo fai schifo, Jace.” Sentenziò Clary, una nota di gelosia nella voce. Il fatto che conoscesse la portata dei sentimenti che Jace provava nei suoi confronti non le impediva di essere gelosa delle ragazze che lo guardavano come se volessero mangiarselo.
“Nessuna può reggere il paragone con te, amore.” Il biondo si sporse, circondandole le spalle con un braccio e baciandole una guancia.
Clary arrossì diventando un tutt’uno con i suoi capelli, “Voglio ben sperare,” ma il tono della sua voce si era già addolcito.
Alec li trovava carini, anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce. E li invidiava, li invidiava da morire. Erano liberi di fare quello che volevano, di comportarsi come volevano, di chiamarsi come volevano.
Amore era una cosa importante da dire e sapeva che se Jace l’aveva chiamata in quel modo era perché l’amava davvero. Come si capisce se ami qualcuno? Alec non lo sapeva. Non si era mai innamorato, nella sua vita.
I suoi occhi schizzarono su Magnus, al suo fianco, che stava osservando con maniacale minuzia il suo smalto fucsia, in pendant con l’ombretto, e si chiese se fosse lui la cosa più simile all’amore che avesse trovato in vita sua.
Sapeva di per certo che, almeno stando a quanto detto in ogni singola canzone romantica, l’amore fa battere il cuore più forte del dovuto. E per far sì che il suo cuore accelerasse in maniera spropositata, bastava che Magnus semplicemente entrasse nella stessa stanza dove si trovava anche Alec, figuriamoci quando gli stava vicino, o quando lo baciava. La forza di quell’emozione, che gli saliva dallo stomaco ogni volta che le loro labbra si scontravano, era così intensa che gli faceva bruciare i polmoni e mancare l’aria. Una dolce apnea a cui Alec non avrebbe mai rinunciato. Da qui, si aggiungeva dunque un altro punto: il respiro mozzato.
Sapeva che questi potevano essere dei sintomi più che validi, aggiunti alle mani sudate, al fremito che ogni parte del suo corpo provava quando sapeva che stavano per vedersi, a quella incontenibile felicità che gli faceva esplodere il cuore ogni volta che passavano le giornate insieme.
Forse si stava innamorando di Magnus. E forse gliel’avrebbe anche detto, un giorno. Adesso gli sembrava tutto troppo affrettato, tutto troppo enorme.
“Comunque” Simon lo distrasse dal suo filo di pensieri, “Cosa vogliamo fare?”
“Possiamo rimandare?” propose speranzoso Alec, “Tipo a mai e poi mai?”
“Come sei melodrammatico, Alec!” Izzy roteò gli occhi al cielo.
“Sapete una cosa?” fece il maggiore dei Lightwood, sul viso un sorrisetto scaltro, “Andateci voi. Non vorrei mai farvi rinunciare ad una cosa a cui tenete così tanto solo perché a me non piace farla!”
Izzy e Jace lo guardarono con gli occhi ridotti a due fessure così strette che Alec dubitava riuscissero a vederlo davvero. Non si muovevano quasi mai in sincronia, ma quando lo facevano, Alec li trovava inquietanti al limite dell’umano, roba che Stephen King, a confronto, sembrava uno che racconta barzellette.
Entrambi portarono una mano sotto al mento, all’unisono, continuando a guardarlo in quel modo strano.
Gli stavano letteralmente mettendo i brividi.
“Piantatela di guardarmi in quella maniera!”
“Facciamo così,” intervenne Magnus, alzando gli occhi dalla sua manicure impeccabile, e attirando su di sé l’attenzione di tutti, “Io e Alexander per questa volta saltiamo, ma…” creò un volontario attimo di suspense, “Recupereremo ad Halloween!”
“Vuoi andare al Pandemonium il 31 di ottobre?”
“Non dire sciocchezze, Sherwin! Il 31 di ottobre faremo una festa a casa mia, così voi sbarbatelli potrete bere alcol senza mostrare un ridicolo documento falso a cui non crede nessuno.”
“Sai di avere solo qualche anno più di noi, vero?” avanzò Jace, che sarebbe stato un tantino più pungente se non avesse trovato oltremodo geniale l’idea di Magnus. “Non è che tu sia un essere pluricentenario, o cosa…”
“Questo non puoi saperlo, Drace. Magari ho camminato nei secoli, conosciuto Maria Antonietta, e sono arrivato fino ai tempi moderni. Chi lo sa?”
Jace,” calcò aspro l’altro, ignorando volutamente il resto della frase.
“Non sono l’unico a cui da fastidio, allora!” esclamò Simon.
Alec alzò gli occhi al cielo e ignorò quel teatrino, “Sei sicuro che non ti causa problemi?”
“Assolutamente no, Alexander.”
“Il suo nome non lo sbagli mai, però…” borbottò Simon.
“Perché lui mi piace,” Magnus gli rivolse un sorrisetto che Simon non seppe interpretare e lasciò, quindi, che un abbraccio di Isabelle lo consolasse. “Comunque,” proseguì l’orientale, “Chiederò a Cat se vuole venire anche lei. Il comitato scolastico le ha negato il permesso di affittare un locale per mancanza di fondi e non ha idea di dove fare la festa di Halloween!”
Cat era Catarina Loss, presidentessa del comitato eventi, organizzatrice impeccabile e, da qualche settimana a questa parte, amica di Magnus. Si erano conosciuti perché il ragazzo aveva deciso di dedicarsi ad attività extrascolastiche per riceve crediti in più e, dal momento che lo sport non lo faceva impazzire – lui era fan di un altro tipo di attività fisica – aveva optato per il comitato che organizza eventi. Chi meglio di lui era in grado di organizzare feste grandiose? Nessuno.
“Potresti farle un favore, sai?” concordò Alec, “Almeno eviteresti di farla impazzire.” Il moro ancora ricordava la mezza crisi isterica che Catarina aveva avuto davanti al suo armadietto qualche giorno prima, una volta appresa la bocciatura della sua richiesta. E ci era voluta tutta la pazienza di Magnus per riuscire a calmarla.
‘Non vogliono darmi nemmeno la palestra, Magnus! Dicono che non possono rischiare venga ridotta in condizioni pietose, dal momento che comincia il campionato di basket!’ 
Alec aveva davvero pensato che sarebbe scoppiata in lacrime per la frustrazione.
“Perché le sue idee non le respingi?” domandò Jace, “Improvvisamente la gente che non conosci e che ti tocca in punti in cui non vuoi essere toccato non ti infastidisce più?”
“Primo: le sue idee non le boccio perché lui mi piace,” cominciò Alec, facendo eco alle parole di Magnus, alzando un dito per ogni punto, “Secondo: non è vero che ci sarà gente che non conosco, ci sarete voi e Catarina. Terz-”
“Terzo” lo interruppe Magnus, “Io sarò l’unico che lo toccherà in punti in cui spero vorrà essere toccato almeno da me, pena il taglio delle mani per chiunque provi a sfiorare il mio pasticcino.”
Alec divenne viola come una melanzana – cercando di ignorare, inutilmente, la ferrea stretta allo stomaco provocata da quel mio piazzato in quella frase con disarmante naturalezza – ma si trovò comunque a sorridere, mentre Simon, che per indole non riusciva a rimanere imbronciato con gli amici, si lasciò sfuggire un aaawww a cui aggiunse: “Voi ragazzi siete troppo carini.”
“E per niente da diabete,” dichiarò sarcastico Jace.
“Sei troppo cinico. Devi amare l’amore, amico.”
“Iz, sei sicura che il tuo ragazzo non si droghi?”
“Ancora, sei cinico.” Continuò Simon, sporgendosi verso Isabelle per darle un bacio. “Amare l’amore è bello,” sussurrò il ragazzo, tenendo gli occhi incollati a quelli di Isabelle, che, per come la vedeva lui, erano la cosa più splendida che avesse mai visto. La ragazza gli sorrise di rimando e posò nuovamente le labbra sulle sue.
Alec e Magnus si guardarono in silenzio, tenendo le mani intrecciate sotto il tavolo.
Simon aveva ragione: l’amore era davvero stupendo.

I got all I need when I got you and I Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora