Il lunedì successivo, Catarina aveva proposto ai suoi amici di sperimentare un gruppo studio. L’idea, in sé, era davvero carina: in questo modo avrebbero potuto passare del tempo tutti insieme e svolgere responsabili il loro lavoro di studenti. Se non fosse che, evidentemente, presi in gruppo la loro responsabilità andava a farsi friggere. Si trovavano a casa di Catarina, che passava quasi tutti i pomeriggi da sola, dal momento che i suoi genitori – medici, di cui voleva seguire le orme – erano sempre in ospedale, e aveva deciso che una casa grande e silenziosa era meglio di una biblioteca in cui anche il minimo sussurro veniva rimbeccato da quella megera addetta alla distribuzione del libri. La scusa ufficiale era stataCome facciamo a ripetere gli argomenti che studiamo se quella vecchiaccia ci zittisce di continuo?
E quindi per avere più occasioni di studiare approfonditamente, i ragazzi avevano accettato.
La cosa che non avevano tenuto in conto, però, era che messi tutti insieme, in una stanza in cui i dialoghi non erano proibiti, parlare veniva troppo facile. E quindi, da una conversazione che era partita con una domanda scolastica era nata una specie di gara al pettegolezzo più succulento. Inutile dire che tutto ciò era partito da Izzy, alimentata poi da Cat e Clary, che avevano cominciato a parlare delle coppie formatasi alla festa di Magnus.
“A quanto pare,” disse Catarina, “Mark ha baciato Monica di biologia.”
“Mark della squadra di football?” domandò Iz, che adorava questo genere di pettegolezzi.
Catarina annuì.
“Ma lui ha già una ragazza!” aggiunse Clary, indignata. E lanciò un’occhiataccia a Jace, che aggrottò le sopracciglia con fare interrogatorio. La rossa lo liquidò con un gesto della mano che il biondo, in tutta onestà, non comprese. Primo: lui non l’avrebbe mai tradita, l’amava troppo. Secondo: lui non lo conosceva nemmeno questoMark della squadra di football. Terzo: il fatto che Mark fosse un atleta fedifrago e idiota non rendeva tutti gli atleti fedifraghi e idioti.
Ah, le donne e le loro (paranoiche) elucubrazioni mentali.
“Infatti.” Confermò Cat, “La sua ragazza l’ha mollato appena l’ha scoperto, piazzandogli una cinquina in pieno viso.”
“E quindi lui ora esce con Monica?” rincarò Iz.
“Beh, sì.”
“Che stronzo!” concluse Isabelle, battendo un pugno sul tavolo e guadagnandosi l’approvazione di Catarina e Clary.
“Piantatela, o a questi individui esploderanno le orecchie.” Brontolò Raphael, seduto vicino a Cat, la quale si voltò verso di lui, appoggiandogli una guancia sulla spalla e guardandolo dal basso verso l’alto. Il ragazzo non si scompose. Le dimostrazioni di affetto e il contatto umano non facevano certo per lui. L’unica eccezione sembrava essere Catarina: non l’abbracciava mai di sua spontanea volontà, ma se lei lo toccava non si scostava. Cosa che invece, faceva con il resto del mondo, a quanto pareva. Una volta Simon aveva avuto il coraggio di dargli una pacca sulla spalla, Raphael l’aveva fulminato e, afferrata la mano, l’aveva brutalmente tolta dalla propria spalla.
“Eddai, Raph. Anche a te piacciono queste cose in fondo. Molto in fondo.”
“Io detesto queste cose.”
“Tu detesti chiunque respiri, Santiago.” Aggiunse Magnus, guardando il suo riflesso in uno specchietto portatile, nero e ricoperto di brillantini fucsia. Stava controllando che il suo eyeliner fosse ancora intatto. Ovviamente lo era, mica comprava i trucchi waterproof per niente.
“Detesto te in particolare.” Sibilò Raphael, lanciandogli un’occhiataccia a cui Magnus, invece, rispose con un bacio volante. Raphael lo guardò disgustato e Magnus rise. Era strano il loro rapporto, doveva ammetterlo, ma Raphael, sebbene restio al contatto fisico e alle dimostrazioni di affetto, era un bravo ragazzo. Tra di loro era nata questa amicizia odio-amore che era divertente. Erano così diversi che in qualche modo dovevano essere per forza complementari e l’elemento che rendeva tutto possibile era Catarina, che aveva unito la secolare amicizia con Raphael alla nuova amicizia con Magnus, rendendo i due amici per sillogismo. Magnus tutto sommato era felice di averli entrambi nella sua vita.
“Sapete chi ha lasciato presto la festa, invece?” disse di nuovo Catarina, evidentemente non ancora satura di pettegolezzi. Clary e Isabelle alzarono le orecchie come segugi pronti a carpire ogni cosa. “Raj.”
A quel nome, sia Magnus che Alec si irrigidirono. Magnus contrasse persino la mascella, infastidito, mentre Alec sbuffò impercettibilmente.
Impercettibilmente per tutti, tranne che per Isabelle, che aveva notato il cambiamento della coppia. Infatti, la mora assottigliò lo sguardo e lo fece passare da Alec a Magnus e da Magnus ad Alec.
“Cosa succede?” domandò.
I due interessati fecero finta di nulla, ma siccome Iz odiava essere ignorata si sporse sul tavolo e sventolò una mano di fronte ad entrambi.
Magnus e Alec si guardarono un istante, prima di decidere se parlare o meno.
“Andiamo, tutta queste segretezza mi fa morire di curiosità!”
“E se ti rispondessi che sono affari tuoi, Iz?”
“Saresti il fratello più acido del mondo.” Concluse e poi si rivolse a Magnus, “Allora?”
Magnus lanciò un’occhiata ad Alec, come se volesse chiedergli il permesso di parlare e questi, dato che conosceva benissimo l’insistenza petulante di sua sorella, fece un cenno d’assenso con il capo.
“Raj ci ha provato con lui.”
“Che cosa????” esclamò Iz, la voce talmente stridula che Alec sentì i propri timpani chiedere pietà.
“Potresti non urlare?”
Isabelle lo ignorò, come se non avesse nemmeno parlato: “Perché non me l’hai detto??”
“Perché sapevo che avresti reagito così!”
Isabelle si voltò verso Jace, gli occhi ridotti a due fessure: “Tu lo sapevi?”
Jace si sentì indifeso sotto quello sguardo intimidatorio e cominciò a scuotere la testa ancora prima di parlare: “No,” alzò le mani in segno di resa, “L’unica cosa che so è che Alec stava accusando un certo Imasu di voler avvicinarsi agli attributi di Magnus.”
“L’unico che si è avvicinato ai miei attributi è stato tuo fratello!” chiarì l’orientale, con un certo orgoglio.
Alec voleva morire. Si poteva morire di imbarazzo?
“MAGNUS!” esclamò, rosso in viso, voltandosi verso il suo ragazzo come se l’avesse appena pugnalato alle spalle.
“Scusa, tesoro.” Magnus gli posò una mano sul viso arrossato, “Era per chiarire.”
“Potevi semplicemente dire che non avevi fatto niente con quel…” fu Alec a contrarre la mascella, questa volta, “Quell’idiota.”
“Hai ragione. Non spiattellerò più i nostri dettagli intimi.” Baciò la guancia di Alec, che stava tornando di un colore normale. “Che comunque ci sono stati.” Disse poi rivolto al gruppo, come se volesse rimarcare la cosa, traendone un particolare vanto.
Alec scosse la testa, le guance che tornarono paonazze.
“E si può sapere che ha fatto Raj?”
“La domanda, Iz, è perché Raj prova interesse per Alec.”
Magnus a quell’ultima domanda posta da Jace contorse la faccia in un’espressione risentita e incredula, “Come sarebbe a dire perché?”domandò, offeso, “L’hai guardato bene? Ci vorrebbe una mappa solo per riuscire ad uscire dai suoi occhi!”
Alec avvampò, rosso ovunque; Raphael alzò gli occhi al cielo, disgustato; Simon, invece, che adorava le dimostrazioni di affetto, si allargò in un sorriso ampio.
Jace sbuffò, “Intendevo dire: ha una ragazza, no? Perché dovrebbe provare interesse per Alec?”
Magnus lo guardò con compassione, come se non riuscisse a comprendere una cosa semplicissima: “Primo: potrebbe essere bisessuale. Secondo: questa fantomatica ragazza di cui tutti parlate potrebbe non esistere. Terzo: potrebbe essere gay.”
“Io l’ho vista la ragazza di Raj!” disse Simon.
“Potrebbe essere una copertura. O potrebbe essersi reso conto di non amarla più, ma non ha il coraggio di lasciarla per un ragazzo perché non è ancora pronto ad uscire allo scoperto.”
“Soprattutto perché il ragazzo per cui ha una cotta ha già un ragazzo.” Concluse Clary, facendo annuire Magnus.
“Quindi hai fatto strage di cuori e non mi hai detto niente!” disse Isabelle, tornando al punto di partenza. Alec sbuffò esasperato.
“Quanto sei esagerata, Iz. Raj si è avvicinato, io gli ho detto di no e lui si è allontanato. Non è una strage di cuori, questa.” Non era andata proprio così, ma Alec non aveva voglia di scendere nei dettagli. Soprattutto se quei dettagli avrebbero portato al momento intimo che aveva avuto con Magnus e di cui, lo sapeva benissimo, Izzy avrebbe voluto sapere ogni minimo particolare.
“Solo di uno.” Commentò Catarina, con un’alzata di spalle.
Rimasero in silenzio per un po’, tanto che sembrava avessero ripreso a studiare seriamente, ma poi Simon ruppe il silenzio, le sopracciglia aggrottate in un’espressione riflessiva.
“E Imasu, invece?”
Raphael in tutta risposta, cominciò a picchiare la fronte contro il tavolo, disperato. Magnus e Alec, invece, si lanciarono un’altra occhiata. Magnus sapeva cosa aveva fatto e detto Raj perché era insieme ad Alec, ma quest’ultimo non sapeva cosa avesse fatto o detto Imasu – a parte cercare di stare incollato a Magnus, mentre lui invece teneva le distanze.
“Imasu si è avvicinato e ha cominciato a parlare della festa, poi del charango. Tutto questo mentre invadeva sempre di più il mio preziosissimo spazio vitale. E io, di conseguenza, mi allontanavo.”
Alec lo aveva visto. Aveva notato come Magnus si irrigidisse ogni volta che Imasu tentava di azzerare la distanza tra di loro, come arretrasse. Si sporse verso Magnus, baciandogli una tempia. “La prossima volta mi vesto da Robin Hood, porto l’arco e lo uso come bersaglio.”
Magnus rise, accostandosi ad Alec e facendo in modo che quest’ultimo gli circondasse le spalle con un braccio. In quell’esatto momento, Alec si trovò a pensare che normalmente non avrebbe ceduto ad effusioni in pubblico. Prima di incontrare Magnus, il solo pensiero di farsi vedere da qualcuno con un possibile suo ragazzo lo terrorizzava a tal punto da pietrificargli il sangue nelle vene. Adesso, invece, era tutto diverso. E non era solo merito di Magnus e dei sentimenti che li legavano. Era merito anche delle persone che erano sedute al tavolo con lui. Persone che gli volevano bene – alcune da più tempo, altre da meno – e alle quali lui si era affezionato moltissimo. Persone alle quali non importava chi amavi, l’importante era com’eri. E, sebbene Alec avesse un sacco di difetti, si sentiva accettato per la persona che era da tutti i presenti a quel tavolo, compreso Raphael che apparentemente sembrava odiasse l’intero universo.
Era felice, Alec. Era grato: per Magnus, per i suoi fratelli e per i suoi amici.
“Puoi fare Legolas, volendo.” Esordì Simon.
“Ma Legolas era biondo.” Gli fece notare Iz, al suo fianco, “Secondo me assomiglia più a Aragorn.”
“Sì, ma Aragorn non era un arciere!”
“Ma era un re!”
“Invece Legolas era un poveraccio qualsiasi, vero?” ribatté sarcastico Simon, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Isabelle.
“Andiamo, Izzy. Non fare quella faccia!” si sporse verso di lei, cercando di portarle un braccio intorno alla vita, immettendolo tra la schiena della ragazza e lo schienale della sedia. Isabelle, per tutta risposta, gli schiacciò l’avambraccio tra lei e lo schienale.
“Mi fai male!”
“Te lo meriti.” Affermò lapidaria, liberandogli poi l’avambraccio e mettendo il broncio.
“Sei permalosa,” le sussurrò avvicinando il viso alla sua guancia. Iz, con le braccia incrociate al petto, allontanò il viso da Simon, che sorrise. Isabelle stava per inveirgli contro, dicendogli che non c’era niente per cui sorridere dato che era arrabbiata, ma Simon cominciò a punzecchiarle i fianchi, facendole il solletico, prima che lei potesse proferire parola alcuna.
“Smettila,” supplicò, tra le risate, e Simon smise immediatamente. Quando si sporse per baciarle la guancia, questa volta Isabelle non si ritrasse e lo lasciò fare, arrossendo leggermente sotto al blush. Magnus notò in quel comportamento un’impressionante somiglianza con Alec. Il modo che aveva di sobbalzare quando le veniva fatto il solletico – lo stesso che aveva Alec – o il modo che aveva di arrossire – le sue guance si imporporavano solo sugli zigomi, mentre quando era Alec ad arrossire, il rossore partiva dallo stesso punto in cui partiva alla sorella, solo che si disperdeva per tutto il suo volto. I geni Lightwood erano una benedizione. Ed era sicuro che anche Simon la pensasse esattamente come lui.
“Da ora in poi potresti aprire ogni porta esattamente come fa Aragorn ne Le due Torri.” Sussurrò Magnus ad Alec, in modo che solo lui potesse sentire. Simon e Izzy erano ancora intenti a riappacificarsi, mentre Clary e Jace stavano parlando con Catarina, davanti ad un impassibile Raphael che, sebbene sembrasse annoiato, in realtà stava ascoltando.
“Nessuno potrà mai eguagliare Viggo Mortensen.”
“No,” Magnus si allungò per baciargli l’angolo della mascella, “Saresti anche meglio. E io avrei un incentivo in più per saltarti addosso.”
Alec arrossì e, percorso da un brivido incontrollabile, deglutì a vuoto. Avrebbe cominciato a balbettare suoni senza senso e parole sconnesse, se il suo cervello non avesse recepito un dettaglio che sembrava stonare.
“Sei caldo.”
“Grazie, tesoro.” Rispose l’altro, lusingato.
“No. Intendo dire che bruci.”
“Di passione per te? Non è una novità.” Continuò Magnus con un sorriso malandrino. Alec roteò gli occhi e si voltò totalmente verso Magnus per riuscire ad avere una visuale completa del ragazzo. Notò gli occhi lucidi, così gli portò entrambe le mani sulle guance e avvicinò le proprie labbra alla sua fronte. Tutto il viso di Magnus emanava un calore diverso, febbrile.
“Oh-oh” disse Jace, ma ne Magnus ne Alec gli prestarono attenzione.
“Oh-oh, cosa?” domandò Clary, ma anche lei risultò lontana alle orecchie di entrambi. Alec era concentrato su Magnus, mentre Magnus beh… era concentrato sulle mani di Alec che erano finite sotto alla sua maglietta e lo stavano toccando un po’ ovunque.
“Tesoro,” lo chiamò afferrandogli delicatamente i polsi. Alec portò i suoi occhi preoccupati su Magnus, “Non mi sto lamentando,” riprese il maggiore, “Ma mi vuoi spiegare cosa stai facendo?”
“Alec è entrato in modalità mamma.” spiegò Jace, lanciando un’occhiata consapevole ad Isabelle, che stava già annuendo.
“Modalità mamma?” domandò Clary.
“Alec entra in modalità mamma quando pensa che qualcuno stia male. Comincia a misurare la temperatura corporea e un sacco di altre cose.” Spiegò il biondo.
“Ci sono passata io, c’è passato Jace e c’è passato Max. Nessuno sfugge alle sue grinfie, quando Alec-mamma entra in azione!” Disse Izzy.
“Preoccuparmi per voi e occuparmi di voi quando siete malati non fa di me una mamma.”
“No, azzeccare la temperatura corporea senza un termometro, fa di te una mamma.” fece notare Jace, facendo sorridere Isabelle. Sembrava stessero guardando un film già visto un milione di volte.
Alec arrossì, e quando tentò di negare, sua sorella incrociò le braccia al petto, sfidandolo. “A quanto ha la febbre, secondo te?”
“38.3.” disse Alec di getto, maledicendosi mentalmente subito dopo. Isabelle e Jace si diedero il cinque e poi la mora si voltò verso Catarina: “Hai un termometro, Cat?”
La ragazza annuì e sparì dalla sala per tornare qualche istante dopo con un termometro elettronico, che passò ad Alec. Magnus guardò quell’oggetto con fare molto, molto, scettico.
“Dove hai intenzione di metterlo?”
Alec lo guardò malissimo, cogliendo un velato doppio senso, “Sotto al braccio, Magnus.” Allargò il colletto della maglietta rossa e carica di brillantini che Magnus stava indossando e si intrufolò con il termometro al suo interno. “Alza il braccio.”
“Ma mi fa il solletico.” Si lamentò Magnus, proprio come un bambino. Alec, che aveva passato quasi tutta la sua vita ad avere a che fare con situazioni simili, abbandonò il cipiglio severo – e preoccupato – e gli rivolse un sorriso dolce. “Andiamo, se fai il bravo ti darò qualcosa in cambio.”
“Qualsiasi cosa?”
“Dios, tu no eres un niño, misurati la febbre e sta’ zitto!”
Magnus si voltò verso Raphael, lasciando momentaneamente Alec in attesa, “Taci. C’è una trattazione in corso molto importante e non voglio che la tua boccaccia inopportuna la rovini.”
Raphael sibilò – e Alec poteva giurare di avergli visto tirare fuori i denti, come se avesse voluto usarli per mordere Magnus. “Eres tan estúpido che mi domando come faccia a stare con te!”
“Sei solo geloso.” Concluse Magnus, con un gesto incurante della mano, liquidando Raphael e le sue occhiatacce, prima di rivolgersi nuovamente ad Alec, appoggiando il mento al palmo di una mano e guardandolo con vivo interesse. Alec sospettava che quello sguardo celasse qualcosa che ancora non riusciva a comprendere a pieno, ma conosceva Magnus abbastanza bene da sapere come la sua mente ragionasse.
“Qualcosa. Non qualsiasi cosa.” Specificò, quindi, portando Magnus a fare il broncio, ma riacquistò immediatamente il suo brio.
“Cosa puoi offrirmi, dunque?”
Alec rabbrividì, come se fosse lui quello con la febbre alta e non Magnus. Il fatto era che quando l’orientale usava quel tono basso e controllato, che usciva dalla sua gola come il suono più sensuale che Alec avesse mai sentito, automaticamente il suo cervello andava il tilt riducendosi ad una pappetta liquida e incapace di formulare anche solo una frase sensata.
“P-prima misurati la febbre,” disse, cercando di ricomporsi, schiarendosi la gola. “Poi penserò a cosa darti in cambio.”
Magnus lo guardò con gli occhi felini affilati, come un predatore paziente che aspetta il momento giusto per attaccare la sua ignara preda. Alec non era sicuro di non trovare piacevole quello sguardo. Anzi, era piuttosto sicuro che gli piacesse essere guardato in quel modo, come se fosse commestibile. Più che altro perché in quel modo avrebbe potuto sentire la bocca di Magnus un po’ ovunque sul suo corpo e… stop. Doveva concentrarsi. Primo: doveva sapere se Magnus aveva effettivamente la febbre. Secondo: c’erano persone che li stavano guardando e non era opportuno farsi vedere in condizioni poco consone, tipo una presenza più che evidente all’altezza del suo inguine.
“Come desideri, tesoro.”
Alec incrociò gli occhi di Magnus e per un po’ rimase imbambolato a fissarli, leggendoci dentro un mucchio di cose che di certo non lo stavano aiutando a concentrarsi e a mantenere il controllo sui suoi ormoni.
“Alec?” la voce di Isabelle lo fece rinsavire, “Ti hanno lobotomizzato?”
Il maggiore dei Lightwood si voltò verso sua sorella per lanciarle un’occhiataccia, poi si concentrò di nuovo su Magnus, che collaborò questa volta e si fece misurare la febbre.
Passarono due minuti prima che il termometro emettesse un suono costante e metallico, segno che aveva finito di misurare la temperatura. Magnus si tolse il termometro dal braccio e lesse il verdetto.
“38.3” confermò.
“Mamma-Alec non sbaglia mai!” esultò Jace, facendo ridere Iz. L’ilarità però non raggiunse Alec, che cominciò a guardare Magnus con apprensione.
“Hai freddo?”
“No,” rispose l’interessato, cercando di rassicurare Alec. Non voleva che si preoccupasse troppo per lui. “Sto bene, Alexander.” lo rassicurò, ma la ruga di preoccupazione formatasi tra le sopracciglia di Alec non se ne andò.
“Mentre venivamo qui hai detto che avevi freddo.”
“Probabilmente perché mi stava venendo la febbre, ma ora sto bene.”
“Copriti.” Affermò l’altro, come se Magnus non avesse nemmeno parlato. Il maggiore vide il moro afferrare il suo giubbotto dallo schienale della sedia e metterglielo sulle spalle. “Devo portarti a casa.”
“Ma sto b-”
“Niente ma, Magnus.” Disse autoritario, “Devi stare al caldo, a casa tua, coperto da qualcosa di più di una maglietta piena di paillettes.”
“Strass.” Lo corresse Magnus, abbassando lo sguardo sulla sua favolosa maglietta.
“Strass.” Concesse Alec. “Rimane il fatto che è troppo leggera.”
“Come vuoi, papi.”
Alec arrossì a quel vezzeggiativo, più che altro per il modo in cui Magnus l’aveva pronunciato, usando quel tono ammiccante che gli faceva tremare le gambe.
Si schiarì la gola, ancora, nel tentativo di ricomporsi.
“Allora, andiamo.” Alec cominciò a raccogliere le sue cose e metterle nel suo zaino, poi fece lo stesso con quelle di Magnus, le cui proteste furono vane. Alec non gli permise di fare alcun tipo di sforzo.
“Cat,” cominciò il moro, “Grazie di tutto.” poi si rivolse ai suoi fratelli, “Noi ci vediamo a casa.” Jace e Isabelle annuirono, così Alec salutò tutto il gruppo e si diresse verso la porta con Magnus, che aveva lanciato un bacio volante a tutti, prima di allontanarsi dal gruppo.
“Vieni qui.” Disse Alec, cominciando a chiudergli il giubbotto e a sistemargli la propria sciarpa intorno al collo.
“Posso fare da solo, Alexander.”
“Puoi, è vero. Ma voglio farlo io.”
Magnus non poté fare a meno di sorridere davanti a tanta gentilezza e premura. Lo guardò, carico d’amore, e gli accarezzò il viso. Alec si immobilizzò all’istante, notando lo sguardo languido di Magnus. I suoi occhi brillavano per la febbre, ma c’era anche dell’altro, un genuino affetto che fece agitare lo stomaco di Alec come fosse pieno di tante farfalle che cominciano a svolazzare entusiaste.
“Devi coprirti anche tu, fuori fa freddo.” Disse Magnus cominciando a togliersi il giubbotto di Alec che il ragazzo gli aveva dato.
“No.”
“Alexander, ho il mio. E non uscirò da questa casa sapendo che patirai freddo.”
Alec si arrese, sapendo che protestare ancora avrebbe solo portato ad un ritardo e non voleva che Magnus rimanesse fuori casa sua per troppo tempo, così afferrò il proprio giubbotto e lo indossò, aiutando poi Magnus a indossare il suo. Lo coprì per bene, abbottonandolo fino alla gola e aggiustandogli nuovamente la propria sciarpa intorno al collo; Magnus lo lasciò fare. Solo quando il moro fece comparire dalla tasca del suo giubbotto un cappello di lana e lo vide accennare a metterglielo in testa, Magnus si ritirò.
“Quello no. Mi appiattirà i capelli.”
“Questo sì. Servirà a tenerti al caldo.”
“Ma… i miei capelli!”
“Non mi interessa.” Ribatté Alec, usando di nuovo quel tono autoritario che Magnus stava cominciando ad apprezzare più del dovuto. Aveva sempre sospettato che Alec avesse delle doti da leader, all’occasione. Un lato del suo carattere che teneva celato la maggior parte del tempo, mostrandosi invece dolce e accondiscendente. Non che non gli piacesse, ma sapere che sotto quell’adorabile faccino si celava qualcuno che sapeva imporsi, diventando estremamente autoritario e dominante faceva sì che la spina dorsale di Magnus avesse un brivido che non c’entrava nulla con la febbre.
“Allora agli ordini, dolcezza.”
Alec, con le guance arrossate, gli sistemò il cappello in testa e, insieme, uscirono da quella casa, ignari del fatto che, non appena si chiusero la porta alle spalle, Simon aveva fatto una domanda: “Secondo voi, si rendono conto di essere praticamente sposati?” che fece sorridere praticamente tutto il gruppo. Raphael compreso.

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I got all I need when I got you and I
Fiksi PenggemarLa FanFiction nasce su EFP, l'autrice originale si chiama Roscoe24, tutti i diritti sono riservati a lei e con il suo consenso posso trascrivere la storia qui su Wattpad. Potete trovarla su Efp sotto "Fan Fiction: Serie TV > Shadowhunters" ========...