Capitolo 8- Bigender

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-io non l'ho capita questa storia dei bigender- esclamò Enrico durante la ricreazione.
-che c'è da capire? Sono delle persone che sentono dentro di se due generi diversi allo stesso tempo- replicai io.
-taci secchiona. Nessuno ha chiesto la tua opinione- alzai gli occhi al cielo.
-e nessuno ha chiesto che tu venissi al mondo, eppure...- replicai con tono acido. Mi ero stancata delle continue provocazioni di quel tipo. E da quello che credo abbiate ormai capito, quando perdo la pazienza è impossibile fermarmi.
Un coro di "oooh" esplose in corridoio, ma non mi bastava.
Volevo fargliela pagare per tutte le volte in cui mi aveva fatto sentire una nullità.
Io e Enrico abbiamo un brutto passato alle spalle. Risale alla prima media. Ero una ragazzina sensibile, e lui se ne approfittava prendendomi in giro senza pietà. Mi ripeteva sempre le stesse cose, come i bambini. Erano anche cose abbastanza stupide, però ci stavo male. Inoltre in quel periodo ero anche confusa sul mio orientamento, per cui ci stavo doppiamente male. Fu un periodo duro per me, ma poi riuscii a rialzarmi e a diventare più forte.

Tornando alla nostra storia, in quel momento ero arrabbiata. Furiosa, ad essere precisa. Odiavo quel tipo, lo odiavo con tutta me stessa, e volevo fargliela pagare per mesi di sofferenze. Volevo vendicarmi.
Ora, non voglio giustificare il mio gesto. So di essere stata stronza, forse addirittura crudele, ma a mia difesa voglio dire che ero accecata dalla rabbia.
-non capisco proprio. Come si può avere dentro di se due generi? Cos'è, personalità multipla?- Enrico scoppiò a ridere.
Strinsi i pugni. E in quel momento esplosi.
-ah sì? Sai, spesso il negare è sintomo di una repressione. Te la faccio semplice, altrimenti non credo tu lo capisca- mi schiarii la voce -questo tuo prendere in giro i bigender, potrebbe significare che tu lo sia e lo stia negando a te stesso!- prima ancora di finire di parlare me ne pentii. Vidi l'espressione sul viso di lui farsi cupa, amareggiata, come se gli avessi ricordato qualcosa di spiacevole che avrebbe preferito dimenticare.
-s-scusa... io non...- ma lui si era voltato e se n'era andato.
E intanto, tutti stavano ridendo.

-gliene hai cantate a quello stronzo!- esclamò Anna dandomi una pacca sulla spalla.
-dopo tutte le volte che ha deriso te, se lo meritava- aggiunse Emily.
Le altre concordarono.
-sì, ma... era un argomento abbastanza serio... non vorrei averlo ferito...- replicai esitante.
-manno. Figurati se ad un tipo come lui importa di queste cose- Leah alzò le spalle.
Martina, però, concordò con me.
Chi era Martina? Era il nome con cui vuole tutt'ora che lo chiamiamo Matteo. Si era fatto crescere i capelli fino ad un caschetto disordinato, il viso era sempre coperto da trucco, le unghie sempre ricoperte da smalto e i vestiti sempre più femminili.
-credo di averlo visto dirigersi in biblioteca- mi sussurrò, per poi tornare in classe.

"Biblioteca" era una parola grossa per descrivere il posto. Era una stanza, grossa circa quanto una classe normale, con librerie colme di libri che nessuno apriva mai alle pareti e quattro banchi vicini al centro.
Era proprio ad uno di questi tavoli che trovai Enrico. Mi sedetti affianco a lui.
-senti... mi dispiace per prima- iniziai incerta.
-ho sempre sentito qualcosa di strano in me. Come una... parte in più che chiedeva di uscire. Non sono mai riuscito a gestirla bene- ammise Enrico a testa china -non so quale far prevalere.
-mi dispiace io... non lo sapevo. Però la risposta c'è. Non devi scegliere un genere. Puoi convivere con entrambi allo stesso livello.
-non credo di riuscirci.
-almeno provaci.
Enrico annuì.
-scusa ancora. Ti lascio un po' di spazio- mi alzai e feci per andarmene, ma Enrico mi fermò.
-Alice?
-sì?
-scusa per... il resto.
-figurati. È acqua passata ormai- sorrisi e me ne andai.

Da allora, tra me e Enrico c'è un buon rapporto. Forse non proprio amicizia, ma almeno non ci urliamo di tutto come prima.

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