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La vidi lo scorso luglio, o forse era giugno. Giunsi a quella determinazione dopo averti accompagnato e parlato con lo psicologo che da più di tre anni ti seguiva a causa della tua insicurezza. Che bella coppia. Tu dallo psicologo ed io dall'analista.

Già, a gennaio di quest'anno non sono stato affatto bene e mi consigliarono la visita da uno specialista per meglio capire quale fosse stata la causa di quel mio improvviso attacco di panico non ha certo giovato al nostro rapporto.

Il mio terapeuta si mostrò meravigliato di come il mio fisico e la mia psiche fossero riusciti a sopportare così a lungo l'atteggiamento dei tuoi genitori, il mancato saluto sistematico di tuo padre, il suo mostrarsi indifferente alla mia esistenza, il fatto stesso di aver rinunciato ad uscire la sera per starti accanto, il non andare in vacanza, ai campi estivi, l'aver insomma rinunciato a vivere i miei 28 anni pur di condividere le regole, i limiti, che i tuoi genitori quotidianamente ti ponevano. "Sei come un albero a cui per un anno e mezzo hanno tirato colpi d'ascia su tutti i fianchi, era prevedibile che il tuo sistema nervoso prima o poi cedesse. O li affrontavi e li ponevi in condizione di non farti più male o, come hai fatto, decidendo di continuare a subire quel comportamento pur di non compromettere il tuo rapporto con lei, e il suo con i genitori, dovevi aspettarti che prima o poi saresti crollato".

La causa scatenante quel mio star male fu il sentirti lontana in occasione di quel secondo capodanno passato nuovamente separati, ma ciò non significava che eri stata tu a causarmi quelle crisi.

Non l'hai mai capito e, per molti mesi, te ne sei assunta la responsabilità. Avevo scelto io di star con te anche a costo di subire le privazioni imposte dai tuoi genitori, è stata una mia scelta quella di condividere con te i limiti che il nostro stare insieme ci portava a vivere. Ero stato io a scegliere di vivere determinate situazioni, facendo mie le tue privazioni.

Nel momento in cui ti sei allontanata anche in quel capodanno, il mio sistema nervoso è andato in tilt, mi sono sentito quasi abbandonato, come se i sacrifici fatti fino ad allora, da ultimo quell'ennesima festività passata lontana, fossero del tutto inutili.

Sono stati i tuoi genitori a creare la situazione di stress, ad accendere il gas fino a saturarne il mio essere. Tu sei stata soltanto una scintilla inconsapevole.

Nell'estate del 2003, nonostante i due anni insieme, i tuoi genitori avevano deciso di portarti in villeggiatura casualmente proprio in una delle due settimane che io avevo di ferie ben consapevoli che, durante la seconda, ti saresti dovuta tappare in casa per preparar, nuovamente l'esame di ammissione a medicina.

Questa volta però avevo deciso di non subire nuovamente quell'ingiustificata prepotenza. Il tuo psicologo era d'accordo con me: "in fondo – ti spiegò – non gli possono impedire di venire in villeggiatura nello stesso posto in cui vai tu e se tu gli hai detto il nome dell'albergo in cui andrete probabilmente ne sei consapevole. L'unica cosa – disse rivolto a me – non puoi aspettare che sia lei a dirlo ai suoi, non ne ha il coraggio né i mezzi. Lei è come in mezzo a due fuochi, da una parte c'è l'amore per te e dall'altra la paura di perdere l'amore dei suoi. Devi parlarne con i suoi genitori.

Magari vista la chiusura e il comportamento di suo padre, parlane con sua mamma che mi sembra una persona un po' più ragionevole e aperta. Spiegale le cose così come hai fatto con me, dì anche a lei che una relazione sentimentale ha bisogno anche di momenti di svago, che non è possibile che da quando state insieme ogni occasione in cui potete vedervi senza lo stress dello studio e del lavoro, vi venga sistematicamente tolta".

Uscimmo da quel colloquio più forti che mai: per la prima volta ammettesti che in fondo ti faceva piacere trascorrere le vacanze insieme ancorché in presenza dei tuoi, che solo per quel motivo avresti dovuto sposarmi e che mi lasciavi carta bianca con tua madre.

Amore, eri dolcissima ed era incredibilmente bello essere di nuovo concordi nel cercare una relazione normale. "In fondo – mi dicesti – le mie compagne d'università vanno già in vacanza da sole con il proprio ragazzo. Sono due anni che stiamo insieme, tu sei il mio fidanzato, non trovo niente di male se tu vieni in vacanza dove vado io. Meno male che ne abbiamo parlato con lo psicologo perché mi ha aiutato a capire cosa voglio, ora bisognerà farlo capire ai miei, ma ho paura, ho tanta paura."

"Amore, anche io – ti risposi – ma è una cosa che bisogna fare".

E lo feci. Ne parlai con tua mamma. Le spiegai che ti avevo accompagnato dallo psicologo, che tra l'altro era un suo amico, le raccontai quello che ci aveva detto, le parlai delle tue paure e della mia volontà di venire in vacanza con voi.

All'inizio provò a spiegarmi che era troppo presto, che se fosse dipeso da lei non ci sarebbero stati problemi, ma che se mi avesse visto tuo padre sarebbe finito tutto in tragedia. Lui non lo avrebbe mai accettato e avrebbe finito con il lasciare l'albergo vanificando gli sforzi che tua madre fino ad allora aveva compiuto per fargli accettare la nostra relazione.

Amore, non mi sono mai sentito vicino a tua mamma come in quel momento perché ho visto anche in lei le stesse tue difficoltà a convivere con un uomo buono, a cui vuole bene, ma con cui è arduo ragionare.

Mi viene in mente un vecchio detto che dice "l'uomo è il capo della famiglia, ma è la donna il collo che fa girare il capo".

Amore, come ci aveva detto lo psicologo, chiesi a tua mamma di lasciarti fuori da ogni discussione, perché avevi bisogno di serenità per preparare gli esami universitari e perché non era giusto utilizzarti come una marionetta per raggiungere gli scopi che si prefiggevano. Con tua mamma eravamo d'accordo almeno su quel punto. O almeno così credevo.

Solo il Signore e noi sappiamo cosa ti disse quando tua mamma tornò a casa quella sera, le pressioni che ti fece per non farmi venire con voi: "Digli che se viene lo lasci! Ti ci vuoi fidanzare ufficialmente? Guarda se lo lasci venire poi non puoi tornare indietro! Mica ogni estate puoi presentarti con un fidanzato diverso! Poi ci sono anche i nostri parenti. T'immagini che figura ci fai a presentarti con un ragazzo di cui non abbiamo mai parlato? Pensa bene ai fatti tuoi. Sei sicura di volerlo far venire? Pensaci bene. Sei sicura di sposarlo? Guarda che da certe cose non si torna più indietro". Ma la cosa peggiore fu che da allora ti proibirono di andare ancora da quello psicologo che aveva osato contraddirli. "Certe cose si discutono in casa non con gli estranei" fu la loro convincente scusa.

Sappiamo bene che le loro pressioni furono tante e tali che tu arrivasti a dirmi: "Guarda mi dispiace che tu abbia confermato la prenotazione il giorno in cui siamo usciti dal mio psicologo, mi spiace che tu perda i soldi della prenotazione, mi spiace che tu faccia brutta figura con i tuoi amici e i tuoi genitori a cui hai detto che venivi, ma se veramente mi ami devi capire che io questa situazione non la reggo, che è troppo stressante per me, e che devi rinunciare alla tua idea di venire".

Siamo altrettanto consapevoli che, nonostante avessi scelto ancora una volta di assecondarti, lo stress portato da quella nuova situazione fu tale da farci litigare tutta la settimana precedente alla tua partenza. Ricordiamo entrambi quali bugie ti costrinsero a raccontare e il valore di quel tuo continuare a dirmi "in fondo io non ho mai voluto che venissi, non sono neanche sicura di voler stare con te".

Appena tornasti dalla tua vacanza, eri talmente insicura dei tuoi sentimenti e talmente certa che lo stress vissuto dipendesse unicamente da me e della mia ostinazione, che la prima cosa che facemmo fu quella di amarci la prima volta da quando stavamo insieme.

"Farò l'amore solo con la persona che riterrò essere l'uomo della mia vita, non è una questione personale, non è che non ti ami, ma farò l'amore con te soltanto quando sarò certa di voler passare la vita con te" mi avevi detto per due anni. Finalmente quel momento era giunto, e ancora un volta, avevi trovato il modo di dirmi che la tua "scelta" di non farmi venire in vacanza, in fondo, non fu una scelta.



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