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Quelle tue parole mi confortarono lungo tutto il tragitto: ero chiaramente contento e ripensai con attenzione a quanto mi avevi detto, alla lettera che mi avevi chiesto di scrivere, a come e quando dartela.

Avrei voluto scriverti "Ti ho amata sin da quel primo venerdì in cui mi dicesti "chi abbiamo qui?" facendo seguire a quella domanda il mio nome, nome che io non osavo neanche sperare conoscessi, e da allora non ho più smesso di farlo. Non ti ho mai mancata di rispetto né tanto meno ho mai voluto deluderti.

Ho passato questi anni cercando di sorprenderti, di renderti orgogliosa di me, di meritarmi il tuo amore, di darti una ragione per motivare quel sentimento così forte da riuscire a contrastare il dolore inflittoti dal comportamento adottato dai tuoi genitori.

Mi hai amato per quanto ti è stato possibile farlo e spesso sei andata oltre ogni ragionevole limite di sopportazione. E se è a Trento o a Napoli che devo andare per godere del tuo sorriso, del tuo modo di guardarmi, ovunque tu sarai, lì sarò.

Sono rammaricato, pentito e dispiaciuto che tu ti sia sentita tradita, che abbia sentito disattesa la tua fiducia. Sai che non l'ho fatto, che è stata unicamente una tua sensazione - che io avrò anche contribuito a darti - ma che ha trovato facile breccia nella tua insicurezza e paura di vedermi arrabbiato per l'ennesima volta in cui non riuscivi a parlare coi tuoi come promessomi.

Ero ferito perché mi mentivi trovando scuse. Forse ero anche arrabbiato ma non sarei mai arrivato a fare ciò che poi, in parte, hai fatto tu.

Perché avrei dovuto? Un avvocato non scopre mai le sue carte, mai. Altrimenti l'avversario si regola. E poi perché avrei dovuto fare una cosa che non ho fatto tutte le altre volte che comunque ero deluso?

Sei preziosa come nient'altro, e l'averti fatta soffrire (anche se dovuto al tuo non voler chiarire di persona ma al parlare sempre al telefono) è un rimorso troppo grande da tenere chiuso dentro il cuore. Non lo sopporto. Mi lacera. Mi annichilisce.

Sono immensamente, perdutamente ed irreversibilmente innamorato di te, perché mi hai dato, come hai detto tu, non solo il tuo cuore.

Alcune delle cose che mi hai detto oggi non sono ancora per me tanto chiare. Io so che sei l'amore della vita mia. So che voglio darti tutti gli elementi per giudicarmi serenamente e so di volerteli dare prima che il tuo giudizio probabilmente già emesso, diventi inappellabile.

Ho bisogno di sentirti, anche per soli tre minuti, e non vedo l'ora sia venerdì. Ho altre cose da spiegarti. Non chiedermi di vivere con il rimorso di aver perso l'amore della mia vita a causa di un fraintendimento o a causa della mia esasperazione e delle conseguenti cose che ti ho detto, pentendomene. Se me ne darai l'occasione non soffrirai più.

Continuo a sperare che tutti e due non si debba soffrire per aver perso l'amore in cui si credeva e per cui si è dato non solo il cuore.

Vederti ridere è una goduria, osservare come mi hai guardato mi ha fatto star bene. Amore, ti prego, non fare altro per rendere ancora più difficile relazionarci, magari anche lasciandoci, serenamente. Se dopo venticinque mesi ho delle domande, penso sia giusto che tu mi dia delle risposte e, forse, in tre ore e difficile, troppo difficile, se non impossibile, chiudere una storia. Grazie per oggi. Per sempre resterai nel mio cuore. Tuo".

Te lo scrissi davvero e portai con me la lettera sperando d'incontrarti su treno del ritorno. Quando ti vidi eri con tuo padre. Mi avvicinati a voi e ti diedi quanto scritto senza dirti una parola, senza chiedere alcunché e, dopo averlo fatto, percorsi il maggior numero di carrozze possibile per allontanarmi da te. In fondo ero tranquillo, ero riuscito a parlarti, ci eravamo chiariti e quel mio scriverti voleva essere un chiaro gesto di distensione nei tuoi confronti, un modo per chiederti scusa, per invitarti a comprendere, ancora una volta, che era tutto nato da un equivoco.



Indefinitamente tuo (frammenti di un amore)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora