Capitolo 3

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I due attraversarono il cortile esterno il più in fretta possibile. Gli alloggi privati di maestro Gilford erano esattamente dalla parte opposta di quelli di Arslan. Si trovavano in un torrione che non faceva parte della struttura originaria ma fu costruito in seguito. Era situato due piani al di sopra della sala comune e da lassù si aveva una visuale completa di tutta la fortezza.

Scelsero una via secondaria per accorciare il tragitto. Salirono un paio di scalinate esterne e poi percorsero uno stretto corridoio buio che li avrebbe portati nel caldo della sala comune. Appena spalancata la grande porta di legno massiccio, furono investiti da un'ondata di fumo calore e odori, non tutti gradevoli.

La sala comune era più lunga che larga, i grandi tavoli rettangolari erano disposti in due file ai lati lunghi della sala, con panche di legno da entrambe le parti. Al centro della stanza, per tutta la sua lunghezza era disposta una fila di bracieri per scaldare tutti gli occupanti. In mezzo poi, disposto di traverso, un grande tavolo di ferro battuto con le gambe legno sul quale veniva posato gran parte del cibo. Adesso risultava ancora vuoto ed i commensali iniziavano a strepitare dal panico per la paura di non mettere niente sotto i denti. Nessuno notò il loro ingresso, soltanto un vecchio cane spelacchiato si avvicinò per ricevere qualche carezza, con la speranza di riuscire ad agguantare qualche osso anche quella sera. Si era fatto troppo vecchio per lottare con gli altri cani in cerca di avanzi.

Arslan e Trevor attraversarono la sala a passo svelto. Trevor alzò la mano in segno di saluto per ricambiare il rapido brindisi che due suoi compagni di bevute gli avevano offerto dall'altra parte della sala.
Una volta arrivati all'estremità opposta voltarono a sinistra verso due porte, una conduceva in basso verso le cucine e le dispense ricavate dalla fredda roccia, l'altra portava in alto, negli alloggi dei maestri ed infine al torrione di Gilford.
Dopo aver superato gli alloggi dei singoli maestri e salito le scale a chiocciola disposte lungo il perimetro del torrione arrivarono alla sua porta, anonima e di legno massello. Trevor apri la porta senza bussare è lasciò passare Arslan per primo.

L'aria all'interno era calda e piacevole, il fuoco scoppiettava allegramente fornendo calore e luce alla stanza. Le pareti erano zeppe di trofei, vessilli ed arazzi raffiguranti scene di guerra. C'era quello dello scontro fratricida tra Lesen e Kothy Hiontar, per il controllo del fiume Elv. Oppure quello riguardo la presa del monte Fjellet da parte degli uomini del nord che con quell'atto conquistarono la loro libertà e distrussero l'ultima roccaforte dei giganti. Il preferito di Arslan però era quello raffigurante il leggendario fondatore della scuola, Elliot Morgan che, nel mezzo di una tempesta di fulmini dai colori più disparati, sovrastava sul rivale ormai a terra. Quell'immagine, capace di infondere forza, speranza e coraggio sin dal primo sguardo, aveva immediatamente rapito Arslan che da bambino, si intrufolava in ogni stanza o spazio angusto della fortezza per scoprire nuovi "tesori".

Oltre al vecchio Gilford, nella stanza c'era anche maestro Rodd, in piedi accanto al camino, col volto preoccupato di chi non avrebbe trovato nulla da mangiare se non fosse sceso di lì a due minuti. Maestro Gilford invece era seduto alla sua scrivania, intento a scrivere un messaggio su una piccola pergamena. Muoveva lentamente e con precisione la piuma d'oca sul foglio e con altrettanta calma la intingeva nella boccetta d'inchiostro per poi continuare a scrivere. Sembrava non essersi accorto dei nuovi arrivati.
Rodd si voltò verso l'anziano maestro, accennando un colpo di tosse.
Il vecchio non si scompose. Nella stanza regnava il silenzio.
«Maestro, eccoli sono qui.»insistette per attirare la sua attenzione.
«La sua arguzia non finirà mai di sorprendermi maestro Rodd, che gli Dei ci aiutino se un giorno dovessimo restarne a corto.»
Arslan sorrise tenendo la testa bassa e senza emettere il minimo suono.
«In quanto a te, non mi sembra di averti dato il permesso di ridere ragazzo mio. Dovresti portare più rispetto ai tuoi maestri ed ai tuoi compagni.» Il vecchio lo fulminò, continuando a tenere il suo unico occhio fisso sul foglio di pergamena. Una volta finito di scrivere, piego il foglio a metà per due volte e lo infilò in una piccola busta quadrata, poi prese della ceralacca già sciolta e la versò sulla busta, attese un paio di secondi e infine impresse con un sigillo una "M" a caratteri maiuscoli sullo sfondo rosso bordeaux della miscela di resina e pigmenti fusa.
Quella "M", di color oro su uno sfondo rosso era l'emblema della scuola, svettava su ogni bandiera presente nella fortezza e su tutti i mantelli dei cavalieri sparsi per Elen formati dalla scuola di Morgan. Un vanto portarla con se, motivo d'orgoglio e sogno di ogni bambino che impugna un rametto di legno fingendo di avere in mano una spada.

Consegnò la piccola busta nelle mani di ser Trevor che dopo un breve sguardo d'intesa con Gilford uscì dalla stanza lasciando solo Arslan.
Il vecchio maestro si distese sulla sedia, stiracchiando un po' le braccia.
Il suo fisico aveva perso smalto e i segni dell'età erano evidenti ma nonostante ciò il suo viso non smetteva di incutere timore e rispetto.
I lineamenti del volto squadrati, il taglio di capelli corto, barba sempre curata e mascella serrata uniti allo sguardo torvo, non lo rendevano di certo il più amichevole tra gli interlocutori. L'aspetto più meritevole di riverenza, era senz'altro il suo unico occhio, o meglio quello mancante. L'aveva perso in uno scontro all'ultimo sangue con un orso a seguito di una zampata che gli aveva inferto anche una vistosa cicatrice sulla tempia. La testa di quell'orso ora giaceva immobile ed imbalsamata, appesa al muro come un trofeo, proprio sopra il caminetto.

«Circa un quarto d'ora fa un messaggero venuto da Rosvik si è presentato ai nostri cancelli chiedendo il nostro aiuto. Stamane quattro donne sono scomparse mentre erano di ritorno dai campi per gli ultimi raccolti prima che arrivi definitivamente l'inverno. Il messaggero dice potrebbe trattarsi di alcuni banditi che si sono stabiliti sui pendii delle montagne. Avevano causato già altri guai in città e la guardia cittadina era riuscita a stento ad allontanarli, non ne conoscono neanche il numero esatto.»
A quelle parole Rodd si guardò attorno come se stesse controllando di trovarsi nel posto giusto.«Mi scusi maestro pensavo ci trovassimo qui per discutere della punizione del ragazzo.»
«Non mi interrompa per favore, questa questione è più urgente. Inoltre ho deciso di mandare proprio Arslan e Trevor a sistemare le cose, andrà anche lei con un paio di reclute e stia attento a non perderle per strada.»
Rodd, rosso in volto, rimase fermo sulla sua posizione.«Maestro mi vedo costretto ad insistere, il ragazzo non può farla franca anche stavolta, non rispetta le regole, pecca di arroganza e crea un sacco di problemi alle nuove reclute. Deve essere punito! Si una punizione esemplare, questo è quello che ci vuole!»
«E mi dica maestro Rodd vuole infliggerla lei questa punizione esemplare, magari con una spada in pugno, magari davanti a tutti, nel campo d'addestramento cosicché i suoi allievi possano capire cosa comporta infrangere le regole. Cosa ne pensa?»
Rodd diventò paonazzo all'istante, sapeva benissimo di non poter competere con Arslan e di fare una figuraccia dinanzi alle reclute e a tutti gli altri maestri. Iniziò a balbettare cercando una risposta che potesse salvare la sua dignità dopo le parole pungenti di Gilford.
«Bene, affronteremo questa questione al vostro ritorno. Ora fareste meglio a partire prima che faccia buio o che il tempo peggiori.»disse il vecchio.
«S..s..si concordo con lei maestro, vado subito a preparare le migliori reclute a disposizione.»contento di aver avuto l'ultima parola si congedò ed uscì di corsa dalla stanza.
«Gli dei maledicano il giorno in cui ho fatto entrare quel buffone nella mia scuola!» inveì il vecchio.
Dopo qualche istante i due scoppiarono in una fragorosa risata.
«Ora faresti meglio ad andare anche tu Arly. Trevor ti starà aspettando.»
«Si, vado subito maestro»disse Arslan asciugandosi le lacrime dagli occhi. Una volta fuori dalla stanza trovò Trevor seduto su una panca. «Visto, te l'avevo detto che ti saresti piegato in due dalle risate. Adesso andiamo ho già sellato i cavalli.»

Le Cronache Di Elen  il guerriero di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora