capitolo 8

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Rientrarono di corsa in città, senza lasciare i cavalli nelle stalle.
Il calpestio degli zoccoli sulla pietra sembrò talmente assordante da svegliare tutti gli abitanti.
La locanda di madame Myria era ancora aperta, entrarono senza tanti complimenti portando in braccio le donne e sistemandole accanto al fuoco, che scoppiettava ancora allegramente nonostante fosse quasi l'ora di chiusura.
«Lode agli Dei! Siete già qui» gridò di gioia Myria. «Stanno tutte bene?»
«Sembrerebbe di si ma dormono tutte e non siamo riusciti a svegliarle. Sarà meglio chiamare un guaritore.» Suggerì Trevor.
Un' occhiata di madame Myria fu sufficiente affinché il gigante dai capelli rossi, che stava dietro al bancone, si diede da fare. Buttò fuori gli ultimi clienti rimasti che, quasi del tutto sbronzi, non fecero alcuna resistenza, dopodiché corse fuori per chiamare il guaritore.
Trevor suggerì a Myria di far preparare delle stanze con dei bracieri e dei letti comodi dove farle riposare.
«Non preoccuparti cavaliere, le mie ragazze hanno sempre stanze calde e letti comodi. Al contrario di quelle che rifilo a voi.» Sorrisero entrambi.
«Di ai tuoi ragazzi di portarle al terzo piano, le altre Si prenderanno cura di loro.»
«Myria... volevo dire madame, per caso conosce questa ragazza?» Arslan scostò un un po' le coperte per farle vedere il volto, ancora tumefatto ed insanguinato. «L'abbiamo trovata insieme alle altre.»
«Santo cielo ma chi è stato a ridurla così? È solo una ragazzina.»
«Non sappiamo chi è stato. Non abbiamo incontrato nessuno sulle montagne e vorrei parlarti proprio di questo se hai tempo.»
Trevor prese per un braccio la donna è si allontanarono verso il bancone deserto.
«Quanto a voi, portate le ragazze di sopra e poi dritti nelle vostre camere, intesi?»
«Si ser Trevor.» Risposero tutti in coro tranne Rodd.

Giunsero al terzo piano accompagnati da una piccola ragazza dagli occhi a mandorla, molto scossa e nervosa. Non faceva altro che puntare il dito a destra sinistra indicando le camere delle ragazze.
«Portala lì, tu di la, tu invece qui.»
Arslan fu l'ultimo ricevere la collocazione, la ragazza lo condusse una piccola ma calda stanzetta. Dalla finestra si vedeva il lago. Tra le strette pareti, una volta adagiata sul letto, bastò poco perché l'odore della ragazza sconosciuta si fece quasi insopportabile.
«Poverina, vado a prenderle dell'acqua calda. Aspettami qui potrei aver bisogno di aiuto.» La ragazza nervosettà uscì di corsa sbattendo la porta. Arslan rimase solo con la sconosciuta.
Si inginocchiò accanto al letto e cercò di pulire alla meglio il sangue incrostato che le ricopriva il volto. Man mano che la ripuliva ne apprezzava il volto: la pelle bianca come il latte, le guance morbide, i capelli lunghi e neri un po' mossi. Rifletté sul fatto che non aveva mai trascorso così tanto tempo vicino ad una ragazza. Gli sarebbe piaciuta una vita così: tranquilla, onesta, con una bella moglie accanto e dei marmocchi fra i piedi. Ci pensava spesso. Il suo futuro però fu segnato sin dal giorno in cui i suoi genitori lo abbandonarono alle porte della scuola di Morgan. La sua vita era votata al dovere, apparteneva al regno di Elen.

Ancora in attesa dell'acqua, si accorse che stava morendo di caldo nella stanzetta. Pensò che anche la ragazza potesse soffrirne così iniziò a spogliarla, anche per eliminare la fonte di quel terribile odore.
Le stava sbottonando la veste di lana all'altezza del seno, quando si svegliò di soprassalto. Si mise a sedere sul letto con uno scatto fulmineo. Il respiro affannoso ed irregolare. I suoi occhi percorsero velocemente tutta la stanza fino posarsi su Arslan. Appena lo vide, con le mani giunte al petto come per trattenere il cuore per evitare che uscisse, disse solo:«Ce l'ho fatta, ci sono riuscita.» Tutto d'un fiato.
Arslan non capiva a cosa si riferisse e non ebbe neanche il tempo di chiederglielo. Lei allungo la mano destra per accarezzarlo, poi tentò di baciarlo sulla guancia ma senza riuscirci, finendo per crollare di nuovo addormentata sulla spalla di Arslan.

La mattina seguente a colazione, Arslan racconto a Trevor ciò che era accaduto la sera prima.
«Penso di sapere cosa significhi» Disse il suo maestro. «Dobbiamo sbrigarci a tornare alla fortezza.»
«Non aspettiamo che si svegli? Che cosa significa? Dimmelo!»
«Non spetta a me ragazzo mio, dobbiamo solo tornare indietro e alla svelta.»
«A chi spetta allora? Ti stai comportando in modo strano ultimamente. Vuoi dirmi che succede?»
«Presto avrai le tue risposte Arly, spero solo di sbagliarmi.»
Ser Trevor si alzò dal tavolo, lentamente, come se avesse il peso del mondo sulle spalle. Andò di persona a svegliare tutti e a sollecitarli per la partenza.
Poco dopo, alle prime luci dell'alba si misero in viaggio verso la fortezza. I timidi raggi del sole non riuscirono a mitigare il gelo della notte. Faceva ancora molto freddo.

Le Cronache Di Elen  il guerriero di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora