Capitolo 4

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Nel frattempo, in luogo remoto

Pioveva ininterrottamente da più di tre ore. Il cielo oscuro squarciato solo da lampi e fulmini. Le onde del mare burrascose si infrangevano sugli scogli con una violenza inaudita. Il livello dell'acqua saliva costantemente. Il piccolo isolotto si ritrovava ora quasi interamente sommerso.
La torre costruita al centro dell'isola sembrava galleggiare in balia delle onde.

Un piccolo essere deforme saliva frettolosamente le scale interne che l'avrebbero portato in cima all'edifico, veniva dai sotterranei, da chilometri di profondità immersi nel calore e nel buio.
Una volta in cima le sue gambe erano tremolanti, non tanto per lo sforzo fisico, bensì per la paura.
Si ritrovò dinanzi a un portone in metallo di colore nero, alto almeno tre metri, con una mano tremolante fece per bussare alla porta.
Una voce roca e profonda dall'interno gli disse di entrare, a quel punto il grande portone iniziò a muoversi lentamente, lasciando uscire all'esterno una sferzata di aria gelida.
Non c'era alcun mobile nella stanza, era completamente spoglia.
Nella parete opposta alla porta, dove ci sarebbe dovuta essere una finestra, vi era solo una grande apertura, uno squarcio nella parete di mattoni. Al centro c'era un uomo completamente vestito di nero, indossava solo una tunica di cotone quasi del tutto inzuppata d'acqua.
Il suo fisico era massiccio ed imponente, il volto pallido ed il suo sguardo gelido, perso nel vuoto della notte fissava con attenzione la tempesta come se la stesse guidando o manipolando.
Girò la testa con estrema lentezza verso il piccolo essere venuto dal basso «È tutto pronto?» chiese con un filo di voce smorzata dal dolore.
«Si mio signore, i preparativi sono terminati.»
Ci fu un attimo di silenzio e la piccola creatura, temendo ripercussioni per la sua risposta, strisciò via veloce come una lucertola minacciata da uno stivale.
La tempesta infuriava all'esterno e non lasciava un attimo di tregua.
L'uomo in nero avanzò qualche timido passo verso lo squarcio nel muro. Ad ogni passo prese sempre più fiducia, il suo duro lavoro stava per essere ripagato. Si ritrovò sull'orlo e senza alcun indugio mosse un passo verso l'esterno. Nel buio.
Anziché cadere, il suo corpo pesante fluttuò pericolosamente su dei mattoni che poco a poco si staccavano, uno dopo l'altro, dalla parete della torre fino a formare una passerella sospesa nel vuoto. Camminava con sicurezza e senza alcuna paura, si fermò quando fu in corrispondenza del mare, ora si trovava immerso nella tempesta a più di quaranta metri dal suolo. Raccolse le sue ultime energie e con uno sforzo immane pronunciò un incantesimo in una lingua antica ed incomprensibile.
Si accasciò a terra per il dolore. "Ne è valsa la pena" pensò l'uomo.
Dopo qualche istante i rombi dei tuoni si fecero più assordanti mentre lampi verdi rischiaravano la notte. Un ammasso di nubi si condensò proprio sotto la passerella di mattoni, ruotavano con velocità e modellate dal vento avevano assunto una forma circolare. I bordi grigiastri si restringevano sempre di più poiché nel mezzo stava nascendo qualcosa: un portale, nero come la pece, cresceva rubando spazio alle nuvole. Non aveva tridimensionalità ma era talmente oscuro ed inquietante da far perdere lo sguardo, perfino la pioggia sembrava evitasse di cadere al suo interno.
Ancora in ginocchio e dolorante si sporse per vedere la sua opera e si lasciò andare in una folle risata. Dopodiché estrasse dalla cinta avvolta in vita un pugnale e si incise un taglio profondo nel palmo della mano. Rivoli di sangue scorrevano dalla ferita e mista alla pioggia incessante, scivolavano verso il basso, verso il vuoto. L'uomo strinse ancora di più la mano fino ad affondare le unghie nella carne viva, trattenne una smorfia di dolore e si preparò per quello che sarebbe successo.

Al contatto della prima goccia di sangue col portale il vento e la pioggia cessarono di colpo, i tuoni si ammutolirono, tutto tacque per un istante.
Dal portale si sollevò una nebbia di colore verde sempre più fitta, verso il basso si potevano scorgere una miriade di volti eterei che vorticavano senza sosta al suo interno. Erano privi di corpo e di espressione, si inseguivano l'un l'altro senza sosta e senza uno scopo. Iniziarono a gridare sempre più forte fino a che il loro non divenne un lamento straziante ed insopportabile. Uscirono in massa dal loro spazio e si sollevarono racchiusi in un vortice al di sopra della passerella di mattoni. L'uomo osservava il tutto in ginocchio soddisfatto del suo lavoro.
Molti metri sopra i volti si dispersero in un lampo verso tutte le direzioni, lasciando dietro di loro solo una scia ed un puntino verde nell'orizzonte nero.

Il cattivo tempo cessò subito dopo e nel cielo scomparve ogni traccia di oscurità, il livello dell'acqua scese e la terra poté riassaporare la luce del sole.

Chiedo scusa per il ritardo e la brevità di questo capitolo, sono stato molto impegnato con lo studio in queste ultime settimane. Spero di rifarmi con i prossimi e di farli uscire con più regolarità. Fatemi sapere con una stellina se vi piace quello che sto scrivendo e se avete suggerimenti, consigli o critiche scrivete pure nei commenti. Grazie!

Le Cronache Di Elen  il guerriero di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora