Capitolo IX

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Lorenzo afferrò il bicchiere e tracannò una generosa sorsata del suo Aperol Spritz.
Non faceva altro che ripensare a quanto poco prima aveva appreso in studio e alla brutta piega che il caso aveva appena intrapreso.
Per quanto si sforzasse di apparire tranquillo, la consapevolezza che Fabio avesse mentito lo aveva turbato più di quanto avrebbe voluto ammettere.
Erano dieci anni che esercitava la professione, se considerava anche il periodo di pratica forense, e nonostante avesse più volte acclarato che i clienti avevano l'inspiegabile abitudine di non seguire i consigli dei propri difensori, il fatto che Fabio gli avesse mentito lo urtò in modo spropositato, specie se su un dato così essenziale quale l'ordine cronologico dei suoi spostamenti.
Come se la sua posizione non fosse già compromessa abbastanza, con tutte quelle prove a suo carico.
Giunti a quel punto, occorreva senza dubbio verificare se gli orari, così come desumibili dai video, fossero compatibili con l'azione omicidiaria. Nell'appurare ciò, sfilò il cellulare dalla tasca e annotò tra i promemoria la necessità di sottoporre il quesito al suo consulente, sperando al contempo di trovarvi qualche messaggio di Marta che lo aggiornasse su eventuali novità.
Sbuffò deluso nel vedere la sua casella dei messaggi vuota.
Rimase per qualche tempo imbambolato a fissare lo schermo, quasi a voler sperare che in quegli attimi qualcosa potesse miracolosamente cambiare, quando uno schiocco di dita lo ridestò dai suoi pensieri.
«Ehi, bell'addormentato! Sei ancora tra noi?» lo sbeffeggiò Luca ridendo.
Lorenzo scosse il capo e strofinò con vigore il palmo sulla fronte.
«Sono stanco.» mugugnò «Questo caso mi sta uccidendo!»
«Basta pensare al lavoro e goditi la serata con il tuo cuginetto preferito. Ti ho persino portato quell'avvocatuncolo del cazzo di Ferraro!»
«Ah, beh! Se a dirlo è quell'idiota del tuo cuginetto preferito, allora sì che ti puoi rilassare!» borbottò sarcastico Ferraro.
Lorenzo accennò una debole risata e assecondò il buon proposito del cugino, facendo scontrare il bicchiere con i suoi due amici.
Da quando era tornato a Napoli, non era mai riuscito a incontrarsi con Luca a causa dei rispettivi impegni lavorativi e solo vedendolo dopo tutto quel tempo si rese di conto di quanto in realtà gli fosse mancato. Luca Borrelli, figlio dell'avvocato Borrelli, titolare dello studio presso il quale esercitava, era più piccolo di lui di quattro anni, ma nonostante la differenza di età erano sempre andati molto d'accordo.
Lorenzo aveva sempre considerato Luca come il fratello che non aveva mai avuto, d'altronde era da lui che si rifugiava quando il suo ambiente familiare diventava ostile e l'aria di casa irrespirabile.
Quando decise di trasferirsi a Roma per frequentare l'università, per poi stabilirsi lì anche per lavoro, erano sempre rimasti in contatto, dopotutto erano cresciuti insieme. Erano simili in tutto e per tutto; oltre che al carattere deciso e sfrontato e l'aria da latin lover che li accomunava, anche la somiglianza fisica era strabiliante, tanto che nessuno avrebbe incontrato seri problemi nello scambiarli per reali fratelli.
Solo gli occhi erano diversi. Erano entrambi nocciola, ma quelli di Lorenzo erano leggermente più scuri e dal taglio più grande, l'unica impronta che aveva ereditato da sua madre.
Quell'aperitivo al Blonde, il loro locale abituale situato in Via Bisignano, strada principale dei baretti di Napoli, era la prima occasione in cui erano riusciti a vedersi dopo tanto tempo di lontananza. In quel periodo così stressante, una rimpatriata con suo cugino e Marco Ferraro, l'amico di infanzia di Luca, era proprio ciò di cui aveva bisogno, una boccata di aria fresca.
«Allora, a parte il lavoro, come va la vita? Stai con qualcuna?»
Lorenzo aggrottò la fronte.
«In che senso "stai con qualcuna"?»
Luca trattenne una risata e Ferraro, sollevando gli occhi al cielo, si affrettò a chiarire il concetto.
«Ciò che Luca intendeva chiederti è se ti sei fidanzato.»
Lorenzo li guardò di traverso, inorridito al pensiero.
«Ma sei impazzito! L'unica cosa seria che posso condividere con una donna è una notte di sesso!» precisò altezzoso, poi guardò il cugino a metà tra il deluso e il divertito «Tu piuttosto! Ho saputo che ti sei fidanzato e intendo seriamente!»
«Eh già!» ammise Luca, scuotendo il capo rassegnato «Flaminia mi ha infinocchiato per bene!»
«È gnocca, almeno?»
«Ha due tette pazzesche!» esclamò sognante, ma nell'incrociare lo sguardo di disappunto di Ferraro, mise le mani avanti «Non solo quelle, eh! È bella, intelligente e poi ha un modo di fare che mi fa letteralmente uscire di testa!»
Di fronte all'elogio verso le doti di Flaminia, Lorenzo non riuscì a reprimere una smorfia disgustata. Ai suoi occhi, quel modo di fare appariva così melenso, che all'ennesima esternazione su quanto fosse straordinaria quella ragazza, non fu più in grado di sostenere l'eccessiva dose di zucchero nelle parole del cugino.
«Mi stai facendo venire il diabete.» commentò acido «E tutto questo solo per dire che ti tiene per le palle!»
Luca, colto nel vivo dal suo commento, gli mollò un pugno sulla spalla, mentre Marco Ferraro scuoteva il capo rassegnato.
«A quanto pare la stronzaggine è una cosa di famiglia! Ma che cazzo vi facevano mangiare?»
Lorenzo scrollò le spalle con un sorriso innocente, poi terminò il suo drink in un solo sorso e poggiò il bicchiere vuoto sul tavolo.
«Ferrà, tu che dici? Stai ancora con quella ragazzina, Alessandra, giusto?» poi fece una smorfia ammirata «Ah complimenti! Devo ammettere che hai colpito anche me con la storia della studentessa!»
Marco Ferraro, in procinto anche lui di prendere un sorso del suo aperitivo, si strozzò con il liquido rossastro e sbarrò gli occhi esterrefatto.
«E tu che cazzo ne sai?» gracchiò soffocante, prima di tossire.
Lorenzo si morse il labbro con aria angelica e Ferraro, sospettoso, si voltò in direzione di Luca, il quale, dal canto suo, se la stava letteralmente ridendo sotto i baffi.
«Oh andiamo, Ferrà! Non potevo non raccontargli la telenovela tra te e Alessandra!» si giustificò Luca, alzando le mani in segno di resa «E poi l'ha conosciuta personalmente quel giorno a Roma!»
«Davvero un gran colpo!» rincarò Lorenzo, dando man forte al cugino «Non me l'aspettavo da te, sei sempre stato così bacchettone!»
«Non sono bacchettone! Sono semplicemente una persona seria, cosa che di certo non si può dire di voi!»
«Sì,certo, un serio rotto in culo!» lo sbeffeggiò Luca sghignazzando.
Lorenzo scoppiò a ridere di gusto dinanzi al cipiglio contrariato formatosi sul viso di Marco. La postura ritta e l'aria altezzosa e superba gli ricordarono molto i modi di fare tipici di quella piattola di Marta Bianco.
«Sai, in questo momento mi ricordi molto la mia collega. E no, non è un complimento!»
«Ti riferisci a quella che ti odia perché ritiene che tu sia un insopportabile maschilista?»
«Ma tu sei un insopportabile maschilista!» puntualizzò Ferraro eloquente.
«E lei una rompipalle femminista!» protestò Lorenzo con veemenza «Non immaginate nemmeno che cosa significhi lavorare con una che a ogni occasione ti tedia i coglioni con quelle stronzate sulla parità dei sessi!»
«Solo mio padre poteva avere la brillante idea di assegnare questo caso a voi due!» commentò Luca divertito «Di' un po', come sta andando?»
Lorenzo sbuffò sonoramente e si accasciò sulla sedia.
«Una vera merda! Non bastava il fatto che il caso fosse uno dei più difficili nei quali mi sono mai imbattuto, ci voleva pure Marta a rendermi le cose ancora più complicate. Sapete, lavorare con una che ti odia e per cui ogni occasione è buona per ricordartelo è davvero sfiancante!»
«Ma almeno è carina?»
Lorenzo ci pensò un attimo prima di rispondere. Se quella domanda gli fosse stata posta qualche tempo prima, a collaborazione appena iniziata, non avrebbe avuto esitazioni nel rispondere con una valanga di insulti. Marta non lo aveva mai colpito per l'aspetto fisico, l'aveva sempre trovata troppo insignificante per i suoi standard e non poteva certo spendere belle parole per ciò che riguardava il carattere, con quell'aria da pitbull pronto ad azzannarlo al primo momento utile. Tuttavia, in quell'occasione si trovò a non sapere cosa dire. Non poteva più definirla anonima, perché Marta Bianco, a modo suo, era ... bella, anche senza le forma giunoniche e le gambe chilometriche. Era tutto il resto il problema.
«È carina, ma è davvero insopportabile!Mi ricorda troppo mia madre.»
C'era lieve risentimento nella sua voce e la cosa non sfuggì a Marco e Luca che, intuendo l'argomento spinoso, si lanciarono un'occhiata d'intesa.
Marta Bianco non lo sapeva, ma il fatto che Lorenzo spesso rivedeva in lei gli atteggiamenti di sua madre non era affatto un accostamento favorevole. Forse, se avesse conosciuto la ragione, certi comportamenti di Lorenzo le sarebbero stati più chiari.
Dal silenzio intimorito dei suoi amici, Lorenzo captò la punta di disagio che improvvisamente appesantì la conversazione e con un colpo di tosse cambiò espressione.
«Però non si può certo dire che non sia divertente, quella donna è una sfida perenne!» constatò divertito, nel palese tentativo di distogliere l'attenzione dall'argomento scomodo della sua famiglia.
Marco e Luca perdurarono nel loro silenzio, entrambi a conoscenza dei trascorsi dell'amico, e dopo essersi scambiati un'ultima occhiata, accolsero di buon grado il suo tacito invito a non approfondire la questione.
«Secondo me sotto sotto te la faresti!» insinuò Luca malizioso, cercando di smorzare la tensione.
Lorenzo per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
«Ma sei pazzo? Quella è capace di staccarmi l'uccello a morsi!»
«Ah, io non lo direi se fossi in te!» lo avvertì Ferraro, con l'aria di chi la sapeva lunga «L'ultima volta che ho pronunciato questa frase, mi sono ritrovato a letto con una ragazzina. E ora ci convivo!»
Luca scoppiò fragorosamente a ridere, ma Lorenzo continuava a fissare Marco scioccato.
Era sempre più convinto che tra lui e Marta non sarebbe mai potuto succedere niente, anzi, l'idea lo faceva rabbrividire. Certo, doveva ammettere che qualche volta gli era capitato di immaginarsela nuda ed era persino arrivato a chiedersi che tipo fosse a letto, specie dopo il brutto tiro in studio, ma a parte qualche isolata fantasia sconcia, non l'aveva mai pensata in quel modo. Almeno non con lui come protagonista. Da quel punto di vista, la sua era solo pura curiosità, dopotutto Marta Bianco restava la detestabile femminista psicopatica e lui era certo che si sarebbero scannati persino sotto le lenzuola.
Già se la immaginava sbraitargli contro qualche fesseria sulla parità dei sessi, per il solo fatto di averla toccata nel fulcro della sua femminilità senza averle prima chiesto il permesso, o a causa di qualche posizione da lei ritenuta degradante.
«È impossibile! È più probabile che mi faccia fuori prima!»
Non poté immaginare Lorenzo che quella previsione, anche se figurata, potesse avvicinarsi così tanto alla realtà come nel momento immediatamente successivo.
Marta Bianco aveva appena fatto il suo ingresso al Blonde e perlustrò tutto il locale come un segugio, alla ricerca di Lorenzo Anselmi. Non era stato difficile scoprire dove fosse andato, le era bastato chiamare il suo titolare e dirgli che Lorenzo non rispondeva alle sue telefonate. Con la scusa di doverlo informare su importanti sviluppi sul caso Corsi e palesando il timore che lui la stesse in qualche modo evitando, Umberto Borrelli le aveva procurato quell'informazione in quattro e quattr'otto.
Aveva scelto di evitare di chiamarlo personalmente, perché per nessuna ragione al mondo avrebbe messo a repentaglio l'effetto sorpresa.
La rabbia e il risentimento che covava dentro per l'essersi sentita scavalcata per l'ennesima volta erano così incontenibili, che quel farabutto meritava di essere punito con una vendetta coi controfiocchi. E quale punizione peggiore per un maschilista come lui, se non quella di essere ridicolizzato da una donna davanti ad altri uomini?
Non impiegò molto a individuare il suo tavolo, nonostante la penombra. Il Blonde era illuminato solo dalle lanterne poste al centro dei tavoli in legno e da piccole lampade pendenti dal soffitto bianco che a stento davano visibilità alle pareti in mattone. La luce offuscata e la musica soul di sottofondo riuscivano perfettamente nel loro intento di preservare quel po' di intimità che si poteva pretendere in un ambiente così affollato ed era proprio per questo che Marta aveva sempre apprezzato quel luogo. Era un bar accogliente, di quell'eleganza fine, ma non ingessata, luogo prediletto delle sue rimpatriate a base di ottimo cibo e buon vino con le amiche. Proprio perché era uno dei suoi locali preferiti, odiava che Lorenzo Anselmi guastasse quell'atmosfera piacevole con la sua presenza.
Quando finalmente lo intercettò, marciò spedita nella sua direzione. Lorenzo stava conversando tranquillamente con i suoi amici e nel trovarsi all'improvviso la figura di Marta Bianco dinanzi, con quell'espressione ricolma del solito odio, sgranò gli occhi sorpreso.
«Pitbull! Che diavolo ci fai qui?»
«Non chiamarmi pitbull!» ruggì Marta, senza nemmeno salutare gli altri presenti.
Sfilò dalla borsa un plico di fogli rilegato e lo lanciò con così tanta noncuranza, che esso atterrò sul tavolo con un pesante tonfo.
I tre uomini sussultarono di colpo, poi, spiazzati, raddrizzarono il busto.
Lorenzo aggrottò la fronte incuriosito e quando capì di cosa si trattasse, s'illuminò di entusiasmo.
«Oh, finalmente è arrivata la consulenza!» esclamò, sfogliandola «Perché non mi hai chiamato subito?»
Marta strinse i pugni con una tale forza, da avvertire nitidamente la pressione delle unghie che tentavano di perforarle la carne. Era inquietante con il corpo tremante di rabbia e la mascella contratta in una presa ferrea, sembrava una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
Marco e Luca osservarono la donna perplessi e si voltarono interrogativi in direzione di Lorenzo, il quale, tranquillo, continuava a scrutarla da capo a piedi.
«Si può sapere che ti prende?» chiese ingenuamente.
«Che mi prende?» sibilò Marta gelida «Ma si può sapere cosa cazzo c'è di sbagliato in te?!»
Lorenzo sbatté le palpebre più volte, spaesato.
«Saresti così gentile da spiegarti meglio?»
«Vuoi che te lo spieghi?» abbaiò Marta con ironia tagliente, poi afferrò il plico di fogli e lo indicò con eloquenza «Questa è la consulenza di parte relativa all'autopsia di Flavia Corsi.»
«Beh, lo vedo.» l'assecondò Lorenzo senza capire.
Marta espirò sonoramente dal naso e strinse i denti.
«Chiarisco: questa è lal consulenza di parte di cui io ero completamente all'oscuro, commissionata dalla difesa, a cui io faccio parte, a un cazzo di consulente che io non ho mai scelto!» tuonò isterica, aumentando progressivamente il volume della voce a ogni sillaba.
Un debole luccichio di consapevolezza attraversò gli occhi di Lorenzo e Marta, scorgendolo, capì finalmente di aver colto nel segno. Per un momento, si concesse anche il lusso di respirare regolarmente.
«Ah, ora capisco!» esclamò rassicurante «Tranquilla, il dottor Fusco è eccezionale!»
Quella risposta la lasciò così di stucco, che le braccia le caddero lungo i fianchi in segno di protesta. Non poteva credere che Lorenzo Anselmi fosse così idiota da non cogliere i termini della questione. Ciò di cui era certa, era che fosse davvero sul punto di ucciderlo.
«Mi stai prendendo per il culo?!» urlò fuori di sé.
Lorenzo fece una smorfia di dolore, disturbato dal suono stridulo della sua voce, il cui tono aveva superato ampiamente la soglia dei decibel tollerabili. Marco e Luca, invece, dopo un primo momento di stupore, seguirono quel teatrino con una risata sempre incastrata tra i denti.
«Devo ricordarmi di dire a mio padre che è un cazzo di genio!» esclamò Luca entusiasta.
Sia Lorenzo che Marta si voltarono in sua direzione per fulminarlo con lo sguardo.
Lorenzo cominciò ad avvertire la rabbia divamparsi, ma raggiunse quasi l'apice quando sentì le risa fragorose degli amici. Quella piattola della sua collega lo stava mettendo in ridicolo non solo davanti a Luca e Marco, ma davanti a tutto il locale. Le urla di Marta erano riuscite a sovrastare la musica di sottofondo, attirando così l'attenzione dei presenti, i cui sguardi gli si erano incollati addosso, causandogli un forte imbarazzo. Si sentiva osservato da tutti e per nulla al mondo le avrebbe fatto passare liscia un simile affronto, specie se così teatrale.
Si alzò in piedi e in preda ad un moto iracondo, sbatté i palmi sul tavolo e si sbilanciò con il busto in avanti per avvicinarsi al suo viso.
«Piantala immediatamente con questa sceneggiata da psicopatica e usciamo fuori a parlare!»
Marta sollevò il mento con aria di sfida e incrociò le braccia al petto.
«Non c'è niente di cui parlare, tutto si può sintetizzare con un quanto tu sia stronzo!»
«Oh no, mia cara! Sei venuta qua per parlare e dopo avermi fatto diventare lo zimbello del locale, adesso esci fuori!»
Luca e Marco assistettero perplessi a quello scambio di battute. L'atmosfera si stava scaldando sempre di più, tra Marta che, con aria sprezzante, rifilava indicibili improperi a Lorenzo e quest'ultimo che, sull'orlo di una crisi di nervi, sembrava in procinto di sollevarla di peso e trascinarla fuori con la forza.
Fu Luca a intervenire, onde evitare che la situazione degenerasse in tragici epiloghi.
«Ma come, Lore, andate via senza nemmeno averci presentato la tua collega?»
Lorenzo lo trafisse con lo sguardo, intimandogli silenziosamente di farsi gli affari suoi e Marta solo in quel momento si rese conto di quanto potesse essere apparsa maleducata agli occhi degli altri due uomini, piombando in quel modo senza nemmeno presentarsi. Nel fare il suo ingresso al Blonde, era così accecata dal risentimento, che non aveva proprio prestato attenzione ai suoi amici.
Con un lieve imbarazzo sulle gote, si lisciò il pantalone e allungò la mano presentarsi. Quando riconobbe uno dei due uomini, sgranò gli occhi sorpresa.
«Avvocato Ferraro, che piacere!»
Marco Ferraro sollevò divertito un angolo della bocca e le strinse la mano.
«Avvocato Bianco, non sapevo fosse lei la malcapitata collega costretta a lavorare con Lorenzo!»
Lorenzo e Luca alternarono stupiti lo sguardo sui due.
«Voi vi conoscete?»
«Sì, ci siamo conosciuti durante il processo Ferrarini, i nostri studi difendevano due coimputati.»
Marta sorrise imbarazzata e si portò una ciocca dietro l'orecchio.
«E tu devi essere il commercialista di Lorenzo.»
«In carne ed ossa!» affermò Luca, allungando la mano con il suo sorriso da cascamorto «Piacere, Luca Borrelli.»
Marta ricambiò la stretta e scrutò l'uomo con attenzione. Aveva un'aria vagamente familiare e non solo per la straordinaria somiglianza con Lorenzo. Le sembrò di averlo già visto da qualche parte, ma solo dopo che il suo cervello ebbe metabolizzato la notizia relativa al suo nome (e in particolare il cognome) che si sentì mancare la terra sotto i piedi.
«A-aspetta, Borrelli?! Tu sei...» balbettò, sbiancando di colpo.
«Già, il figlio di Umberto, alias il tuo titolare.» la schernì Lorenzo, ghignando soddisfatto «Hai appena fatto una scenata da psicopatica davanti al figlio del tuo capo!»
Marta digrignò i denti irritata. Si maledì in tutte le lingue per esser stata tanto avventata dal non aver verificato prima la presenza dei due uomini e per non aver riconosciuto subito il figlio di Umberto. Più di una volta Luca era passato allo studio del padre, ma Marta, a causa dei suoi impegni, era riuscita a incrociarlo solo una volta. Eppure, se fosse stata più lucida, avrebbe senz'altro collegato prima che quel Luca fosse il cugino di Lorenzo, anche attraverso i racconti di Umberto.
«Beh, intanto, la scenata da psicopatica te la meritavi!» si difese lei dura, cercando di mascherare la vergogna.
«Ha ragione lei.» le diede man forte Ferraro «Non coinvolgere l'altro difensore nella scelta del consulente è davvero un colpo basso!»
«Tu non ti intromettere!» grugnì Lorenzo seccato.
«Tranquilla, Marta, Lorenzo fa lo stronzo con tutti!» la rassicurò Luca.
«Ma da che cazzo di parte state?!»
Marta osservò il viso del suo collega contrariarsi, ferito dal fatto che i suoi amici stessero spalleggiando lei e non lui, e constatò con piacere che il suo piano fosse riuscito alla perfezione. Si dovette trattenere per non scoppiare in una risata malefica alla Sig. Burns dei Simpson.
«Allora, Luca, spero che tu non sia stronzo come tuo cugino!» rincarò melliflua.
«Marta, ma non hai da lavorare?!» sbottò Lorenzo irritato.
Marta si voltò distratta in sua direzione e lo guardò con sufficienza.
«Neanche tu stai lavorando. E non prendo ordini da te.»
Lorenzo inspirò avidamente dal naso e con fare visibilmente offeso, si accomodò nuovamente al suo posto. Niente era per lui più seccante di vedere quella piattola di collega conversare amabilmente con i suoi amici. Quella serpe in gonnella era capace di mutare totalmente personalità in presenza di altri: con lui restava la rompiscatole femminista con la faccia da pitbull, mentre agli altri dispensava sorrisi melensi e risate sincere. Persino i suoi tratti del viso cambiavano; diventavano più delicati senza quelle rughe di espressione. Era convinto che lei soffrisse di qualche forma di bipolarismo; un attimo prima era pronta a sbranarlo vivo, con gli occhi ardenti reclamanti il suo sangue, e un attimo dopo rideva e scherzava con i suoi amici, monopolizzandone l'attenzione, mentre lui veniva segregato nel silenzio, escluso dal suo stesso tavolo.
«Marta, la stronzaggine nella loro famiglia è un marchio di fabbrica!» puntualizzò Marco sarcastico.
«Ferrà, tu sta' zitto, che hai fatto di peggio!»
«Non è vero!»
«Ah no? Vogliamo vedere Marta che dice sul comportamento che hai tenuto quando ti sei messo con Alessandra?»
«Non sono sicura di voler sapere che cosa ha combinato l'avvocato Ferraro. Non vorrei perdere l'ottima considerazione che ho di lui!»
«Ah, Marta, non basterebbe l'intera serata! Ferraro ha tanti scheletri nell'armadio!» insinuò Luca, mollando un pugno sulla spalla dell'amico.
Marco Ferraro fece una delle sue smorfie altezzose e si scrollò di dosso le mani del suo amico.
«Ignoralo, Marta, non c'è nessuno scheletro nell'armadio.»
«Quindi non si nasconde nulla dietro l'uomo serioso che ho conosciuto in tribunale?» rincarò Marta maliziosa «A proposito, l'altra volta non c'è stato modo, ma volevo complimentarmi con te per la tua discussione nel caso Ferrarini. Il modo con cui hai sostenuto che il tuo cliente fosse vittima di estorsioni e non colluso è stato davvero egregio!»
Lorenzo Anselmi, ancora in disparte, osservò la donna complimentarsi con l'amico e inarcò un sopracciglio.
«Anche tu sei stata molto brava, d'altronde il tuo cliente ha avuto l'assoluzione piena.»
Marta gli sorrise riconoscente e a Lorenzo non sfuggì lo strano luccichio che le illuminava lo sguardo. La sua collega si stava letteralmente mangiando con gli occhi Ferraro e nel vederla sbattere le ciglia e portarsi una ciocca dietro l'orecchio, le solite movenze che la smascheravano quando flirtava con qualcuno, per poco non gli partì un embolo.
«Beh, allora mi auguro di ritrovarti in tribunale!» esclamò Marta speranzosa.
«Sarà un piacere!»
«Sì, sì, tutto molto bello!» s'intromise Lorenzo, afferrando Marta per un braccio «Su, forza, andiamo a parlare fuori!»
Marta, sbigottita, si sentì trascinare verso l'uscita contro la sua volontà e provò a divincolarsi.
«Ma che fai?! Mollami! Ho detto che non abbiamo niente da dirci e poi stavo parlando con loro!»
Lorenzo dilatò le narici e nel vederla con lo sguardo ancora puntato su Ferraro, la tirò con più decisione.
«Oh, io ho tante cose da dirti! Oltretutto se non parliamo e chiariamo, mi tieni il muso da pitbull per settimane e francamente vorrei evitare!» sbuffò spazientito, poi afferrò l'altro suo braccio e lo agitò in direzione dei ragazzi «Ragazzi, noi usciamo fuori. Dite "ciao ciao" a Marta!»
Non le diede neanche il tempo di formulare una protesta, che Marta si ritrovò avvolta dal corpo di Lorenzo, con il petto che premeva contro la sua schiena per costringerla ad avanzare.
Marco e Luca, esterrefatti, li osservarono mentre si allontanavano e quando furono troppo lontani per essere ancora visibili, sbatterono le palpebre più volte.
«Non credi che sia meglio seguirli? Quei due si ammazzano!» si accertò Marco perplesso.
Luca non gli rispose. Continuava a guardare avanti a sé, proprio verso il punto prima occupato dai due ragazzi, con uno strano sorriso stampato in volto.
«Oh mio dio...»
Ferraro si voltò di scatto verso di lui, incuriosito.
«Che c'è?»
«Gli piace!»
Marco corrugò la fronte, non troppo convinto, e guardò prima Luca, poi la sedia occupata in precedenza da Lorenzo.
«Tu dici? A me è sembrato che proprio non si sopportano. Perché lo pensi?»
Luca scosse il capo incredulo.
«Perché Lorenzo Anselmi non avrebbe mai insistito per parlare con una donna.»

Se dio fosse stato donnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora