Capitolo XXX

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30.

Marta si sentiva particolarmente nervosa quel giorno. Era affetta da quel classico nervosismo che avvelenava l'umore sin dal risveglio, di primo mattino, quello dove anche il rumore di una goccia cadente dal rubinetto rischiava di farla scoppiare.
Era sull'orlo di una crisi isterica e sentiva nitidamente i suoi nervi dondolare su un filo precario di stabilità mentale.
Voleva restare sola, non voleva vedere nessuno. Anche un solo respiro più affannato rischiava di farla diventare una furia.
Purtroppo per lei, il suo desiderio di tagliare fuori il resto del mondo aveva deciso di insinuarsi disperatamente proprio il giorno della sua cena in famiglia.
Marta preparava la valigia alternando terribili improperi sibilati tra i denti e lamenti avviliti.
Non avrebbe retto quella sera, se lo sentiva.
Aveva un terribile presentimento, temeva che quella cena si sarebbe rilevata un disastro.
E non si sarebbe stupita del contrario, la sua vita aveva preso decisamente un brutto andazzo nell'ultimo periodo.
Il lunedì successivo si sarebbe tenuta la prima udienza del processo Corsi. Il che stava solo a significare che la sua dipartita fosse ormai imminente e tanti saluti ai sogni di gloria.
Era tesa, così tanto tesa, che aveva deciso di portarsi dai suoi alcuni appunti da rivedere in vista della discussione. Se non altro, avrebbe avuto una buona scusa per ridurre la compagnia dei suoi familiari al minimo indispensabile.
Sua madre era già sul piede di guerra con lei.
Dopo il litigio con Lorenzo, le aveva comunicato che non avrebbe più presenziato alla cena.
Sua madre aveva prima balbettato qualche verso di sconcerto, come se lui l'avesse tradita. Poi la rabbia aveva ceduto il passo alla delusione e aveva dato luogo a un vero e proprio piagnisteo. Le aveva attribuito ogni colpa, rispolverando quelle vecchie discussioni dove l'accusava di essere una vipera sola, capace di allontanare ogni uomo che provasse solo ad avvicinarsi a lei.
La conversazione si era conclusa con Marta che le attaccava il telefono in faccia.
Il suo morale era già sufficientemente sotto tono per poter sostenere gli sfoghi melodrammatici di quella bigotta di sua madre.

Sua madre non si era preoccupata nemmeno di armarsi della delicatezza necessaria per non infilare il dito nella piaga. Invece aveva afferrato un vero e proprio coltello e aveva infierito su di lei con un sadico compiacimento.
Marta si sedette sul letto e si passò entrambe le mani nei capelli.
Le costava ammetterlo, ma Lorenzo le mancava. E tanto.
Non si erano più parlati dopo quella conversazione fuori al Blonde. A lavoro lui era stato schivo e lei non si era comportata da meno.
Era convinta della sua decisione; la parte più disillusa di lei non era disposta a dargli una possibilità. Non sarebbe servito, avrebbe solo aggravato una situazione che non aveva alcun futuro. Si sarebbe fatta male.

E poi c'era la parte più illusa di lei che voleva che si facesse male, che voleva rischiare.

Scosse il capo sbuffando. In quel modo non ne sarebbe uscita. Meglio rassegnarsi all'idea che ormai fosse andata così.

Finì di raccogliere le sue cose e uscì dalla sua stanza solo quando Federico le annunciò di essere pronto per andare. Era pomeriggio inoltrato e loro avevano deciso di anticiparsi a causa delle condizioni di traffico. Già sua madre l'avrebbe messa sotto torchio a causa dell'assenza di Lorenzo, una ramanzina anche sul ritardo proprio non l'avrebbe sostenuta.

Federico l'aiutò a portare la valigia, ma una volta giunti in strada, non si avviò verso l'auto.

Si guardò intorno circospetto, come se stesse cercando qualcuno e Marta fu attraversata da un terribile sospetto che la mise in allerta.

«Fede, ti prego! Non dirmi che hai chiamato-...»

Federico le lanciò un'occhiata di sfida.

«Mi ringrazierai dopo!»

Marta si fece tesa come una corda di violino, ma smise letteralmente di respirare per il disagio quando scorse l'auto di Lorenzo Anselmi.

Lorenzo uscì dall'auto con una faccia scura e seria. Abbozzò solo un mezzo sorriso quando salutò il fratello con una pacca sulla spalla, ma era evidente che fosse tutt'altro che entusiasta di essere lì.

Se dio fosse stato donnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora