Epilogo

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Lorenzo entrò in casa con un cartone di pizza in mano e lanciò le chiavi nel portaoggetti in ceramica ubicato proprio all'ingresso.

C'era sempre un po' di candido stupore quando vi entrava e gli occhi si illuminavano di un barlume di sincera felicità. Si sentiva appagato in quella nuova casa. Quando si guardava intorno e respirava, si sentiva pieno. Non avrebbe mai immaginato di poterlo dire, lui che aveva sempre amato l'indipendenza, ma faceva tutto un altro effetto in bocca un casa nostra.

«Pitbull! Ti ho portato la pizza!»

«Non la voglio più!» frignò Marta dall'altra stanza.

Lorenzo aggrottò la fronte perplesso e si avviò in camera da letto. Quando vi entrò, dovette fare uno sforzo enorme per non ridere.

Marta era davanti allo specchio solo in intimo e provava a infilarsi dei jeans senza successo. I pantaloni erano fermi a metà coscia e un bel pancione spiccava prorompente, insieme ai seni gonfi per la gravidanza trattenuti a stento dal reggiseno.

Lorenzo si appoggiò con una spalla allo stipite della porta e scosse il capo sorridendo con tenerezza.

Non poteva credere che stava diventando padre, che lui e Marta presto sarebbero diventati una famiglia. Era accaduto all'improvviso, ricordava quel momento come se fosse stato ieri. E non avrebbe mai potuto dimenticarlo, perché quello era stato in assoluto il giorno più bello della sua vita.

Era una domenica mattina e ricordava di essersi svegliato presto a causa del bisogno impellente di bere un bicchiere d'acqua. Erano nella sua vecchia casa e lui si era rigirato nel letto controvoglia, ma si era reso subito conto che la parte di Marta fosse vuota. Non aveva ancora ben superato i suoi attacchi di panico legati alla vicenda che li aveva colpiti e quando si trattava di Marta, andava subito in agitazione. Aveva sbarrato gli occhi di colpo ed era balzato in piedi per cercarla. Non avendola trovata in cucina o in salotto, si era fermato davanti alla porta del bagno.

«Pitbull?» aveva urlato, bussando.

Dal bagno però non pervenne alcuna risposta e Lorenzo cominciò a temere che si fosse sentita male.

«Pitbull, se non mi rispondi entro due secondi, apro la porta!» aveva minacciato deciso.

E all'ennesimo monito andato a vuoto, si decise a voler entrare.

«Pitbull, io sto entrando! Spero che tu non stia facendo la grossa, perché in quel caso sarò costretto a rivolgermi a uno psichiatra!» tuonò, sbarrando la porta.

Era entrato con una mano a coprirgli gli occhi, seriamente intimorito all'idea di trovare Marta sul cesso intenta a dare sfogo ai bisogni corporali. Ormai poteva dire di aver accettato il fatto che anche le donne fossero umane e che fossero dotate di intestini da svuotare, ma la prova tangibile e visiva preferiva risparmiarsela. In certe occasioni, era meglio una placida accondiscendenza che il tommasiano bisogno di vedere per credere. Si era deciso a scoprirsi gli occhi solo perché non l'aveva sentita urlare.

E Marta era davvero seduta sul gabinetto, ma questo era coperto. E lei era immobile, a fissare un bastoncino bianco con gli occhi sbarrati.

Lorenzo si era bloccato sul posto, completamente spaesato. In quel momento, Marta aveva alzato gli occhi e si erano guardati senza proferire parola, entrambi che si scaricavano addosso i rispettivi timori. Fino a quando lei non aveva aperto bocca e aveva proferito un sono incinta.

Lorenzo ricordava di essere rimasto immobile come uno stoccafisso, pensando di aver capito male. Aveva impiegato vari secondi per realizzare la notizia e per lui quell'attimo sembrò eterno.

Se dio fosse stato donnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora