Capitolo X

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Erano già trascorsi cinque minuti da quando Lorenzo aveva parcheggiato sotto casa di Marta e della sua collega ancora non vi era traccia.

Lorenzo cominciò a ticchettare le dita sul volante per ingannare l'attesa e controllò sistematicamente l'orario segnato sull'orologio. Erano le otto e quaranta e considerate le condizioni traffico, per la loro tabella di marcia erano già in ritardo.
E tra tutti i giorni possibili, Marta Bianco aveva scelto proprio quello peggiore per fare tardi.
Quella mattina , difatti, lui e Marta si sarebbero dovuti recare in carcere per parlare con Fabio, non solo per avere chiarimenti sui suoi movimenti di quella notte, alla luce della scoperta che avevano fatto la sera precedente, ma lo avrebbero dovuto anche preparare all'interrogatorio del pubblico ministero che si sarebbe tenuto alle undici in punto.

Era un momento essenziale, quello, per la difesa, perché entro venti giorni dalla notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, l'indagato godeva della facoltà di chiedere al PM di essere interrogato nuovamente per poter fornire circostanze utili per la propria posizione in vista della richiesta di rinvio a giudizio.

Lorenzo e Marta, alla luce di quanto Fabio aveva rivelato loro durante il loro colloquio, avevano ritenuto di espletare tale richiesta, specie in considerazione del fatto che Fabio si fosse avvalso della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio di garanzia. Un atteggiamento più collaborativo non sarebbe stato sicuramente determinante, non almeno con quegli elementi di prova a suo carico, ma certamente sarebbe stato più apprezzato di un comportamento reticente.

Almeno questo era l'intento prima di conoscere quei dettagli.

Fabio avrebbe comunque potuto riferire per la prima volta la sua versione dei fatti, ma dopo aver visionato i video, anche agli occhi dei suoi avvocati essa appariva debole.

Questa considerazione a Lorenzo lo turbava profondamente e d'impulso guardò nuovamente in direzione del portone di Marta, senza però intravederla. Sbuffò scocciato e si adagiò meglio sul sediolino per cercare di placare quel senso di irrequietezza. Non che ne potesse essere realmente capace: Lorenzo detestava le perdite di tempo, soprattutto se causate da altri, figurarsi se dovute all'attendere una donna sotto casa sua come un imbecille.

I successivi minuti furono un susseguirsi di gesti meccanici e insofferenti: uno sguardo all'orologio, un sospiro seccato, un controllo della posta elettronica, un'occhiata in direzione del palazzo di Marta nella speranza di scorgerne la figura e infine ancora uno sbuffo spazientito. Ripeté la stessa seccante routine per i successivi dieci minuti, ma Marta ancora non si era fatta viva.

Lorenzo, sull'orlo di una crisi di nervi, si passò una mano nei capelli e grugnì di fastidio. Quella piattola della sua collega doveva aver già dimenticato il patto di non belligeranza che avevano stipulato la sera precedente, perché farlo aspettare come un idiota non costituiva certo un gran inizio per una nuova e più pacifica collaborazione.

Infilò la mano nella tasca e sfilò dalla stessa il pacchetto di Marlboro Gold. Si portò una sigaretta alla bocca e dopo averla accesa, rilasciò tutto il fumo con l'ennesimo sospiro rumoroso. Osservò la nuvola grigia diffondersi nell'abitacolo, nonostante l'aria che trapelava dal finestrino aperto, e si ritrovò a constatare affranto che il suo proposito di non fumare al mattino fu barbaramente disatteso ancora una volta.

Non poteva certo essere casuale la circostanza che il suo bisogno impellente di fumare andasse di pari passo con il grado nervosismo causato dalla sua collega.

L'idea che quella vipera potesse esercitare qualche forma di influenza sulla sua persona lo disturbò profondamente e spazzò via ogni benevolenza che si era imposto di riservarle nell'ottica di una collaborazione più proficua.
Ringhiò una specie di insulto spazientito e afferrò d'impeto il telefono, deciso a chiamarla per strigliarla con indicibili improperi, ma fu battuto sul tempo.
Lo sportello si aprì improvvisamente e Marta, con la faccia stanca e delle visibili occhiaie coperte a stento dal correttore, si accomodò sul sedile del passeggero borbottando un debole buongiorno.

Se dio fosse stato donnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora