Di giorno in giorno nutrivo la speranza che sarei riuscito, in un modo o nell'altro, a scrivere la grande storia prima del mio rientro in Italia. Tuttavia, se c'era un fatto che, fin dalla mia partenza, avevo dato per scontato era che sarei di certo tornato a casa. Mai avrei pensato che le cose sarebbero andate diversamente! Così, se speravate di leggere storie di uomini di mare, di arpioni e strane creature sottomarine, di pirati e bettole imbastite d'umorismo di bassa lega, in cui il bel protagonista chiude il sipario a suon di stoccate con un ritorno trionfale in madrepatria e in dolce compagnia, rimarrete delusi. Oh sì, in realtà il caro e buon vecchio Leo riuscì a raggiungere il punto prestabilito con un tempismo perfetto! I banchi di tonno investirono letteralmente la traiettoria del peschereccio, ne fui strabiliato. Era come osservare un branco di gazzelle correre dritto verso le fauci del leone. Anum calava le reti e le ritraeva (con l'aiuto di alcune carrucole) a ritmi impressionanti. Tonni (che potevano raggiungere i 3 metri di lunghezza e i 600 chili di peso) venivano pescati e scaraventati sul ponte come fossero semplici sardine. Qiang si limitava a smistare il bottino ad una velocità incalcolabile. Ad ogni nuovo carico di pesce fresco, lui aveva già stipato quello precedente. Io e Leo invece, nella plancia, cercavamo di mantenere l'imbarcazione stabile in quel punto. Non avevo mai visto niente di simile in vita mia. Vi sto parlando di banchi di tonno dalle dimensioni esorbitanti! Più che una migrazione, quella era da considerarsi alla stregua di un vero e proprio esodo di massa. Leo era convinto che se si fosse preso la briga di contare i pesci uno ad uno, la somma avrebbe superato di certo la cifra di tremila. Ne era entusiasta. Con un boccale di birra stretto nella mano destra e il timone stretto nella sinistra, mi raccontava di quello che avrebbe combinato una volta tornato in Italia, con il piroscafo carico fino all'orlo "d'oro rosso".
«Ne venderò una buona parte al commercio orientale, il Giappone ne va ghiotto e lo paga fior di quattrini. La parte restante, invece, la venderò al commercio europeo. Tonni rossi per tanti bei verdoni amico mio, vedrai! Ce ne sarà per tutti, e tu non dovrai più badare all'affitto per almeno un anno intero.»
D'accordo lo ammetto, a volte Leo si faceva prendere facilmente dall'entusiasmo ma in fondo credevo nelle sue parole. Mi mise solennemente una mano sulla spalla, ingollò tutto d'un fiato la birra dal boccale, e mi guardò intensamente: «E se vorrai, al nostro ritorno, ti nominerò socio al cinquanta per cento. Sei il mio portafortuna, nonché il mio più caro amico. Lascia perdere la scrittura, oggigiorno le persone pensano a mangiare, mica a leggere! Dammi retta, non ne ricaverai mai più il becco di un quattrino, i tempi sono cambiati con la crisi.»
«Leo...»
«Non ti piace l'idea?» mi domandò lui, incerto.
«No, no, Leo davanti a noi!»
Distolse lo sguardo dal sottoscritto, e lo posò oltre il parabrezza del ponte di comando, verso l'orizzonte. Il suo viso si storpiò in un'espressione d'orrore, mentre la sua mano calava dalla mia spalla come morta.
«Buon Dio...»
Qualcosa di oscuro stava assorbendo il vespro. Dapprima, le sue luci, fendevano il mare con sfumature color rame e arancio ma adesso c'era solo un'ombra grigia a permeare l'ambiente. Nuvole corvine rubavano i chiarori al cielo, restituendogli in lampi folgoranti. Il mare si faceva grosso, aizzato dal vento e battuto dalla pioggia costante. Avvolta di manti oscuri e sospinta da raffiche impetuose, madre natura si prendeva gioco di noi in una danza fatale, scandita dal tumulto dei tuoni in lontananza. Seppur interdetto alla vista di quello spettacolo agghiacciante, Leo recuperò quel tanto di lucidità necessaria a riprendere in mano la situazione.
«Presto, se non ci sbrighiamo a levar le ancore da qui, l'occhio del ciclone ci ridurrà in poltiglia! Pensa ad aiutare i ragazzi sul ponte, il pesce va messo al sicuro, e alla svelta!»
Uscii così difilato dalla plancia, ed in una corsa sfrenata mi diressi verso il ponte, cozzando più volte contro le paratie a causa delle violente scosse che le onde assestavano al peschereccio. Giunto a destinazione, lo scenario che mi si prestò agli occhi fu da considerarsi alla stregua della grande battaglia biblica tra Davide e Golia. Anum e Qiang combattevano fianco a fianco contro le intemperie; erano muscoli contro vento, pelle contro pioggia, un vero e proprio braccio di ferro con il mare, che si era ostinato a trattenere gran parte delle reti da pesca. Mi unii così in quella lotta accanita. Assieme a Quiang, assicuravo le casse di tonno nella stiva facendo la spola dal ponte ai reparti interni del natante. Terminato quell'estenuante lavoro, ci affrettammo a raggiungere il povero Anum, solo nello sforzo costante di retrarre a bordo tutte le reti. Accecato dal vento di groppo, facevo leva su braccia e gambe nel tentativo di dar man forte a quell'operazione. Mi sporgevo pericolosamente dal parapetto, mentre il mare in burrasca si faceva beffe della modesta imbarcazione, ora in difficoltà nel gestire la forza impetuosa delle onde. La parte alta delle reti, composta da sugheri e boe, venne retratta con fatica disumana, ma fu al giungere della parte bassa, formata da lima di piombi, che ci rendemmo conto di come le nostre sole forze non sarebbero bastate. Malgrado ciò decidemmo di non arrenderci, ed esortati da Anum trovammo nuovo vigore. Centimetro per centimetro, le reti venivano issate sul parapetto del piroscafo. Questo fin quando un frastuono agghiacciante ci costrinse ad arrestarci. Fu come il ruggito di un leone o la campana d'allarme, segnale superiore, presagio di morte.
I pali che sorreggevano le carrucole si piegarono in un primo momento sotto la forza immane del vento, per poi spezzarsi fragorosamente sotto il peso eccessivo delle reti trattenute dalle correnti marine. Accadde tutto in una frazione di secondo. Nell'istante in cui osservavo con sgomento le pulegge precipitare in mare, uno strattone improvviso mi trascinò in avanti. Quando capii che il mio polso era rimasto impigliato tra le reti, il terrore prese il sopravvento. Precipitai dal parapetto del natante giù per sei metri, e fui infine trascinato nell'acqua gelida. Le grida di Anum e Qiang mi raggiunsero a malapena, come un ronzio ovattato, indistinto e sempre più remoto. Lottavo per districarmi da quel nodo mortale che mi legava alle reti che colavano a picco nelle profondità degli abissi. Tuttavia, l'orrore delle oscurità marine evocò in me paure insormontabili, così intense da paralizzarmi. Persi conoscenza, certo che la mia ora fosse inaspettatamente giunta.

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Mr Underwood
Fantasy"Aliti di vento ridestarono dalla sabbia il suo spirito ribelle. Indomito al cospetto del cuore più arido della Terra, egli era capace di sopravvivere all'incuranza del mondo. L'eleganza non era insita nella sua natura, ma non per questo la disdegna...