L'indomani, alle prime luci del mattino, decisi di cimentarmi nella pesca. Spogliatomi delle vesti lacere e rinsecchite, m'immersi nell'acqua cristallina del mare. Piccoli branchi di pesci argentei nuotavano indisturbati compiendo traiettorie irregolari, come in una danza scandita dalla debole corrente. I miei movimenti goffi venivano scherniti da quegli abili nuotatori, troppo scaltri a dispetto delle mie mani intorpidite. Dopo svariati tentativi fallimentari, emersi in superficie con gli occhi arrossati per via del sale marino. Non era mia prerogativa quella di aver successo al primo colpo, e di fatto, pensai in un secondo momento, se l'uomo aveva inventato la canna da pesca un motivo c'era di sicuro! A mani nude era una battaglia persa. I riflessi della fauna marina, i suoi percetti, le consentivano di sfuggire ai miei agguati con abbondante margine di sicurezza. Abbandonata ben presto la falsa illusione di poter riuscire in quell'impresa, stetti a galla per diverso tempo sulla superficie del mare. L'alba nascente era ancora debole, timida, e questo mi proteggeva dalla calura soffocante che regnava incontrastata durante il resto del giorno. Godetti così di quello stato refrigerante per diverso tempo. Me ne infischiavo della fame e della sete, ero arrivato al punto di vivere in quell'armonia naturale che le circostanze offrivano. Mi limitavo solo a questo. Non c'era più spazio per domande legate al mio incidente, ne quesiti su ciò che in quell'isola stavo sperimentando. Semplicemente cercavo di coesistere con gli elementi circostanti e questo mi permetteva di rimanere sereno. Il sole, lemme lemme, recuperava il suo vigore perduto. Ne potevo sentire la sua intensità pulsare sulla pelle, sempre più forte. Quell'attimo di pace effimera era destinato a terminare. Rimettendo piede sul fondale, mi accorsi di come la debole corrente mi avesse notevolmente riavvicinato alla battigia. Nuotai cosi verso la spiaggia, senza fretta, e qualcosa catturò la mia attenzione non appena approdai sulla calda rena color del grano. Un falco pellegrino, dal piumaggio scuro, volava a bassa quota sulla riva del mare come in attesa del mio arrivo.
"Prima i gabbiani e adesso questo!" dissi tra me e me. Mi chiedevo da dove provenissero quei volatili, giacché ero convinto che non esistesse luogo, su quell'isola, ove potessero nidificare né sostentamento di cui nutrirsi regolarmente. Mi avvicinai ulteriormente, seguendolo con lo sguardo. Il rapace virò magistralmente, proiettandosi come un fulmine verso la mia posizione. Che volesse colpirmi? Di riflesso portai le braccia in protezione della nuca, ma l'animale non diede cenno di ostilità, curvò le ali a mo' di paracadute rallentando la corsa e atterrando dolcemente sulla sabbia, a pochi passi da me. Mi si presentò in tutta la sua magnificenza: aveva il dorso e le ali appuntite di un color grigio ardesia con alcune striature nocciola, la testa nera contrastata dai fianchi chiari e dalla gola bianca. E poi quegli occhi color dell'ambra... che mi fissavano impavidi, quasi volessero sfidare il mio orgoglio. Notai che stringeva qualcosa tra il becco adunco: si trattava di un rametto ricoperto di foglie d'ulivo.
«Dove l'hai preso quello, me lo dici?» gli chiesi.
Il falco mi guardò ancora un momento, dopodiché spiccò il volo. Ad altezza uomo, si librava in circolo stridendo. Attendeva un mio cenno. Decisi così di stare al gioco e di inseguirlo; il rapace ne parve compiaciuto. Prese cosi a volare in una direzione precisa, e si curava bene di non allontanarsi eccessivamente dal sottoscritto, di modo che riuscissi a stargli dietro. Camminai senza tregua per alcuni minuti, fin quando mi accorsi della presenza di qualcuno nel bel mezzo dell'isola! Il falco virò con destrezza, posandosi sulla spalla del bambino dai capelli color cremisi, che con un sorriso lo accolse accarezzandogli la testa delicatamente.
In seguito si voltò verso la mia direzione e mi salutò con un gesto della mano: «Ce ne hai messo di tempo ad arrivare!»
Lo raggiunsi: «Ma dove diavolo ti eri cacciato?»
Il bambino distolse il suo sguardo dal mio, ed indicò un ampio spazio al suo cospetto: «Allora, che ne pensi?»
Guardai in quella direzione, e notai una serie di solchi simmetrici, schierati in linee rette e parallele.

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Mr Underwood
Fantasía"Aliti di vento ridestarono dalla sabbia il suo spirito ribelle. Indomito al cospetto del cuore più arido della Terra, egli era capace di sopravvivere all'incuranza del mondo. L'eleganza non era insita nella sua natura, ma non per questo la disdegna...