L'eco terrificante di un ruggito ferino si prestò al nostro ascolto come monito, trasportato dal vento sferzante. Un'enorme tigre albina balzò agilmente dalla roccia in tutta la sua spaventosa magnificenza. Sotto il peso dei suoi quattrocento chilogrammi di muscoli e ferocia il ghiaccio s'incrinava ad ogni suo passo felpato, tuttavia senza infrangersi. L'eleganza dei movimenti pareva non voler giocar a discapito della sua celerità. Si approssimò nella nostra direzione temibile come il peggiore dei velieri neri: la coda eretta le fungeva da timone, le fauci spalancate da prua. Scappai! Iniziai a correre senza guardarmi indietro, ma un pensiero razionale mi fece ben presto desistere da quel futile tentativo: come potevo averla vinta sul piano della corsa con un felino di quella stazza?
Mi voltai: il bambino non si era mosso di un millimetro! Era rimasto lì dov'era, fermo, immobile. La tigre si prospettò su di lui con una forza motrice tale da somigliare ad una valanga di neve in procinto di sbaragliare un'intera foresta d'abeti. Il fiato mi si mozzò all'istante! Il bambino era spacciato; la sua sagoma si stagliava a malapena a cospetto di una macchina da guerra che nemmeno madre natura era stata più in grado di domare. A fatica tentati di avvicinarmi il più possibile mentre l'enorme felino ringhiava in faccia a quella piccola e indifesa creatura, che se ne stava lì, stoica e imperturbata, a sfidare quello sguardo glaciale rifulgente d'ira. Lo avrebbe fatto a brandelli da un momento all'altro, ne ero certo. Raggiunsi il bambino alle sue spalle ma non feci che peggiorare la situazione: la tigre s'impennò come un cavallo imbizzarrito! Si levò alta su due zampe raggiungendo un'altezza di sei metri. Ricadde poi sugli arti anteriori con un tonfo sordo e curvò le orecchie all'indietro: un segnale inconfondibile, si preparava ad un offensiva letale!
Fu in quel momento che il bambino si protese verso di lei, con movimenti soppesati, avvicinando la sua faccia verso il muso. «Oh Grande Savia!» proferì.
«Dietro l'odio più feroce, si nasconde l'amore più intenso.»
Si sporse ancora un po', e le baciò il muso! Ne rimasi esterrefatto! Non sapevo se coprire gli occhi o tapparmi le orecchie, perché sapevo che in entrambi i casi sarei comunque stato testimone di un cruento smembramento. Eppure non accadde niente di simile. Le orecchie della tigre tornarono in posizione consueta, in cenno di tregua. Si accucciò ai piedi del bambino come un'amabile gattino domestico! Dopodiché guardò nella mia direzione, attraverso le gambe sottili del mio piccolo compagno d'avventura. Improvvisamente si fece di nuovo aggressiva! Scattò con un balzo repentino sbarrandomi la strada, mi puntò un artiglio contro, si schiarì la voce e disse: «Ama lo sfarzo e i manierismi dell'alta società. Affamato di ricchezze, e disposto a tutto per accaparrarsele, egli si presenta come un cacciatore, un gran cacciatore. Di che cosa va a caccia?»
Iniziai a sudare freddo: che razza d'indovinello era mai quello? Cercai di ponderare velocemente (in fondo ne andava della mia vita) tuttavia la risposta mi uscì di bocca senza ripensamenti: «Di fumo!»
La tigre artica ritrasse l'artiglio dal mio collo: «Ben detto!»
Ci guardammo a lungo per diversi secondi finché dal cielo prese a fioccare copiosamente. Fu così che la tigre si voltò verso l'oscura altura: «Quello è Monte Scoglio» esordì «si dice che nessuno, nel corso delle ere, sia mai riuscito a scalarlo. Indomabile come un cavallo selvaggio, ed infimo come le spine di un fiore.»
Il bambino si fece avanti: «Ma tu ci sei riuscita!»
La tigre si leccò una zampa e lusingata rispose: «Tanto tempo fa, sì, riuscii in quell'impresa.»
«E come?» proseguì il bambino.
Il grande felino si fece di nuovo serio guardando nella mia direzione: ma che le avevo fatto per meritarmi tanto disprezzo?
«Avrete bisogno di fiducia, coraggio, determinazione, perseveranza e creatività. Virtù più uniche che rare, impossibili da compare o barattare.»
Il bambino rispose prontamente: «Abbiamo con noi la perla lucente del rosso, dell'arancione e del giallo.»
La tigre contò sugli artigli: «Impeto, creatività ed energia. Sì beh, siete a buon punto, ma non è a sufficienza.»
«Come sarebbe?» interloquii.
Il suo sguardo mi fulminò all'istante: «Manca la fiducia.»
«Fiducia in cosa?» domandai.
La tigre non rispose, si limitò a camminarmi attorno scrutandomi con attenzione. Mi osservava da capo a piedi, mentre cercavo di mascherare la tremenda paura che m'inchiodava in quel punto.
«Sei uno scrittore, nevvero?»
Titubai nel rispondere: «Beh, ecco... sì.»
«Ne ho divorati a bizzeffe di scrittori, ma non hanno mai avuto un buon sapore. Per qualche strana ragione, sprecano tanto inchiostro da imbrattarsene le mani, e poi lasciano sempre l'amaro in bocca...»
Il bambino eruppe in una risata suadente: «Questa è bella!»
Che quadretto strabiliante; si facevano beffe del sottoscritto! Ridevano a crepapelle! E fu per la prima volta in vita che ebbi modo di vedere una tigre ridere a squarciagola con un bambino.
«Su non te la prendere» m'incoraggiò poi il felino, poggiandomi una zampa sulla spalla che per poco non mi fece ruzzolare a terra «l'umorismo è la virtù dei forti!»
Si recò poi verso il bambino, chinò la testa verso il basso e genufletté gli arti anteriori scoprendo la scapola possente: «In sella! Quel monte non è poi così lontano se viaggerete al mio galoppo!»
Il bambino non ci pensò su due volte, ed assistito dalla tigre riuscì a issarsi sul suo dorso poderoso. A quel punto mi aspettavo che mi avrebbero abbandonato lì ma il felino si arcuò poi nella mia direzione, alla stregua di un invito alla danza di gala: «Suvvia non fare il timido, vi rimane poco tempo!»
Esitai un istante: non avevo mai cavalcato in vita mia, figuriamoci su di una tigre! Non sapevo come montare al groppo! L'animale, spazientito, mi addentò improvvisamente dal colletto della camicia e con un violento colpo del collo nerboruto mi scaraventò sulla sua schiena! Tastai il bavero, l'aveva lacerato di netto! La tigre sputò il drappello di cotone e si rivolse al bambino: «Puah! Che ti dicevo? L'amaro in bocca!»
E ancora una volta risero di gusto di quella facezia che io trovavo a dir poco insensata!
«Cavalcammo muscoli e artigli, viaggiando a velocità proibitive. I percorsi impervi della valle non erano per noi più un limite. E fu così che, infine, giungemmo alle pendici del Monte Scoglio.»

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Mr Underwood
Fantasía"Aliti di vento ridestarono dalla sabbia il suo spirito ribelle. Indomito al cospetto del cuore più arido della Terra, egli era capace di sopravvivere all'incuranza del mondo. L'eleganza non era insita nella sua natura, ma non per questo la disdegna...