,Prologo

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"Gli abitanti del pianeta Auschwitz non avevano nomi. Non avevano né genitori né figli. Non si vestivano come si veste la gente qui. Non erano nati lì né li concepivano. Respiravano secondo le leggi di un'altra natura e non vivevano né morivano secondo le leggi di questo mondo. Il loro nome era Ka-Tzenik e la loro identità era quella del numero tatuato nella carne dell'avambraccio sinistro."

[testimonianza resa al processo Eichmann a Gerusalemme].

Mi chiamo Jason Martins ed ero coricato nel mio bel letto comodo con una coperta verde come il colore di un quadrifoglio. Non riuscivo a prendere sonno perché ero in ansia per il concorso di domani, se lo vincevo potevo farmi una bella vacanza in Polonia ma poi senza manco accorgermi mi addormentai. Era lunedì e mi ero svegliato per andare al college, già

sotto casa mia mi aspettava Jennifer con molta ansia. Uscí dalla porta e Jennifer mi guardó con aria felice, ma preoccupata allo stesso tempo.

Jennifer: Ciao Jason, sei pronto?

Jason: Si, credo di si Jennifer.

Jennifer: Spero che andrà tutto bene.

Jason: Non ti preoccupare, sono sicuro che tu lo passerai senza problemi il concorso".

Jennifer: Io voglio che lo passi anche tu, così andiamo insieme in Polonia

Jason: Certo, anch'io voglio venire con te.

Le parole di Jennifer mi facevano molto piacere, l'avevo conosciuta quest'anno perché la scuola in cui ero prima non faceva per me, così da quel momento in poi eravamo diventati amici inseparabili.Così andavamo verso la scuola, già c'erano molti studenti come a noi pronti ad entrare ed affrontare il concorso, la grande facciata del college si affacciava sul bel prato verde. Finalmente suonó la campanella e tutti erano entrati nel portone principale, e tutti gli alunni entrarono verso le proprie classi aspettando l'ora del test. Arrivando nella grande aula ci eravamo seduti sulle sedie dei banchi e un professore ci stava già consegnando le verifiche che dovevamo svolgere entro le due ore esatte dalla consegna. Così ci avevano dato il via per cominciare a scrivere e leggere le tracce che si trovavano in questo foglio di carta. La prima traccia era scrivere un tema sulla tematica del razzismo e poi sotto c'erano alcune domande sempre rivolte allo stesso argomento. Cominciai prima dal tema. Leggevo la traccia in modo attento e concentrato su quello che voleva così iniziai a scrivere. Ero arrivato già a metà del secondo foglio, la traccia mi chiedeva di riempire due fogli esatti e così feci e scrissi le conclusione del mio tema. Dopo il tema ero passato alle domande, erano molto semplici, pure uno che non era andato a scuola le sapeva fare, ma poi arrivai all'ultima domanda che mi chiedeva la citazione di un'autore sull'olocausto nucleare, così pensai a qualche frase celebre. Mi guardavo intorno e vidi Jennifer già con la penna appoggiata sul banco, già lei aveva finito, rimasi stupito di tale velocità con cui avevo svolto il test. Mi girai con lo sguardo di nuovo sul mio foglio e finalmente mi venne la citazione da scrivere.

"La ferocia disumana dell'enorme lager si esprimeva in quella regolarità perfetta. Le izbe russe sono milioni, ma non possono essercene - e non ce ne sono - due perfettamente identiche."

[Vasily Grossman].

Era questa la citazione che avevo scritto nella domanda e finalmente anch'io avevo finito il test e prima di consegnarlo lo stavo rileggendo. Alla fine dopo varie letture lo consegnai al professore incaricato del compito e anche Jennifer si era alzata per darlo a esso. Finalmente io e la mia amica uscimmo insieme da quella classe maledetta e andammo verso l'uscita del college. Finalmente potevo respirare aria pulita e sentirmi libero da questo peso ingombrante e Jennifer mi guardø con aria sorridente come se fossi uscito da qualche carcere.

Jennifer: Sono contenta che finalmente sia finito tutto questo, ora dobbiamo aspettare i quadri.

Jason: Pure io, spero solo che non mi bocciano.

Jennifer: Non ti preoccupare Jason, andrà tutto bene.

Jason: Lo spero.

Sono stato sempre pessimista su queste cose, ma Jennifer col suo ottimismo mi dava qualche raggio di speranza. Insieme eravamo andati a mangiare qualcosa in un piccolo locale. Stavo molto bene insieme a lei, era l'unica che potevo chiamare amica, i miei vecchi amici facevano il doppio gioco e mi cercavano solo quando lì servivo. Da quel momento in poi era passata una settimana e finalmente erano usciti i quadri al college. Presi per la mano Jennifer e corremmo verso la destinazione per vedere se ero promosso o bocciato.

Jennifer: Non correre, ho i tacchi a spillo esclamò ridendo.

Jason: Mi dispiace Jenny, ma sono troppo ansioso.

Così senza farla cadere, la presi in braccio, tutti le persone nel marciapiede ci guardavano con aria stupita e lei si vergognava, alla vista della gente sul posto.

Jennifer: Dai lasciami, ci stanno guardando tutti.

Jason: Ma dai, che te ne freghi.

Così eravamo arrivati al college e la misi giù e con sguardi pieni di attenzione guardavo i quadri cercando il mio nome tra 30 studenti scritti sul foglio. Finalmente trovai il mio nome, accanto a me c'era scritto promosso e feci un sacco di salti di gioia e Jennifer mi abbracciò forte e per la gioia gli diedi un piccolo bacio nelle labbra.

Jason: Scusami, non volevo.

Jennifer: Non ti preoccupare, esclamò arrosendo.

Anche Jennifer era stata promossa, ma con il voto più alto del college e finalmente insieme potevamo andare in Polonia.

Il campo dei morti (REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora