Cameron mi guarda confuso perché sono ancora attaccata alla sua moto.
«Ciao.» mi dice.
Ma allora è un vizio con questo “ciao”?
«Ciao anche a te, scusami m-ma...» sto cercando una scusa, ma non mi viene in mente nulla! Opto per la storia della cilindrata di cui mi parla sempre James.
«Mi stavo chiedendo che cilindrata fosse.» dico fiera del mio lato da maschiaccio!
Ma ciò che ottengo è un sorriso furbo che compare sulle sue labbra. Con le mani in tasca e la testa leggermente china, alza le sopracciglia.
«Che c'è, bambina, a scuola non ti hanno ancora insegnato a leggere?»
Non capisco, ma mi basta abbassare lo sguardo per notare scritto proprio sotto i miei occhi “750”, che ovviamente indica la cilindrata. Sono la solita imbranata. Mi sbatto letteralmente una mano sulla fronte e impreco tra me e me e lui scoppia a ridere. Lo guardo interdetta per un po’ e lo sento farfugliare un “tu sei pazza” tra una risata e l'altra. Dopodiché mi metto a ridere anch'io con lui, così sembriamo pazzi in due.
Non l'ho mai visto ridere e questo meraviglioso suono è ossigeno per i miei polmoni. Un piccolo frammento di felicità nelle mie giornate monotone, un tocco di colore nella mia vita grigiastra. Perché per me la felicità è questo. È un attimo. È la semplicità, i piccoli gesti, i dettagli, i particolari. Le cose che pochi sanno notare e tantomeno apprezzare.
Smettiamo di ridere, ma i nostri sguardi restano incastrati per quella che mi sembra un'eternità.«Mi sa che dovresti entrare, scusa non volevo trattenerti.»
Sciolgo il contatto visivo che ho mantenuto fin troppo e mi sento avvampare il viso. Quante sensazioni nuove mi fa provare, senza che nemmeno se ne accorge. Rispondo con il capo ancora abbassato per evitare che noti il rossore, che di sicuro mi avrà colorato le guance.
«Sì, devo proprio andare, sono troppo in ritardo! Ciao Cameron.»
E ho già una mano sulla maniglia della porta d'ingresso. L'ultima cosa che sento prima di chiudermi la porta alle spalle è
“ci sentiamo Joy”.Entro in palestra che mancano praticamente venti minuti alla fine della lezione, così decido di non cominciarla neanche. Prendo un tappetino e mi posiziono in un angolo appartato per fare qualche esercizio, più che per allenare il corpo direi per allenare la mente... a non pensare. A volte pagherei per avere una mente che pensi di meno. Addominali. Proviamo con questi. 1,2,3,4...
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Sono passati cinque giorni da quando ho incontrato Cameron e ancora sto cercando il senso di quel “ci sentiamo”. Io non l'ho sentito di sicuro e in questo preciso istante mi sento come se fossi stata catapultata dentro ad uno di quei film depressi, nei quali quando una ragazza triste guarda fuori dalla finestra casualmente piove, tutte le volte. L'unica differenza è che io non sono a casa avvolta in un bel piumone con magari una tazza di cioccolata fumante tra le mani, ma semplicemente in classe nel mio banco che da sempre è accanto alla finestra e in realtà non sono neanche depressa, sto fissando fuori semplicemente perché amo la pioggia.
Mi rispecchio sempre in essa, la adoro. Ha mille sfaccettature che dipendono molto da con quali occhi la si osserva, proprio come me. La pioggia sa essere forte quando sbatte violenta sopra ogni cosa e continua imperterrita nonostante tutto e tutti. Sa essere debole quando sfiora e bagna delicatamente l'asfalto, come se fossero le lacrime mai versate di chi ha paura che qualcuno le noti. La pioggia è meravigliosa, ma pochi ne colgono la bellezza. È odiata da molti e amata da pochissimi.
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Indifference ~ amore complicato #wattys2019
Romance«Ciao bambina» giro di scatto la testa «Scusa, non volevo spaventarti. Cosa ci fai qui tutta sola?» ma io non mi sono spaventata perché ero da sola, ho sperato di avere le allucinazioni e invece era davvero lui. «Vediamo le possibili ipotesi su ciò...