Capitolo 13

290 40 30
                                    

Alexia, dopo un paio di lamentele, si unisce a noi e usciamo dalla scuola, direttamente dalle scale sul retro nelle quali ci troviamo. Camminiamo abbassati per un po’, per evitare che qualche prof ci noti dalle finestre, finché oltrepassiamo l'edificio e, scampato quel pericolo, ci prepariamo ad affrontarne altri.
Mentre camminiamo, Harry, che è il capofila, indietreggia di colpo spingendoci e intimandoci di stare in silenzio. Ci avvisa del fatto che un professore sta parcheggiando proprio nella strada sotto quella dove ci troviamo noi e, probabilmente, utilizzerà l'entrata sul retro visto che è la più vicina. Ci dileguiamo in un attimo, nascondendoci dietro la prima cosa che ci capita e soffocando a stento delle risate. Io sono rimasta dietro una macchina con Harry che, appena vede i piedi del professore, mi tappa la bocca con una mano perché conoscendomi sa che sarei scoppiata a ridere.
Pericolo numero due: scampato!

Continuiamo il percorso come dei ladri, però davvero felici. E per un po’ non penso neppure a Cameron.
Decidiamo di entrare in un supermercato per comprare la Nutella e, appena dentro, ci avviamo nel reparto che ci interessa schiamazzando. Mi blocco di scatto, quando riconosco la prof di matematica, per fortuna di spalle, intenta a leggere un'etichetta. Avviso i miei amici che, alle mie parole, iniziano a correre verso un'altra corsia abbastanza rumorosamente, sotto gli sguardi straniti delle cassiere.
Credo non ci abbia scoperti per un pelo, che risate!

Alla fine siamo riusciti a comprare la Nutella e adesso abbiamo finito di mangiarla ed è ora di rientrare in classe, abbiamo rischiato fin troppo.

«Ragazzi, prendiamo dall'entrata principale? Devo passare al bar a prendere le sigarette!» piagnucola Sarah.

«Ma sei matta? Potrebbe esserci qualcuno!» dice Alexia.

«Anche io però devo comprare sigarette e chewing gum!» afferma Clare.

Inizia una mini lotta che si conclude con Sarah e Clare che si aggiudicano la vittoria. Così ci incamminiamo con nonchalance, ma appena giungiamo in prossimità dell'entrata principale, un'altra discussione si scatena: tutti (compresa Clare) hanno paura di oltrepassare l'entrata ed avventurarsi verso il bar, ma Sarah insiste a non voler andare da sola.

«Abbiamo rischiato così tanto a prendere questa strada, per cosa? Per niente?» aggiunge quest'ultima.

Stiamo degenerando, se continuiamo così ci scopriranno a momenti.

«Andiamo, ti accompagno io Sarah» dico, pur di mettere fine a questo casino.

«Davvero? Tu sì che sei un'amica!»

Inutile dire che tutti si volatilizzano entrando a scuola, mentre noi invece ci avviamo verso questo benedetto bar.
Sarah non ci mette molto e, in men che non si dica, siamo di nuovo davanti la scuola. Facciamo un respiro profondo e prendendoci per mano, ci facciamo coraggio ad entrare.
Incrociamo un collaboratore scolastico all'entrata, intento a fare delle fotocopie, gli porgiamo un sorriso innocente e, per fortuna, non ci dice nulla.
Nello stesso istante in cui pensiamo di averla scampata una voce tuona alle nostre spalle:

«Signorine!»

OH MIO DIO.

«Da dove diavolo venite?» urla il preside.

Io e Sarah rispondiamo contemporaneamente, peccato però che diciamo due cose diverse:

«Da fuori» io.

«Dalle macchinette» Sarah.

Il preside fulmina con lo sguardo prima me, per poi rivolgersi a Sarah:

«Le macchinette non si trovano in questa direzione e poi la sua amica non sembra essere d'accordo con lei» conclude posando lo sguardo su di me.

«Allora? Da dove venite?» mi chiede scandendo bene le parole e intimandomi a rispondere.

«Da fuori?» dico di nuovo, anche se stavolta suona più come una domanda.

«Cosa non vi è chiaro della legge che vige da sempre in questo istituto e che vieta severamente di oltrepassare il cancello durante le ora scolastiche?» urla come se non ci fosse un domani.

Sarah in tutta risposta scappa su per le scale, lasciandomi sola.

«La tua amica è per caso impazzita?» mi chiede, ma non si aspetta una risposta evidentemente, visto che sta già chiamando l'ascensore borbottando cose tipo “adesso vi faccio vedere io”.  

«Preside ci scusi, davvero. Volevamo solo prendere una boccata d'aria, non mi sentivo molto bene» tento di dire.

«Non me ne importa niente, salga in classe. Ci vediamo lì, devo parlare con il vostro professore» dice mentre le porte dell'ascensore si chiudono, separandoci.

La mia classe è al quarto piano, l'ascensore è riservato al preside, ai docenti e al personale scolastico.
Ma secondo voi, io sono mai salita una volta utilizzando le scale? No, appunto.
E invece adesso mi ritrovo a salire i gradini due alla volta, per arrivare prima del preside. Non vorrei che si mettesse nei guai anche il prof, per colpa nostra. Non so come, riesco a farcela. Entro e comincio a farfugliare cose a fatica al prof, a causa del fiato corto, con l'intento di spiegargli la situazione, ma purtroppo non ci riesco perché dopo una manciata di secondi entra il preside.
Come prima cosa, chiede al prof se ci avesse dato lui il permesso di uscire dalla scuola e lui, ovviamente ignaro di tutto, nega.
Come seconda cosa, ordina sia a me che a Sarah di seguirlo in presidenza.
Afferra il registro di classe per controllare se avessimo già altre note disciplinari e, con quest'ultimo ancora tra le mani, si avvia verso la porta, aspettandosi che lo seguiamo. Ci alziamo prima io e poi Sarah e, nello stesso momento, la voce del preside torna a far tremare i vetri delle finestre.

«Jackson!» urla, «lei risulta addirittura assente, che diamine ci fa qui?» mi chiede sull'orlo di una crisi di nervi.

La cosa assurda è che io avevo completamente dimenticato di farmi  segnare l'entrata a seconda ora, prima di 'scappare'.

«Preside, scusi se mi intrometto, ma è stata una mia dimenticanza. La signorina Jackson è entrata a seconda ora ed io non lo avevo ancora segnato».

Mi volto verso quello che è appena diventato ufficialmente il mio eroe, che senza farsi notare, mi fa l'occhiolino. Il mio prof è fantastico, non si discute.
Il preside sembra crederci, così continua il percorso verso la presidenza e noi lo seguiamo in silenzio.

Dopo mezz'ora di ramanzina, ci chiede i numeri di uno dei nostri genitori per metterli al corrente della situazione, così io gli do... un numero!

«Joy che culo hai avuto! Menomale che tua madre non ha risposto al telefono».

«Sarah vedi... io non lo chiamerei proprio “culo”».

Mi guarda confusa e io prendo il cellulare dalla tasca dei miei jeans, mostrandole le chiamate perse.

«Ma gli hai dato il tuo numero anziché quello di tua madre? Joy ma sei pazza? E se lo scopre?» urla Sarah.

«Beh, magari se non urli non lo scoprirà» dico facendo spallucce e dirigendomi verso l'aula.

E anche per questa volta, l'abbiamo scampata!

****

Che giornata infinita... alla fine, nonostante tutto, sono riuscita a portare a termine meravigliosamente l'interrogazione di letteratura. Alla sesta e ultima, straziante, ora di matematica, la prof ci ha assegnato un compito in classe a sorpresa (lascio spazio alla vostra immaginazione, su come sia andato).
Sono andata in palestra e non ho studiato nulla, non sono dell'umore adatto.
Cameron ha continuato a mandarmi messaggi durante la giornata, chiedendomi se fosse tutto ok o il motivo per cui non rispondessi. Non c'è la faccio, mi dispiace.
Pur essendo una persona capace di fare finta di niente, specialmente trattandosi dei propri sentimenti, con lui non riesco.
Ed io non sono nella posizione di esporgli i miei problemi a riguardo, visto che realmente io e lui non siamo niente. Né tantomeno mi sento in grado di fare finta che sia tutto a posto.
Per questo motivo lotto contro tutte le mie forze e non rispondo, ancora.


Indifference ~ amore complicato #wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora