«Chi è?» chiedo.
«Sono papà, apri o i giornalisti ti sfonderanno il condominio.» mormora l'uomo dal citofono.
Apro un po' titubante e spero che non li abbia fatti entrare, finché bussa alla porta. Apro e lui subito mi abbraccia.
«Cosa ci fai qui?» chiedo staccandomi.
Lo faccio accomodare dentro casa e lo ringrazio per non aver fatto salire i giornalisti.
«Ho saputo quello che è successo, stai bene?» mi chiede.
«Si.» tento di continuare la frase ma mi precede.
«Quei maledetti bastardi ti hanno rapita. Meritano di morire.» esclama, lasciandomi spiazzata.
«Tesoro, non preoccuparti. Tra pochi giorni ci sarà il processo e testimonierò contro di loro.» dice, accarezzandomi il braccio.
Mi allontano bruscamente.
«Non sono dei mostri.» ringhio.
«Che stai dicendo? So tutto quello che ti hanno fatto. Non serve mentire con me.» esclama.
«Cosa? Di che stai parlando?» chiedo immediatamente.
«So di quando ti hanno picchiata, violentata e usata come schiava. Non mentire per loro, ormai non possono più farti niente.» continua.
«Chi ti ha dato queste informazioni?» domando con il sangue che mi ribolle nelle vene.
«Ne parlano i telegiornali di tutto il mondo.» risponde.
Batto il pugno sul tavolo e spalanco la porta di casa.
«Glielo faccio vedere io a quei deficienti dei giornalisti che se continuano a dire cazzate gli faccio saltare la testa!» grido scendendo velocemente le scale.
Apro il cancello e me li ritrovo tutti davanti per farmi foto, video e mi bombardano di domande.
«STATE ZITTI!» grido, facendogli fare silenzio in un attimo.
«Volevamo sapere se...» tenta una giornalista.
«VOLEVATE SAPERE COSA? Vi va ancora di riportare cazzate in giro per il mondo? Non vi sembra il caso di smetterla? I ragazzi non mi hanno nemmeno mai toccato un capello, QUINDI SPIEGATEMI CHI VI HA DETTO CHE SONO STATA PICCHIATA E VIOLENTATA, CHI?! CHI CAZZO VE L'HA DETTO?» grido.
Improvvisamente nessuno parla più e stanno tutti con la testa rivolta verso il basso.
«Forza, torniamo dentro.» mi sussurra mio padre all'orecchio, afferrandomi le spalle.
Guardo per l'ultima volta con tutta la furia che ho in corpo i giornalisti, per poi risalire a casa senza dire una parola.
«Non credo nemmeno ad una parola di quello che hai detto là fuori.» mormora, chiudendo la porta.
«Senti, a me non mi interessa di quello che credi tu dato che è irrilevante poiché qui, la vittima di tutte quelle cazzate sono io e non tu. Vai pure a testimoniare contro di loro, ma puoi star certo che perderai la causa e perderai anche me. Quindi, ora, sparisci; esci fuori da casa mia.» gli ordino, aprendogli la porta.
Lui, senza dire una parola, esce.Finalmente, dopo ore di ricerche, trovo un'agenzia buona di avvocati e la contatto, dicendomi alla fine di incontrarci domani davanti alla stazione di polizia.
Non ho fatto colazione e per pranzo ho mangiato un piccolo pezzo di pane, così decido di preparare almeno una cena decente. In onore dei vecchi tempi e del nostro primo incontro, preparo tutto a base di pesce e mi siedo a tavola rendendomi conto di quanto faccia male stare da soli.
Quando concludo, metto i piatti a lavare e mi corico in camera di Jungkook, giocando con il cellulare.
Sui vari social, si parla solo di me e degli otto omicidi, infatti ho guadagnato centinaia di follower e sono stata bombardata di messaggi sostenitori.
Sbuffo e, guardando il soffitto, penso a cosa faremo non appena loro verranno scagionati. Il mio pensiero arriva a Jungkook e sorrido involontariamente quando ripenso a quando mi ha detto di essere bellissima.
È tutto un po' più magico quando lo guardo; i problemi svaniscono e il tocco delicati delle sue mani mi porta a vagare in mondi di natura sconosciuta. Forse non sono abbastanza per lui, ma tra le sue braccia mi sento a casa. E vorrei averlo qui, così da poterlo stringere forte e sentire quelle migliaia di farfalle nello stomaco che solo lui mi fa provare.
La mia mente continua a vagare, mentre io mi addormento lentamente.
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Killer. -Jeon Jungkook
FanfictionDove un serial killer rapisce una ragazza senza accorgersi di amarla. »Inizio storia 19.10.18