Preparazione

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Quel pomeriggio la sessione di Addestramento era terminata, ma con questa non certo le soprese.

Si trovavano tutti nel dormitorio che aveva preso i colori dell'allegria e i rumori di otto "silenziosi" coinquilini, quando la porta si aprì di scatto e ne apparve il ragazzo della squadra di Educazione.

Stringeva malamente il gomito di un ragazzo molto più basso di lui dai capelli arancione chiaro lunghi e morbidi.

Parlando, lo strattono' con rabbia dalla maglietta: " E finalmente posso liberarmi di questo inutile moscerino che non fa altro che improvvisare. Chan, eccoti il nono scarafaggio, buona fortuna con la tua squadretta." E una volta che ebbe finito di parlare lo gettò dentro sbattendo poi la porta. Il ragazzino inciampo' e cadde malamente a terra.


Changbin corse verso di lui spostando con una ""dolce"" spallata jeongin che gli si trovava accanto e si inginocchio' all' altezza del ragazzo a terra. Lo aiutò a sollevarsi prendendolo dolcemente per il braccio.

Lui si girò verso e lo ringrazio' con un sorrisone. Changbin arrossì a quella dolcezza e, forse, di sciolse un po'.

Poi il nuovo arrivato salutò gli altri con un grande sorriso, come se non fosse appena stato cacciato da un'altra squadra, come se quasi ne fosse felice.

Parlò con un accento sicuramente straniero: "Buonasera, scusate il modo in cui sono arrivato, io sono Felix, erede di Marte!"
Changbin per poco non cadde.

Lo sapeva.

Quel ragazzino lo sapeva.

E ora avrebbero dovuto raccontarlo anche agli altri, che nel frattempo facevano tanto d'occhi.
"Non... non dovevo dirlo?"
E no caro Felix, direi proprio di no.

Chan capì che era tempo di spiegazioni e perciò fece sedere tutti in cerchio.

"Okay, è ora che lo sappiate. Siete eredi, destinati a distruggere l'Ordine e riapacificare zona Nera e Rossa, divise in eterno. Solo noi possiamo farlo e dal nostro successo ne dipende il futuro. Tutto chiaro?"

"Sei pazzo." Fu la lapidaria risposta di Minho.

Allora changbin capi' che non sarebbe stato così semplice spiegare il tutto e che forse avrebbero dovuto ripartire dal principio con calma. Changbin prese parola e raccontò loro una storia vecchia di millenni. Una storia di amicizia, creazione, distruzione e amore. Grande amore creatore e grande amore dustruttivo. Una storia di vita, una storia umana.

"E per tutti questi millenni le essenze degli antichi pianeti si sono reincarnate nelle mani, nelle braccia, nel petto, nel cuore, nella testa dei loro discendenti. I loro Eredi."

"Ecco, e tu vorresti dire che siamo noi?" domandò Seungmin la vipera.
"Certo" rispose Felix "non potete dirmi che non avete mai sentito nulla di nulla. Nè una sensazione dallo stomaco, né un'affinità, o un dejavu. Qualcosa."

E su questo gli altri non ebbero nulla da obbiettare.
Dopo qualche minuto di silenzio, Jeongin prese la parola: "Okay e volete adesso dirmi chi è quale pianeta? Perché ognuno di noi è un pianeta, credo" aggiunse poi vedendo la faccia stranita di Minho.

Chan riprese le redini: "A quanto ne sappiamo fin ora, Jisung è Giove, il saggio. Changbin dovrebbe essere Mercurio, che insieme a Felix  che a quanto pare è Marte, dovrebbe aver creato l'aria... e io sarei la Terra."

Dopo l'ultima frase calo' di nuovo il silenzio. Un silenzio pieno di significato. Tutti fissavano Chan, che a sua volta si fissava le mani che stava torturando.

Tutti fissavano Chan, vero, eccetto Minho, che aveva i suoi occhi fissi su Jisung.

Woojin fermò le mani di Chan prima che potesse farsi eccessivamente male.
"Io sono Urano" esordì. Chan lo guardò.
"Non chiedermi come lo so, ma io sono Urano." Ripeté più sicuro di sé, riprendendo il sorriso che aveva perso per un attimo.
"Cinque su nove. Ottimo" si riscosse Chan con un gran sorriso che voleva essere confortante, ma che teneva in sé un po' della sua inquietudine, poi diede una pacca sulla spalla a Woojin e si alzò, rompendo l'assemblea.

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