La scatola rossa

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Era lunedì pomeriggio. Finalmente mi trovavo a casa da sola. Andai in camera di mia madre ed aprii l'armadio, presi il pacco di magliette piegate alla perfezione, come solo mia mamma sa fare, e le appoggiai sul letto cercando di non spiegazzarle. Erano appoggiate sopra ad una grande scatola, una di quelle scatole in cui si dovrebbero mettere dentro i vestiti per ottimizzare lo spazio negli armadi, ma io sapevo che il contenuto di quella scatola era tutt'altro. Sollevai il coperchio scarlatto e vidi il mucchio di foto, le stesse foto che una volta erano chiuse dentro a cornici e appese in giro per casa. Mia madre non sopportava più il dolore per la sua perdita e aveva deciso di mettere tutto in quella scatola rossa.
C'era tutta la vita dei miei genitori insieme racchiusa in quelle immagini e l'inizio della mia. C'erano foto di loro quand'erano giovanissimi, fidanzati e spensierati. Decine e decine di foto di quel ragazzo e di quella ragazza che qualche tempo dopo sarebbero diventati i miei genitori. C'era l'album del matrimonio, le foto del viaggio di nozze ed infine le foto con me. Le foto di una Jessica minuscola in braccio al suo papà. Guardai e riguardai quelle foto, tante era la prima volta che le vedevo, e non potei non notare la somiglianza con Salvatore. Non c'era alcun dubbio: Salvatore era Massimo. Il defunto Massimo Lori. Mio padre. I quindici anni che erano trascorsi dalla sua scomparsa sembravano quasi il doppio sul suo viso. Le piccole rughe intorno agli occhi verdi erano marcate più del normale per un uomo della sua età. In quelle foto invece sembrava molto più giovane con la barba totalmente rasata ed i capelli ingellati ed ordinati. In quelle foto era vestito in modo elegante e sembrava un uomo così fine, con quel sorriso sempre stampato sul viso e quegli occhi di quel verde smeraldo che parevano brillare.
Dovevo capire cos'era successo in quegli anni. Dovevo scoprire come Massimo fosse diventato Salvatore.

Passai l'intero pomeriggio a studiare ogni dettaglio di quelle foto.
Poi rimisi tutto al suo posto e dovetti andare a prepararmi per il compleanno di Virginia che avremmo festeggiato quella sera. Già ero tornata prima dal weekend a Roma non potevo rinunciare anche ad una semplice pizzata tra di noi il giorno del suo compleanno, anche se avrei preferito restare a casa e non vedere nessuno. Uscire però avrebbe fatto bene anche a me, altrimenti sarei rimasta a crogiolarmi tra i pensieri sapendo che non sarei potuta giungere a nessuna conclusione.
Come si può immaginare non riuscii a godermi quella cena, anche se finsi di essere spensierata, ma le ragazze non sospettarono nulla, anche perché eravamo tutte stressate dalla situazione di Steve, non potevano immaginare che si fosse aggiunto un altro problema non di poco conto alla nostra montagna di cose che andavano male. Scott ogni tanto faceva scivolare la mano sotto al tavolo in cerca della mia per darmi conforto.
Non riuscivo a darmi pace. Tornai a casa quella notte e provai a mettermi a letto, ma continuavo a girarmi e rigirarmi, non appena provavo a chiudere gli occhi i pensieri nella mia mente iniziavano a gridare. Non potevo aspettare che passasse un'intera settimana. Sarei impazzita.

Alla fine presi la decisione di non raccontare nulla alle mie amiche. Era stato già molto difficile dirlo a Scott, non ce l'avrei fatta a dirlo una seconda volta. Avevo bisogno di risposte, ma per una volta volevo sbrigarmela da sola e sapevo che se lo avessi raccontato a Virginia e Vanessa avrebbero voluto aiutarmi a tutti i costi. Avrei dovuto agire di nascosto, anche da Scott. Sapevo che si sarebbero presto accorte della mia assenza e si sarebbero fatte domande, a quel punto il mio ragazzo si sarebbe infastidito e sarebbe stato costretto a rivelare loro la verità. In questo frangente di tempo però io avrei cercato di raccogliere tutte le informazioni possibili per arrivare infondo alla storia di mio padre.
Così, mi alzai dal mio maledetto letto, che ormai era diventato il luogo che più odiavo perché i miei pensieri lí diventavano sempre più forti. Preparai una borsa con dei vestiti puliti: ero pronta per partire di nuovo e lo avrei fatto l'indomani, da sola, all'insaputa di tutti.
Mi stavo proprio mettendo di fronte al computer per acquistare i biglietti del treno online quando il display del mio cellulare si illuminò all'arrivo di un messaggio da un numero sconosciuto che conteneva il seguente testo:

SONO ELENA. SO COS'HAI INTEZIONE DI FARE. VOGLIO ACCOMPAGNARTI.

Concisa e diretta.

Seguì un altro messaggio:

TI ASPETTO DOMANI MATTINA ALLE 8 FUORI DA CASA TUA. DEVO PARLARTI, È IMPORTANTE.

Aveva calcolato tutto. Circa alle sette e un quarto Vane sarebbe uscita di casa e cosí non avrebbe visto Elena andare via. Alle otto sia lei che Virginia sarebbero entrate a scuola, prima di essere sicure della mia assenza sarebbero arrivate le undici, ora in cui facevamo l'intervallo e prima che si ponessero domande sul perché io ed Elena fossimo sparite entrambe e arrivassero a sapere ciò di cui ero venuta a conoscenza da Scott si sarebbe già fatto tardo pomeriggio, a quel punto io e l'angelo caduto saremmo già state in dirittura d'arrivo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 17, 2021 ⏰

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